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L'AZIENDA
Impresa, imprenditore e azienda
2555 c.c. L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per
l'esercizio dell'impresa.
Dall'articolo 2082 risulta imprenditore chi professionalmente esercita
un'attività orga 626e47g nizzata economica al fine della produzione e dello scambio di
beni e servizi.
Norma questa che deve essere letta contiguamente al 2555 per quanto riguarda
l'organizzazione dei fattori produttivi, ovvero tutto quanto è strumentale
all'imprenditore ed a lui esogeno per svolgere l'attività dell'impresa, infatti
l'azienda non è come la professionalità endogena alla persona fisica o giuridica
che svolge l'attività imprenditoriale.
Inoltre la nozione di azienda è indispensabile a permettere una legge di
circolazione nell'attività d'impresa, essendo l'azienda strumento mutabile della
produzione.
Il rapporto fra le nozione di impresa e di azienda -la nozione di azienda nel codice civile italiano
Anche se vanto dogmatico di taluni, la distinzione tra impresa e azienda proprio
per la legge di circolazione di quest'ultima deve essere vista per motivi
pratici, essendo l'azienda non componente separata dell'impresa, ma autonoma ed
interna a questa.
Una delle tesi migliori di distinzione delle due entità era quella di trovare
nella stessa realtà oggettiva un aspetto dinamico nell'imprenditorialità, ed uno
statico nell'azienda, peccando però, nel considerare la ricerca dei mezzi per
acquisizione dell'azienda, c.d. atti di organizzazione, quali già atti
d'impresa.
Proprio per questo non ci si deve stupire per avere nell'interno della nostra
legislazione confusione tra nozioni di cui 2082 e 2555, esempio0 è l'articolo
2557 sull'alienazione dell'azienda, che vieta la concorrenza dunque attività
d'impresa e non l'azienda.
L'avviamento d'impresa.
L'azienda è l'insieme di beni eterogenei che solo grazie all'imprenditore ed
alle sue doti vengono fatti combaciare per il fine della produzione, e proprio
la capacità di adesione dell'imprenditore dei vari elementi materiali ed
immateriali, mobili ed immobili, fungibili o meno, creano una plusvalenza
rispetto agli stessi beni non utilizzati ed organizzati al fine produttivo.
Tale plusvalenza rappresenta l'avviamento dell'impresa.
Inoltre deve essere superata la nozione duplice dell'avviamento in oggettivo e
soggettivo, in quanto sempre riconducibili all'intuito affaristico
dell'imprenditore, e di convesso dovrebbe essere rinforzata la distinzione tra
beni capaci di produrre ricchezza anche dopo il trasferimento o meno.
Il valore economico dell'avviamento viene riconosciuto dall'articolo 2424 stato
patrimoniale in quanto una posta dell'attivo è ad esso destinato ed inoltre
dall'art. 34 della L. 392/78 dell'equo canone che attribuisce al conduttore in
caso di cessazione del rapporto di locazione, nel caso che questo sia per usi
commerciali, un'indennità da parte del locatore per la perdita dell'avviamento.
I beni costituenti l'azienda.
Il concetto di azienda è il metodo per disciplinare il trasferimento dei beni
organizzati all'impresa da parte dell'imprenditore.
Nella lettera dell'articolo 2555 sembra che vi siano compresa solo i beni
definiti come da articolo 810, anche se una parte della dottrina vuole fare
rientrare tra questi anche i diritti intercorrenti tra l'azienda e l'ambiente
circostante a questa.
Per quanto riguarda i rapporti di lavoro subordinato, vengono questi trasferiti
per forza di legge in capo all'acquirente, mentre per gli altri tipi di
contratti, pure essendo automatico il passaggio, è possibile per volontà delle
parti che non avvenga.
Dunque affinché avvenga realmente la traslazione d'azienda occorre che le parti
no abbiano escluso dal passaggio tutti quei rapporti che permettono la
funzionalità fisiologico dell'azienda, c.d. contratti aziendali.
Le teorie relative alla natura giuridica dell'azienda.
L'azienda a seconda dei casi può essere ritrovata in pochi o parecchi elementi
dell'impresa.
Tra questi elementi si devono riconoscere quelli strutturali.
Una volta individuati questi, la dottrina si propaga in due direzioni di scuola,
una atomistica, l'altra unitaria nella quale prevale la tesi universalistica.
La prima scuola di pensiero considera tanti diritti reali e di godimenti da
parte dell'imprenditore quanti sono i beni costituenti l'azienda, mentre la
teoria universalistica considera l'azienda un unico bene e la sottopone dunque
alla legge di circolazione della universalità dei beni ex 816 c.c.
Questa scuola è comunque da escludere visto che la rubrica dell'universalità dei
beni recita che all'universalità rientrano bei della stessa persona
proprietaria, caratteristica senza dubbio assente nell'azienda, i cui beni a
vari titoli possono configurarsi legati da rapporto giuridico coll'imprenditore.
Il trasferimento dell'azienda : contenuto e forma.
Affinché si abbia trasferimento a titolo pieno o a titolo di godimento di
un'azienda secondo gli articoli 2556 ss c.c è necessario che al trasferimento
siano inclusi tutti i beni che permettano di intraprendere un'attività
d'impresa, altrimenti non si avrà la fattispecie di cessione d'azienda, bensì di
cessione di beni aziendali.
Inoltre i beni trasferiti a titolo d'impresa non devono essere enucleati un per
uno, basta infatti che siano indispensabili all'attività d'impresa per essere
considerati trasferiti all'azienda, mentre qualora non siano ceduti, e sempre
che non siano indispensabili, devono essere elencati analiticamente.
Per quanto riguarda le forme da rispettare per la validità lo stesso 2556
sancisce che ai fini probatori per le imprese coll'obbligo di iscrizione, i
contratti di cessione e di costituzione di diritti di godimento sull'azienda,
devono essere provati colla forma scritta, mentre per la validità
dell'alienazione devono essere rispettati i requisiti dei singoli beni
trasferiti, c.d. teoria atomistica.
Da ricordare chela legge 310/93 ha reso effettivo il regime pubblicitario
contemplato dal 2556.
Il divieto di concorrenza
L'articolo 2557 dispone del divieto di concorrenza nel caso di cessione, fitto o
usufrutto dell'azienda da parte dell'alienante per tutta la durata del contratto
in caso di affitto ed usufrutto o per cinque anni consecutivi dall'atto
traslativo per il caso di cessione.
La lettera dell'articolo dunque considera lecita l'attività non in forma
d'impresa, dunque occasionale dello stesso tipo, ed ancora si pensa lecito,
sempre che ne fosse a conoscenza l'acquirente, il prosegui dell'attività
sviabile di clientela, anche in forma organizzata di imprese già possedute
dall'alienante prime della cessione a qualunque titolo essa sia.
E' invece considerata illecita l'attività d'impresa svolta dall'alienante in
caso di azienda già funzionante ceduta a lui per atto inter vivos o mortis causa
avvenuti dopo l'alienazione.
Il motivo del divieto di concorrenza è da ricercarsi nel principio secondo il
quale chi aliena un qualche cosa non ha su di esso nessun diritto , e l'attività
concorrenziale deve essere a tutti gli effetti considerata rimpossesso, in
questo caso, di clienti, inoltre è evidente che nella vendita, l'avviamento
rappresenti un surplus per l'alienante rispetto alla mera addizione dei valori
dei beni aziendali ceduti, per cui, visto che l'acquirente ha sborsato una cifra
a titolo di avviamento, deve pretendere dal dante causa un comportamento che
faccia appieno godere la struttura ora in suo possesso (dell'acquirente).
Talune ipotesi controverse di applicazione del divieto.
Il presupposto della somma pagata dall'acquirente a titolo di avviamento
dell'impresa, permette la non applicabilità del divieto del 2557 qualora dai
contratti risultasse esplicitamente la non corrispensione di questo elemento.
Il principio dettato della norma rende questa applicabile talora in via diretta,
altre in via analogica
anche a questi casi:
Alienazione di azienda non ancora utilizzata dall'alienante.
Avviene che le attività di organizzazione dell'impresa, hanno di per se
intrinseche la dimensione dell'imprenditorialità, considerata in alcuni testi
economici la quarta dopo , terra, lavoro, capitale, dunque nella cessione già
deve essere compreso il prezzo per l'avviamento.
Vendita coattiva dell'azienda.
Pure non potendo essere inquadrato come venditore il fallito che vede cedersi
l'azienda dal curatore fallimentare, deve comunque difendersi il diritto
dell'acquirente ad esercitare e godere pienamente del proprio acquisto, anche
perché non è detto che nn possa recare fastidi concorrenziali l'alienante
coattivo dell'azienda.
Assegnazione di azienda in sede di divisione.
In caso di successione ereditaria di azienda, scioglimento di comunione di
azienda o liquidazione di società, per lo stesso fatto che oggetto è l'azienda e
non i beni aziendali, deve ritenersi palese la volontà di rimanere integro il
valore di avviamento.
La successione nei "contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda".
L'articolo 2558 prescrive che salvo patto contrario, l'acquirente dell'azienda
subentra a pieno titolo e automaticamente nei contratti per l'esercizio
dell'azienda.
A questo punto la tutela del terzo ceduto non viene considerata, infatti cade
l'articolo 1406
a tutela di questo che subordina la cessione del contratto alla sua volontà.
Pure essendo il terzo tutelato dallo stesso 2558 che prevede il diritto di
recesso entro tre mesi dai contratti per l'esercizio dell'azienda qualora vi sia
la giusta causa, c'è comunque meno tutela in primo proprio perché l'onere della
prova è a carico del ceduto, ed inoltre si tratta di vera e propria risoluzione
contrattuale non essendo possibile ai senso del 2557 la continuazione del
contratto in capo all'alienante.
I contratti aventi carattere personale
L'ultimo comma del 2558 prevede l'inapplicabilità dell'automatismo di
trasmissione dei contratti aventi carattere personale.
Nell'inquadrare questa tipologia di contratti risultano due filoni principali,
uno considerante la norma a difesa degli interessi del terzo, considerando i
contratti personali quelli intuitus personae, ove cioè è rilevante la persona
obbligata nel contratto, dove dunque la figura della persona è oggettivamente
impossibile, esempio è l'opera d'intelletto e artistica.
L'altro filone, concettualmente contrapposto con questo, vede la ratio a difesa
dell'imprenditore entrante in azienda, e riguarda in particolare i contratti a
carattere personalissimo quale la scelta delle consulenze aziendali.
L'evoluzione del primo filone porta a non considerare contratti personali tutti
quelli intuite personae, per cui la selezione porta sempre più ad avvicinare le
scelte che si farebbero nei due filoni pure rimanendo sempre di concetti
diversi. Inoltre la scelta viene fatta sempre con criteri oggettivi, per cui
l'imprenditore sceglierà sempre la persona più adatta alle mansioni che dovrà
svolgere.
La sorte dei crediti dei debiti relativi all'azienda ceduta.
Gli articoli 2559 e 2560 riguardano l'opponibilità dei crediti e dei debiti
senza però disciplinare i rapporti tra cedente ed acquirente.
La dottrina in proposito è divisa in due, c'è una parte che considera automatico
il trasferimento delle pendenze, l'altra invece l'opposto.
La cessione dei crediti secondo il 2559 è efficace quando viene il trasferimento
iscritto nel registro delle imprese, dunque soluzione inapplicata fino al 93
colla 310, e questa cessione aveva efficacia anche in caso di mancata notifica
al ceduto o della sua accettazione.
Il comma secondo 2556 prevede a favore dei creditori dell'imprenditore alienante
una eccezionale solidarietà tra acquirente e cedente per i debiti aziendali
risultanti dai libri obbligatori contabili.
L'articolo di norma generale 1273 prevede, e qui applicabile che l'alienante non
è liberato dai debiti anteriori alla cessione se non vi è consenso dei
creditori.
Discosta dalla disciplina generale l'articolo 2112 modificato da l.428/90
secondo la quale l'acquirente è solidamente responsabile col cedente dei crediti
che il lavoratore dipendente aveva al tempo del trasferimento.
L'acquirente può liberare l'altra parte secondo i modi degli articoli 410 e 411 cpc.
L'usufrutto e l'affitto dell'azienda.
Molto è trattato l'aspetto dell'usufrutto dell'azienda all'articolo 2561 e
dell'affitto al 2562 dove si rimanda all'usufrutto.
Il problema è nel contemperare la conservazione organica dell'azienda e
l'efficacia della struttura, dunque la conservazione del valore di avviamento in
capo all'usufruttuario.
Da qui gli obblighi di conservare la ditta dell'azienda e di non mutare
strutturalmente l'azienda.
In caso di mancato rispetto secondo l'articolo 1015 sarà responsabile
l'usufruttuario per abuso del suo diritto.
Visto che è fisiologico in un arco di tempo consistente le variazioni di beni
funzionali all'azienda, la differenza di questi riscontrata dall'inizio
dell'usufrutto o dell'affitto, fino alla cessazione, risultante dai libri
d'inventario, saranno regolati in danaro.
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