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LO SVILUPPO DELLA COSCIENZA

psicologia



LO SVILUPPO DELLA COSCIENZA



INTRODUZIONE


Gli uomini, potrebbero dividersi in tre grandi categorie, a seconda del loro atteggiamento verso la vita:

1) gli stanchi

2) i gaudenti

3) gli ardenti



I primi hanno un concetto pessimistico, negativo dell'esistenza. Per loro "esistere è uno sbaglio ed un fallimento. Tale atteggiamento porta all'insoddisfazione, alla ribellione, all'incapacità di trovare un senso alla vita, e pertanto, a lungo alla depressione, alla infelicità, al fallimento.

I secondi sono portati continuamente alla ricerca del piacere. Per essi vivere è "godere", provare sensazioni, fare esperienze piacevoli, cercare la felicità, intesa nel senso più esteriore e materialistico. Conseguenza di tale atteggiamento è un continuo alternarsi di stati di eccitazione e di depressione, di illusione e delusione, condizione questa che prima o poi sfocia in crisi di insoddisfazione, di amarezza, di senso di sconfitta ed in quella perniciosa "frustrazione esistenziale", causa di tante sofferenze fisiche e psichiche.

I terzi, invece, sono coloro per cui la vita è una continua ascensione verso stati sempre più approfonditi di coscienza. Per essi l'uomo è un essere capace di perfezionarsi, di progredire, di realizzarsi in tutta la sua completezza, che è latente e potenziale. Vivere per loro è "maturare", "crescere", cercare la Verità, è un viaggio arduo, ma entusiasmante, alla scoperta di se stessi e di Dio. Un fuoco brucia dentro di loro, il fuoco dell'aspirazione al vero al reale, a ciò che stà dietro alle apparenze... Il fuoco della ricerca dell'Assoluto, dell'Armonia; e per questo sono denominati "gli ardenti".

Questa suddivisione anche se schematica e troppo sintetica, può però aiutare a recepire dove possiamo collocare noi stessi, e solo se ci riconosciamo come "ardenti", potremo cominciare il lavoro dello sviluppo della coscienza, lavoro che a poco a poco ci aiuterà a conoscerci e ad autorealizzarci in quella che è la nostra reale essenza: il Sè.

Se non sentiamo questa spinta interiore a "crescere dentro", per diventare veri uomini, a svegliarci dallo stato di incoscienza in cui siamo, è inutile intraprendere qualsiasi lavoro di autoconoscenza e di autorealizzazione, perchè mancherebbe la base necessaria e la spinta indispensabile per la buona riuscita di esso.

Il punto di partenza dello sviluppo della coscienza è il preciso e chiaro riconoscimento di essere immersi nella incoscienza, di non avere ancora coscienza. E' la sofferta e travagliata insoddisfazione prodotta dal proprio stato meccanico, condizionato, limitato, non autentico, che è il sintomo ed il presagio di un altro stato verso cui ci siamo muovendo consapevolmente o no, e che è la leva su cui far forza per "svegliarci" dal nostro sonno e ricordarci della nostra vera natura e così iniziare il lento, ma meraviglioso lavoro di trasformazione dell'uomo-animale in uomo-Dio e passare dal quarto regno al quinto.

Tutte le religioni, tutte le dottrine esoteriche e spiritualistiche rimangono per noi lettera morta se non lavoriamo allo sviluppo della nostra coscienza, poichè la conoscenza puramente intellettuale non produce una effettiva maturazione dell'uomo, ma rimane lì, gelido bagaglio di nozioni, che ingombrano la mente e offuscano la visione diretta.

Dobbiamo "vivere" la teoria, trasformare la conoscenza in coscienza, far diventare le dottrine esperienza vissuta, ed allora scaturirà dal profondo di noi stessi una forza, una realtà, una consapevolezza, che ci renderanno diversi, più veri, più vivi, più autentici, più completamente "umani".

Il lavoro di sviluppo della coscienza richiede costanza, pazienza e purezza di moventi, ma i risultati che via via si otterranno se effettivamente si praticheranno gli allenamenti, gli esercizi e gli atteggiamenti interiori necessari, ripagheranno abbondantemente dello sforzo che si sarà fatto.

Una volta avuta la prima "presa di coscienza", la prima rivelazione, anche minima, sarà come affacciarsi da una finestra spalancata su un mondo nuovo e luminoso, che è là sempre, perchè è il mondo della realtà e dei significati, il mondo delle cause, che noi non possiamo usualmente percepire, perchè siamo incatenati e bendati dal nostro stato di incoscienza. E questo primo barlume non sarà altro che l'inizio di una serie di aperture e di esperienze interne, che a poco a poco ci porteranno al "risveglio" totale e completo, alla identificazione con la nostra essenza entrale: il Sè.



CAPITOLO I


CHE COSA E' LA COSCIENZA


" Coscienza e Vita sono identiche,due nomi per una cosa sola, secondo che viene osservata dall'interno odall'esterno. Non vi è vita senza coscienza, non vi è coscienza senzavita".


Tutti gli errori e le sofferenze dell'uomo derivano dal fatto che egli ignora proprio quella che dovrebbe essere la cosa più importante da conoscere, e cioè che l'unico vero scopo dell'esistenza è "sviluppare la coscienza" fino al punto di realizzare la propria essenza spirituale, il centro autentico del proprio essere, che è il Sè.

Realizzare il Sè non è un'astrazione, non è una fuga dalla vita: è realizzare se stessi pienamente, svegliarsi e divenire quello che siamo veramente. Quest'ultima frase, apparentemente paradossale, si spiega con il fatto che l'uomo, pur essendo nella sue essenza più profonda una scintilla divina, è inconsapevole di ciò, è immerso nell'oscurità dell'incoscienza e pertanto tutto il suo cammino evolutivo ha come meta di uscire da tale incoscienza, di risvegliarsi gradatamente ed infine ritrovare la propria natura reale.

Queste parole tuttavia, possono apparirci prive di significato o puramente teoriche, se non cerchiamo, prima di tutto, di comprendere che cosa sia veramente la coscienza.

La parola "coscienza" è uno dei termini a cui possono attribuirsi i più vari significati, se è considerata dal punto di vista comune. Ad esempio la troviamo usata semplicemente come "consapevolezza" di qualche cosa (essere consapevoli di camminare, di sentire un odore fisico o morale ecc.) oppure come "coscienza morale" (voce della coscienza), e cioè come senso soggettivo del bene e del male, come rimorso, senso di colpa, ecc.. La troviamo spesso usata anche in senso psicologico, come consapevolezza dei fatti interni, come capacità di avvertire le modificazioni psichiche.

Le dottrine spiritualistiche, però, danno alla parola "coscienza" un significato molto più vasto, universale e profondo, fino a identificarla con l'essenza stessa dello Spirito, che permea di sè tutta la manifestazione. Essa è, perciò, considerata come la Vita stessa, come l'Energia Divina, l'Agni f 252j92c ondamentale, o il Jiva degli indù. La coscienza-vita è dappertutto, in tutto il cosmo, in tutti i regni della natura e persino nell'atomo, dove si rivela come reattività intelligente. Anche se tale coscienza dell'uomo, tuttavia dimostra che anche nella materia, che noi crediamo inerte e statica, vi è una certa sensibilità, una capacità di reagire, una specie di intelligenza.

In tutte le forme, in tutti i regni della natura, questa energia universale e divina, che è la coscienza, questa misteriosa forza fa sentire in mille modi la sua presenza.

Essa è la leva dell'evoluzione, essa è il fuoco nascosto che spinge la natura a moltiplicarsi in innumerevoli forme, fino a giungere alla forma umana, che sembra essere l'ultima nella scala evolutiva. Ed è qui che la coscienza-vita, la coscienza-forza trova quello che aveva instancabilmente cercato: il veicolo adatto per esprimersi in tutta la sua pienezza passando dallo stato di latenza alla piena consapevolezza.

Infatti prima dell'uomo essa era, paradossalmente "coscienza inconscia", potenziale, non manifesta. La sua vera ed essenziale qualità di consapevolezza di essere non si manifestava pienamente, ma rimaneva latente e potenziale, esprimendosi solo con vaghe e diffuse sensibilità, come generica capacità di selezione e di reazione, come intelligenza elementare. Nell'uomo invece trova il terreno adatto per esprimere gradualmente tutte le sue qualità, fino al suo completo splendore divino.

La forma umana infatti, nel suo insieme fisio-psichico, è considerata dalle dottrine esoteriche, come la sostanza, la matrice che può essere fecondata dall'energia divina. Essa è perciò simbolicamente chiamata la Madre, che per opera del Padre dà alla luce il Figlio, che è appunto la coscienza risvegliata, l'Anima individualizzata.

L'uomo non sa di essere il punto d'incontro del finito con l'infinito. Non sa che egli è la terra fertile dove è stato messo un seme divino, che a poco a poco deve germogliare e crescere, nutrito dagli elementi, dalle sostanze stesse che sono nella natura. Non lo sa. E per questo va avanti alla cieca, opponendo resistenza a questa energia spirituale che fermenta dentro di lui, e si crea sofferenze e conflitti, si dilania in una lotta titanica che si ripete continuamente di ciclo in ciclo. Questa lotta, questo attrito, però non sono sterili, perchè è proprio da essi che si sprigiona gradualmente e faticosamente la coscienza. La resistenza che l'uomo oppone alla spinta evolutiva, identificandosi con la materia, è all'inizio necessaria, poichè "la coscienza nasce dalla limitazione".

La materia è limitazione, e senza limitazione non esiste coscienza.

In altre parole senza la percezione del non-io, non si può risvegliare il senso dell'io. Senza il riconoscimento di un mondo oggettivo che si oppone ad un mondo soggettivo, non si può manifestare la consapevolezza di sè.

Questa dualità, creata dalla perdita della partecipazione inconscia all'unità, come abbiamo già detto, è necessaria allo sviluppo della coscienza, che deve passare da uno stato vago ed inqualificato, ad uno strato di alta qualificazione, di piena delineazione e di completo "auto-riconoscimento".

Arriva però un momento nel cammino evolutivo dell'uomo in cui cessa di opporsi, non lotta più ma anzi desidera "capire" il perchè ciò accade, di afferrare il vero significato della vita, e sopratutto desidera "trovare se stesso".

Questa aspirazione a conoscersi, è il primo passo del lungo cammino del risveglio della coscienza, ed anche se l'uomo non ne è ancora consapevole, è proprio la coscienza dentro di lui che lo sospinge in avanti, che gli dà l'aspirazione a ricercare la realtà dietro le apparenze, e che gli dà l'irresistibile impulso ad accrescersi e ad autorealizzarsi.

A questo punto potremmo domandarci: "Siamo anche noi a questo punto del sentiero evolutivo, in cui aspiriamo a scoprire "chi siamo veramente", e a divenire coscienti della nostra vera natura?".

Se la risposta è affermativa dobbiamo metterci all'opera e afferrare la leva della nostra evoluzione, per aprire la strada alla luce della coscienza-forma che preme per manifestarsi.

Come innanzi detto, colui che cerca la coscienza, cerca per prima cosa di capire se stesso, e così dobbiamo fare noi, cominciando con l'interiorizzarci per osservare il nostro mondo soggettivo e per cercare di scoprire quanto di vera consapevolezza c'è in noi.

Ci accorgeremo subito che quello che si presenta al primo momento della nostra osservazione è solo la superficie della coscienza, per dir così, e cioè un insieme di sensazioni, stati d'animo, pensieri che affiorano come bolle d'aria da uno strato più profondo di cui noi vediamo solo la faccia esterna. Questa superficie della coscienza, i cui contenuti sono mutevoli, fluttuanti e spesso imprecisi, è quella zona della nostra psiche, che gli psicanalisti chiamano "il cosciente" (o il conscio), e che considerano il polo opposto dell'inconscio.

In genere il cosciente non è vera coscienza, anzi è spesso "falsa coscienza", perchè formato dalle illusioni, condizionamenti, finzioni, che sono sorti a poco a poco per gli influssi che si sono venuti dall'ambiente, dalla società, dalla famiglia, sin dall'infanzia. Molto frequentemente il cosciente è come una "maschera" che copre la vera coscienza e che la altera e la deforma. Tutto ciò che invece appartiene alla vera coscienza è autentico, spontaneo, libero, immediato, creativo. Rispecchia la realtà di noi stessi, le nostre vere tendenze, le nostre qualità profonde, la nostra natura più intima.

Ecco perchè, ogniqualvolta riusciamo ad esprimere qualche cosa che rispecchia la vera coscienza, diveniamo simili a fanciulli, per quello che riguarda la freschezza, la sincerità, l'innocenza, la spontaneità, e nello stesso tempo veramente maturi, in quanto a saggezza, equilibrio, serenità e forza.

Per questo possiamo affermare che la vera coscienza non è espressa neanche dal pensiero. E' molto importante tener presente ciò, infatti, nella sua realtà più completa e profonda la coscienza è sopratutto "l'essere contrapposto al divenire". Inoltre, ciò che abbiamo detto per il cosciente, che può essere inautentico e condizionato, vale anche per il pensiero. Se esso fosse vero pensiero, se le idee che muovono la nostra mente fossero frutto di intuizione e rispecchiassero la realtà, se soprattutto il pensiero fosse creativo, e cioè capace di trasformarci, di maturarci, allora possiamo dire, che esso può essere veicolo della coscienza, ed essere una sua espressione.

Siccome però, quasi sempre, ciò che pensiamo è frutto di abitudini, di pregiudizi, di condizionamenti, ed è un'inconsapevole ripetizione di idee altrui, di opinioni di massa, ecc., non possiamo affermare che il pensiero coincida con la coscienza poichè le qualità fondamentali ed inconfondibili della coscienza sono l'autenticità, la creatività, la completa aderenza alla realtà soggettiva della nostra natura.

Si arriva perciò all'affermazione, apparentemente assurda, che tutto ciò che è inconscio si avvicina di più alla vera coscienza, di quelle che riempie ordinariamente la nostra consapevolezza. In altre parole: la vera coscienza è ancora inconscia, e ciò affiora alla superficie, è coscienza falsata e condizionata.

Dobbiamo quindi scoprire questa "coscienza inconscia", farla affiorare, e liberarci dai condizionamenti e dalle influenze esteriori, che hanno fatto deviare, alienandoci da noi stessi.

Questo vuol significare che "L'evoluzione è in realtà trasformazione dell'energia in coscienza".

Abbiamo visto infatti che la coscienza è anche energia. Essa è vita, è l'energia fondamentale, è Agni.

Quindi trasformare l'energia in coscienza, significa far divenire conscio, ciò che è inconscio, poichè l'inconscio è energia.

La natura dinamica ed energetica dell'inconscio è ormai un fatto accertato anche dalla psicanalisi, ed è una realtà che dovremmo sempre ricordare, poichè nasconde il segreto della nostra evoluzione.

La coscienza-forza universale nell'uomo quindi ha due poli, l'uno è il cosciente, e l'altro è l'inconscio, e quest'ultimo rappresenta l'aspetto energia. Dalla fusione di questi due poli (o trasformazione dell'aspetto energia in coscienza) nasce la vera coscienza, che è espressione del Sè.

Se osserviamo noi stessi per trovare una convalida di quanto detto sopra, ci accorgeremo che ogniqualvolta sperimentiamo un risveglio di coscienza, a qualsiasi livello esso sia, nasce dalla fusione di due poli opposti, dal superamento di una dualità.

Questa è una verità da tener sempre presente, perchè essa nasconde una vera e propria tecnica di sviluppo, un metodo pratico per aiutare il risveglio della coscienza.

Per fare un esempio concreto, quando cerchiamo di esprimere in parole un nostro pensiero intuitivo, sintetico, un'idea astratta, nello sforzo che facciamo per riuscire ad esprimere esattamente, quello che abbiamo percepito, senza alterarlo, sprigioniamo una certa quantità di coscienza, poichè si manifesta un "quid" che nasce dalla fusione di due aspetti, o poli opposti: l'intuizione (aspetto positivo, spirituale), e la parola (aspetto ricettivo, umano).

Questo può avvenire anche quando cerchiamo di trasformare una nostra convinzione intellettuale, dall'aspetto teorico, all'aspetto pratico, e cioè vogliamo unire la conoscenza all'esperienza, e fondare due poli, perchè ne nasca una maturazione, una presa di coscienza.

Si arriva però a fare queste scoperte, queste esperienze interiori gradualmente, e per successive fusioni ed integrazioni, ognuna delle quali sprigiona, per dir così, una certa quantità di coscienza.

La ragione di questo fatto è che la coscienza è l'aspetto Figlio, e cioè è il prodotto dell'unione del Padre-Spirito con la Madre-Materia, poichè in realtà la dualità è un fatto apparente, che è creato dalla nostra incoscienza, dalla nostra identificazione con la forma, e prendere coscienza, significa solo ritrovare questa unità.

L'uomo deve percorre un cammino lungo e arduo, tuttavia per ritrovare questa realtà, passando dall'incoscienza alla coscienza, risvegliandosi a poco a poco. E' una crescita interiore spesso faticosa e travagliata, ma che a poco a poco si rivela come un'avventura meravigliosa e gioiosa che ci porta di scoperta in scoperta, di risveglio in risveglio, di livello in livello, fino all'abbagliante rivelazione della nostra vera natura divina.

****

Per concludere questo capitolo e rendere più pratico ed attuabile quanto è stato detto, cerchiamo di riassumere in alcune frasi sinteticamente quanto finora abbiamo cercato di esporre, e domandiamoci ancora una volta:

"Come possiamo definire dunque la coscienza?"

1) La coscienza è uno stato interiore di consapevolezza, che si sviluppa a poco a poco, ed ha quindi vari livelli e gradi. Essa ci consente di venire in contatto, e di sperimentare direttamente la realtà delle cose, e la realtà di noi stessi, a qualsiasi livello esse appartengono.

2) Quando si sperimenta la vera coscienza si ha un senso di risveglio di illuminazione, come se si facesse una "scoperta", non con la mente soltanto, ma con tutti noi stessi.

Per chiarire questo concetto cito quanto segue:

"l'atto della scoperta in sè considerato è sempre una esperienza totale. E' totale cioè nel senso che la persona per intero la esperisce. E' un'esperienza che è caraterizzata dalla spontaneità ed immediatezza".

3) Ogni minima apertura di coscienza porta con sè un risultato, una trasformazione, una maturazione, un ampliamento di visione che non si perdono più. Per questo lo sviluppo della coscienza è strettamente connesso con ogni esperienza diretta, con ogni effettiva realizzazione interiore. Non vi può essere coscienza senza trasformazione.

A questo punto viene spontaneo domandarci: Vi è modo di favorire questo sviluppo, questa crescita interiore della coscienza, fino alla sua totale e luminosa espressione, che è la coscienza del Sè?

Si, certamente.

Con tecniche di MEDITAZIONE, una buona lettura ed in particolare con il SERVIZIO verso l'Umanità, verso i nostri fratelli che brancolano nel buio, nelle tenebre!


CHE COS'E' LA COSCIENZA?


1) Potreste descrivere il vostro stato di coscienza abituale? E' qualche cosa di nebuloso e vago, oppure ha un senso di lucidità, di consapevolezza?

2) Avete la sensazione che la coscienza sia il pensiero?

3) Oppure che si sia identificata con uno stato emotivo?

4) Sapete distinguere per esperienza diretta fra quello stato che è chiamato il "cosciente" e la coscienza vera?

5) Vi sembra di cambiare spesso stato di coscienza, oppure esso è sempre uguale?

6) Avete mai avuto degli stati di coscienza diversi dal solito, che vi hanno, in un certo senso, trasformato?

7) Sapete trasformare la conoscenza in "coscienza"?

8) Avete l'impressione di avere abitualmente una coscienza limitata, condizionata, oscurata, oppure sentite una coscienza autentica, libera e luminosa?

9) In quali occasioni, e con quali appoggi, riuscite a sentire uno stato di coscienza che a voi sembra più autentico e più elevato di quello solito?


1° ESERCIZIO: Interiorizzazione


1) Sedetevi in un posto tranquillo e silenzioso Poi cercate di assumere una posizione comoda e rilassata. Astraete l'attenzione dagli oggetti esterni, cercate di dimenticarli, e volgete tutto il vostro interesse verso l'Interno di voi stessi. Chiudete gli occhi.

2) Cercate ora di astrarre l'attenzione anche da eventuali stati emotivi che possono trovarsi dentro di voi (preoccupazioni, paure, affetti, desideri ecc.) e cercate anche di allontanare i pensieri inutili, che non si riferiscono all'esercizio che state facendo.

3) Pensate solo alla "coscienza" e volgete tutta la vostra attenzione ed intensa aspirazione verso di essa, mettendovi in una posizione interiore di "ascolto" e di attesa.

4) Siete rilassati. Cercate solo di sentire che cosa predomina dentro di voi, che cosa si oppone alla vostra ricerca cercando di attirare la vostra attenzione. Non combattete contro questi ostacoli : osservateli solamente.

5) Rimanete in questo atteggiamento per una decina di minuti.


NB: E' consigliabile ripetere questo esercizio per una settimana almeno, segnando su un quaderno le impressioni che si sono avute e le difficolta' che sono sorte.



CAPITOLO II


IL MISTERO DELL'AUTOCOSCIENZA


"Nell'uomo troviamo la più alta elaborazione della vita conscia: l'autocoscienza".


Che cosa è che dà all'uomo la capacita di "prendere coscienza?" Chi è che il lui "è cosciente?".

Quando diciamo, ad esempio: Io so di pensare. So di essere..., ci siamo mai chiesti chi è che sà?

C'è nell'uomo un "punto" nella sua coscienza, un centro misterioso, che non sempre appare, che è difficile da individuare, e che è soggettività assoluta. E' proprio questo centro che gli dà la capacità di essere consapevole, di essere auto-cosciente.

L'uomo solo fra tutti gli esseri e tutte le forme della natura sa di esistere, ha la facoltà di riconoscersi, di distinguersi dagli altri, di sentirsi un individuo, un'entità separata: in altre parole di sentirsi un io. E' detto infatti dagli studiosi che l'auto-coscienza è il segno di riconoscimento dell'uomo.

Eppure anche l'auto coscienza, pur essendo connaturata nell'uomo, ha un suo faticoso e lungo cammino evolutivo da percorrere, un graduale processo di maturazione e di crescita da svolgere.

Dai primi barlumi di vita, dai primi tentativi, spesso errati e vacillanti, di emersione, fino alla piena manifestazione in individualità completa, libera ed autonoma, l'auto-coscienza, deve percorrere un arco che segna la strada dell'intero sviluppo umano.

Infatti il senso dell'io appare, scompare, riemerge, si fissa su false identificazioni, si moltiplica in mille sfaccettature, ricade nell'incoscienza, si gonfia nel suo orgoglioso senso di isolamento, si proietta sugli oggetti esteriori, lotta per uscire dalla sua limitatezza, si espande, si libera, si eleva fino allo Spirito, sino a che ritrova la sua vera essenza e si identifica con la totalità del Sè.

Tutta l'umanità passa attraverso degli stadi di sviluppo per quello che riguarda l'espressione dell'auto-coscienza, che rivelano il lento e faticoso emergere del senso di individualità.

All'inizio del cammino evolutivo l'uomo identifica il suo io con il corpo fisico. Sente la sua forma materiale come un'entità a se stante, separata dalle altre forme. E' cosciente solo delle sue sensazioni fisiche e delle sue esigenze istintive. Quando pensa a se stesso si vede solo come materiale e non riesce a concepire una esistenza diversa da quella fisica.

E' lo stadio dell'identificazione completa con l'involucro più esterno del Sè, quello materiale, stadio che in realtà non dovrebbe ancora esser definito "auto-coscienza", ma solo senso di separazione a livello materiale.

Con il graduale svilupparsi della sensibilità emotiva, della capacità di provare sentimenti e stati d'animo, l'io dell'uomo sembra moltiplicarsi in mille sfaccettature, a causa della mutevolezza e della ricchezza degli stati emotivi: tristezza, gioia, paura, angoscia, desiderio, attrazione, repulsione ecc. L'io dell'uomo diviene poliedrico, variabile, sfuggente, poichè si identifica via via con lo stato d'animo del momento. E' lo stadio della polarità emotiva, durante la quale l'uomo perde la sensazione di essere una unità isolata e si smarrisce nelle innumerevoli possibilità sensitive della sua natura emozionale.

Quando l'auto-coscienza si identificava con il corpo fisico si sentiva uno, anche se limitatamente alla sfera materiale, ma con l'emergere della sensibilità emotiva, l'uomo cade nella molteplicità, fino a quando dovrà trovare un altro appoggio con cui identificarsi.

E' ciò accade con lo sviluppo della mente, allorchè, dapprima in maniera intermittente, e poi in maniera sempre più stabile, affiora l'io razionale, che per sua natura si eleva al disopra delle tumultuose e mutevoli onde emotive, e dà la capacità dell'uomo di disidentificarsi da esse, e di tentare di controllarle e di dominarle.

Lo sviluppo della mente e così importante per l'uomo, che per lungo tempo esso è stato ritenuto il più alto raggiungimento, e molti studiosi e filosofi hanno identificato l'io con l'intelletto.

In realtà l'io razionale, l'intelletto è solo il polo opposto della funzione emotiva, ed insieme ad essa forma la psiche dell'uomo, il kama-manas delle dottrine esoteriche.

L'auto-coscienza dell'uomo nel suo cammino verso la sua completa autorealizzazione, nel suo graduale processo di maturazione, passa di identificazione in identificazione, di stadio in stadio.

L'identificazione con la mente è solo un livello di sviluppo del senso dell'io, che segna l'inizio di un periodo di dualità fra intelletto e natura emotiva, e che porta l'uomo verso un'ulteriore sviluppo della coscienza, poichè lo libera dallo stadio in cui l'io è vissuto dalle emozioni e dagli stati d'animo, allo stadio in cui l'io diviene a poco a poco capace di dominare e controllare le energie emozionali ed istintive.

Questa è la polarità mentale che fa sentire l'uomo di nuovo uno, chiuso nella sua mente e separato dagli altri.

Anche questo stadio tuttavia viene trasceso. E' solo una tappa del lungo e tortuoso cammino verso la vera coscienza.

Nondimeno, pur sotto questo aspetto limitato, distorto e falsamente identificato, il senso dell'io dell'uomo, la sua auto-coscienza nasconde una realtà importantissima, un segreto, per dir così, evolutivo, che deve essere pienamente compreso, se vogliamo afferrare la natura della coscienza.

Noi accettiamo come una cosa naturale il fatto che nel nostro intimo ci sentiamo degli individui, che siamo, in altre parole degli "io". Viviamo con il nostro "io" fin dalla nascita e ce lo portiamo fin sulle soglie della morte. Siamo sempre con lui, anzi prigionieri di lui, senza poterne uscire: chiusi come in un cerchio della sua insuperabile corazza di acciaio, costretti ad occuparci di lui perchè è il centro del nostro essere. Anche se non ce ne accorgiamo, egli comanda da dietro le quinte, ci impone la sua volontà, il suo egoismo, le sue esigenze, le sue richieste di cure, le sue pretese, il suo orgoglio, la sua ostinazione, la sua presunzione, le sue paure...

Ci sembra naturale essere degli "io" separati, delle isole viventi, delle coscienze incapsulate, che si rispecchiano da tutti i lati in se stesse.

Eppure proprio in questa chiusura, in questa assurda separatività, è nascosto il segreto della natura dell'uomo, la chiave della sua vera realizzazione.

Sotto le sue apparenze egoistiche che tanto male sembrano produrre, l'io umano è il seme di "qualche cosa di diverso", è il germe della Divinità immanente, embrionale, alterato, degradato, limitato, ma potenzialmente carico delle qualità più elevate e spirituali.

Non certo a caso nell'Antico Testamento, Dio, appare a Mosè nel roveto ardente, pronuncia le parole: "IO SONO QUELLO CHE SONO".

L'io sono, infatti, nella sua più alta espressione, è l'affermazione dell'Essere per eccellenza, della natura stessa dell'Assoluto, contrapposto al divenire.

Anche la nostra auto-coscienza, il nostro senso dell'io, pur deviato e limitato, nasconde in sè la stessa natura della coscienza dell'Essere, dell'Io Sono, della più alta manifestazione della coscienza.

Esso è come il seme di una pianta, che nasconde in sè latenti tutta la forza, la bellezza, la statura che dovrà raggiungere, allorchè liberandosi dagli involucri, fattosi strada attraverso la terra, assorbitene le sostanze e cresciuto fino alla pienezza della sua maturazione, diverrà una pianta.

L'egoismo, la limitazione, sono solo strumentali, poichè forniscono la condizione adatta alla nascita della consapevolezza di sè, e gli errori che ne derivano, sono solo esperienze, eventi che contribuiscono a liberare l'uomo, a farlo maturare.

L'auto-coscienza dell'uomo è quindi il segno della sua divinità potenziale e per questo ha bisogno di un lungo processo evolutivo per crescere fino alla sua piena espressione.

Tornando ora al lento sviluppo del senso dell'Io dello uomo e alle sue false identificazioni, abbiamo visto che gli stadi da noi descritti finora, e cioè l'identificazione dell'io con il corpo fisico, la polarità emotiva, e la polarità mentale, non sono la vera auto-coscienza, ma solo degli appoggi per dir così, temporanei e parziali della coscienza, che via via, evolvendosi, sposta il suo centro di gravità.

La vera auto-coscienza, emerge solo quando l'uomo integra, sintetizza e raccoglie tutte le sue funzioni psichiche in un punto del suo essere, fulcro delle sue energie interne, che è capace di disidentificarsi da esse obbiettivandole.

Prima di questa integrazione vi sono tutti gli stadi descritti prima, mutevoli e vari. Ma la vera auto-coscienza, il senso dell'io ben delineato e chiaro, sempre uguale a se stesso, è quello che emerge dopo la sintesi dei vari aspetti psichici dell'uomo (o corpi sottili delle dottrine esoteriche, che sono il corpo fisico, il corpo emotivo e il corpo mentale).

Può accadere tuttavia, che se un individua ha uno scopo da raggiungere, un ideale, una passione, che assorbe e focalizza tutte le sue energie, e che fa concentrare tutto il suo essere, può accadere (ripeto) che emerga il senso dell'io vero e proprio, il centro di coscienza, perchè la focalizzazione di tutti gli aspetti della personalità verso un'unica direzione, produce una integrazione.

Questo senso dell'io non è ancora l'essere autentico dell'uomo, ma è per dir così, un suo riflesso, una sua proiezione, ed è "unico", non molteplice, sempre uguale a se stesso, ed ha volontà, senso di direzione, ed unità di proposito.

Esso riflette lo stadio dell'io personale, che pur conferendo all'uomo doti di efficienza, di auto-dominio, di forza, e di lucidità, è limitato ed incompleto, perchè può essere egoistico e separativo, e quindi in contrasto con l'essenza dell'Io Reale, che è il Sè, che è inclusivo, ampio, amorevole ed impersonale.

Pertanto, possiamo dire, che anche l'io personale, che emerge dalla personalità integrata, è in realtà falso ed illusorio. E' una costruzione dell'uomo, una fase, che dovrà anch'essa essere trascesa e superata dalla luce e dalla coscienza più ampia dell'Io Reale, che è appunto chiamato il Sè, di preferenza, per indicare la sua natura impersonale ed universale.

Tutte queste fasi, però, dello sviluppo dell'auto-coscienza devono essere attraversate dall'uomo prima che egli realizzi la sua reale natura. E' come una salita interiore lenta, ma continua, i cui gradini sono le varie e successive identificazioni illusorie dell'io, di cui a poco a poco la luce della coscienza vera, imprigionata nella forma, si sprigiona.

Ogniqualvolta riusciamo ad obbiettivare una parte di noi stessi con la quale ci eravamo identificati prima, liberiamo una parte della coscienza latente e ci avviciniamo sempre di più alla realtà del nostro io autentico.

Ogniqualvolta saliamo al disopra di un aspetto psichico, o riusciamo a dissolvere un condizionamento, una illusione, un nuovo lato del nostro essere si delinea, finchè arriviamo al riconoscimento totale, che è come un improvviso risveglio da un lungo sonno, una abbagliante rivelazione. Ci accorgiamo allora che il vero Io, era stato sempre lì nel profondo di noi stessi, presente e vivo, celato solo dalla nostra condizione di incoscienza.

Ci accorgiamo allora che la vera auto-coscienza, pur facendoci attingere al massimo della nostra identità, pur identificandosi con la più profonda soggettività, ci da anche il senso di unità, di inclusività, di universalità, di totalità.

Stranamente il ritrovare se stessi è anche trascendere se stessi, poichè individuale ed universale coincidono nell'uomo. Questo è un altro degli apparenti paradossi che la natura umana rivela quando appare nella sua più alta espressione.

Per questo abbiamo detto prima che l'auto-coscienza nasconde un segreto da scoprire, un enigma da decifrare, perchè essa è il ponte di collegamento fra l'umano ed il divino, fra il relativo e l'assoluto, fra il finito e l'infinito...

Come possiamo dunque favorire lo sviluppo dell'auto-coscienza?

I guru indiani consigliano ai loro discepoli un esercizio apparentemente semplice.

Esso consiste in una sola domanda da porre a se stessi ripetutamente, dopo essersi messi in raccoglimento in un luogo tranquillo e silenzioso. La domanda è:

"CHI SONO IO?"

Certo dare la risposta a tale domanda non è facile: tuttavia i risultati evocati da essa sono molto interessanti ed utili, poiche ci rivelano il grado di auto-coscienza che abbiamo effettivamente raggiunto.

Possiamo ad esempio accorgerci che il nostro "io" è vago e fluttuante, senza una fisionomia precisa, oppure che ha "mille volti" ed innumerevoli aspetti.

Possiamo anche renderci conto della prevalenza dello uno e dell'altro aspetto della nostra personalità; ossia se siamo prevalentemente emotivi o mentali, ed infine se riusciamo, sia pure saltuariamente, a evocare in noi un centro di coscienza libero e distaccato, che non è condizionato dai nostri stati fisici e psichici, ma anzi può controllarli e digerirli.

Il porsi delle domande è una vera e propria tecnica evocatrice. E' come un amo che gettiamo nelle acque profonde di noi stessi. Un "gancio" simbolico (il punto interrogativo) per pescare la verità latente.

Quindi la domanda: "Chi sono io" a lungo andare dovrebbe riuscire ad evocare non una risposta, ma la realtà stessa dell'io che giace dentro di noi.

E' importante dedicare attenzione e pazienza a questa evocazione, perchè se vogliamo uscire dalla falsa coscienza e risvegliarci alla vera consapevolezza, per prima cosa dobbiamo trovare il centro di noi stessi, su cui appoggiarci e per far leva, per riuscire a liberarci da tutte le sovrastrutture, i condizionamenti, i pensieri automatici, le illusioni che ci rendono inautentici e che ci spingono sempre più nella nebbia dell'incoscienza.

Noi in realtà non viviamo, ma siamo vissuti dagli eventi, dai sentimenti, dagli impulsi istintivi. Ci lasciamo trascinare da essi, smarriti, confusi, e spesso infelici, poichè la vera felicità è data solo dalla completa espressione della nostra natura divina, che è la nostra realtà.

Per aiutarci nel nostro lavoro di ritrovamento di noi stessi, sintetizziamo i vari stadi di sviluppo che attraversa l'uomo, per quello che riguarda l'autocoscienza:



1° stadio: Io sono vissuto dalle cose.

2° stadio: Io vivo (come personalità).

3° stadio: Io sono vissuto dal Sé.

4° stadio: io vivo come Sè.


Abbiamo già analizzato il 1° ed il 2° stadio.

Il 3° stadio corrisponde a quel periodo evolutivo durante il quale comincia ad emergere un centro di coscienza capace di disidentificarsi dagli aspetti personali, e che è spettatore di essi.

Questo centro è come un punto di mezzo tra la personalità ed il Sè. Infatti a tale stadio non si è più identificati con l'io personale, ma non si è ancora coscienti dell'Io vero. Allora si sperimenta una condizione di obbedienza interna, di passività e di attesa verso il Sè ancora supercosciente.

E' un periodo che può avere degli alti e dei bassi, e non è privo di incertezze e di conflitti, ma è un periodo molto proficuo, che precede e prelude, quello che viene in seguito: lo stadio della completa identificazione con il Sè, il 4° stadio: Io vivo come Sè.

Allora vi è una perfetta aderenza fra volontà personale e volontà spirituale, e si realizza quindi la vera coscienza.

Questo stadio forse è ancora lontano per molti di noi, ma è bene tenerlo presente come una meta da raggiungere nel nostro cammino faticoso ed arduo verso il completo risveglio della coscienza reale.


1) Riuscite a sentire la vostra "identità" personale?

2) Il vostro "io" è sempre uguale a se stesso, oppure ha "mille volti"?

3) Riuscite a disidentificarvi dal corpo fisico oppure sentite il vostro "io" identificato con il corpo?

4) Sentite talvolta come un altro "io" più profondo, nascosto ed elevato, anche se vago e nebuloso?

5) In quali momenti vi sentite più in contatto con questo altro "io"?

6) In quale dei seguenti quattro stadi credete di essere:

a) Io vengo vissuto dalle cose.

b) Io vivo (come personalità, o io superficiale).

c) Io vengo vissuta dal Sè.

d) Io vivo come Sè.

7) Sapreste dire che rapporto c'è fra l'autocoscienza e la coscienza in senso generale?

8) Ed inoltre sapreste dire il rapporto che esiste fra autocoscienza e la coscienza del Sè?


II. ESERCIZIO: Ritrovamento dell'autocoscienza.


1) Dopo esservi seduto in un luogo tranquillo e silenzioso cercate di raccogliervi interiormente come avete fatto per l'esercizio n° 1.

Astraete l'attenzione da tutti gli oggetti esterni ed interni (immagini, pensieri, emozioni).

2) Quando avete raggiunto un certo grado di tranquillità, di astrazione e di rilassamento, ponetevi la seguente domanda: "CHI SONO IO?".

3) Rimanete in atteggiamento di silenzio e di ascolto, senza cercare di dare subito una risposta.

4) Lasciate che la domanda "lavori" dentro di voi, e attendete. Se la risposta non viene, non fa nulla.

Non sforzatevi di rispondere con la mente.

5) Ripetete questo esercizio ogni giorno, ponendovi la domanda più volte, lasciando trascorrere almeno due minuti fra una domanda e l'altra. Non abbiate fretta.

Non siate tesi e mi raccomando niente paura.

La risposta verrà da sola quando sarà il momento.

N.B. Ripetete questo esercizio per una settimana almeno, per circa 20 minuti, annotando su un quaderno le eventuali impressioni e difficoltà.



CAPITOLO III


APPARENTE DUALITA' DELL'IO


" Due anime, ahimè, vivono nel mio petto!" (Goethe)


Descritto così l'arco evolutivo che percorre l'autocoscienza della sua identificazione con il veicolo fisico, sino all'auto-riconoscimento in entità spirituale individualizzata, ci siamo resi conto di un fatto di fondamentale importanza, e cioè che la coscienza ad evolvere e non il Sè, la coscienza, che è dapprima prigioniera di false ed illusorie identificazioni, soffocata dominata, condizionata da esse, e poi, a poco a poco, risvegliata e realizzata nella sua pienezza.

E' essenziale tener sempre presente ciò e ricordarsi in ogni momento che il processo di maturazione, di crescita si riferisce alla coscienza e non al Sè, che, per sua natura è già completo e perfetto in se stesso. Tuttavia Egli, come altre volte abbiamo detto, nel prendere una forma, si autolimita, si dimentica di sè, e deve così lentamente e faticosamente risvegliarsi per ritornare allo stato originario, operando tuttavia, nel suo cammino di ritorno verso la Casa del Padre, un lavoro di trasformazione e di purificazione della materia degli involucri con cui si è identificato. Infatti l'incarnazione del Sè spirituale nella materia densa ha proprio questo scopo: far ritornare la sostanza fisica alla vibrazione originaria e riunire i due poli di Spirito e Materia nel punto centrale ed unitivo della coscienza.

Il sè dell'uomo e nello stesso tempo trascendente ed immanente, poichè rimane eterno, immutabile, perfetto, completo nel suo aspetto trascendente, mentre proietta una parte di sè nella personalità, come un raggio della sua essenza totale, un seme, un'energia, che è l'aspetto immanente.

"Avendo pervaso l'Universo con una parte di Me stesso, Io rimango"

(Bhagavad Gita, Canto X, 42)

Questi versi del poema divino indiano, ci danno un'idea chiara di questa realtà dell'Assoluto Trascendente che nella manifestazione esprime solo una parte di Se stesso, rimanendo tuttavia inalterato ed immutabile. Quella che avviene a livello del macrocosmo si riflette anche nel microcosmo rappresentato dall'uomo in cui rivive la stessa realtà di trascendenza ed immanenza del Sè individualizzato.

La proiezione immanente del Sè nella personalità dell'uomo rimane per lungo tempo latente ed inconscia, ma fa sentire la sua presenza come spinta evolutiva, come esigenza di autorealizzazione, come autocoscienza, sia pur vaga ed embrionale. E' il granello di lievito di cui parla il Cristo nel Vangelo, che a poco a poco fa crescere e lievitare la farina in cui è stato nascosto: è il Regno dei Cieli celato dentro l'uomo, ma che prima o poi farà sentire la sua presenza e si manifesterà alla luce.

Il cammino per giungere alla piena crescita di questa scintilla del Sè, profondamente nascosta dentro di noi, è l'evoluzione della coscienza, ed è un cammino lungo e difficile disseminato di insidie e di difficoltà. Infatti il senso dell'autocoscienza, all'inizio vacillante e nebuloso, primo barlume della coscienza del Sè che si risveglia, corre sempre pericolo di essere soffocato, deviato, e di perdersi nel labirinto della complessa struttura psichica dell'uomo. Ma come Teseo ebbe, per non smarrirsi nel dedalo, il filo di Arianna, che gli serviva da guida e da punto di riferimento, così anche noi dobbiamo trovare un punto di appoggio e di aiuto, che ci da la sicurezza di non smarrirci negli oscuri meandri interiori.

Il nostro filo di Arianna potrebbe essere costituito dal centro di coscienza disidentificato dagli aspetti psichici della personalità, (centro a cui abbiamo accennato nel precedente capitolo), capace di essere sempre stabile, lucido e libero.

Ognuno di noi possiede la capacità di far emergere questo punto focale della coscienza, a mezza via fra personalità ed il Sè, e con opportuni esercizi e metodi possiamo favorire la sua manifestazione.

Occorre per prima cosa riconoscere che quello che crediamo di essere il nostro io è solo una proiezione frammentaria ed alterata del Sè totale, condizionata dagli automatismi inconsci dei veicoli personali, e chiusa nell'illusione della separatività.

In secondo luogo dobbiamo imparare a disidentificarci da questo io inferiore. Per poter riuscire ad attuare ciò, dobbiamo sapere come si è formata ed organizzata la personalità, e che cosa sia veramente.

La personalità, come abbiamo altre volte detto, è l'insieme dei tre veicoli di espressione del Sè, che in senso psicologico sono chiamati "funzioni psichiche" (Jung).

Questi tre veicoli sono:

1) il corpo fisico, con la sua controparte vitale (eterica);

2) il corpo emotivo (o astrale);

3) il corpo mentale.

Questi tre veicoli, quando la coscienza reale del Sè ancora dormiente, sono amorfi, passivi, aperti ad ogni influenza e si qualificano e si organizzano, per un lungo periodo, solo sotto gli stimoli e gli influssi che provengono dall'esterno, dall'ambiente, dalla famiglia, dalla società, eccetera. Questi stimoli ed influssi sono più forti di quelli che provengono dal Sè, ancora inconscio, e ben presto si trasformano in automatismi, in abitudini, molto difficili da superare, una volta che si siano instaurati.

Possiamo dire perciò che la personalità dell'uomo di media evoluzione, che è ben lungi dalla vera coscienza di sè, è solo un insieme di condizionamenti e di automatismi, di reazioni meccaniche e di energie mosse da impulsi che non provengono dall'Io reale, ma dall'io superficiale. E questo insieme che chiamiamo personalità, o, come dice Aurobindo "personalità frontale", ed è scambiato per l'Io, per la vera individualità dell'uomo, mentre è solo una maschera (persona), illusoria e falsa.

Infatti: "Noi crediamo di conoscerci, ma conosciamo solo la parte superficiale di noi stessi. La coscienza che è in ciascuno di noi e con cui affrontiamo il mondo che ci viene incontro, è agitata e modellata dalle sue influenza. E' un processi di condizionamento a cui siamo soggetti dal momento della nostra nascita; ma se diventiamo consapevoli di ciò, ce ne allontaniamo". (Da "Verso la Realtà" di Sri Ram, pag. 163).

Quello che crediamo essere il nostro io, dunque, è solo un personaggio fittizio, costruito, sì, con il materiale, con le sostanze (per dir così) che abbiamo in noi, ma secondo un modello alterato, distorto, illusorio.

Quello che crediamo essere la nostra coscienza è solo una "falsa" coscienza, un insieme di abitudini e di automatismi, che ci costringono a recitare una parte, a comportarci in un dato modo, mentre la nostra vera coscienza, quella che proviene dal Sè Reale, dalla nostra vera natura, rimane inconscia, e solo in qualche raro momento affiora, dandoci un fuggevole lampo di "vera" consapevolezza, di autenticità, di verità.

E' come se avessimo due "io", uno superficiale, abitudinario, meccanico, falsamente razionale, che ci impone le sue esigenze, le sue debolezze e le sue ambizioni ed un altro "io" silenzioso e nascosto, come velato da una nebbia, semi-dormiente ed inconscio, ma che talvolta subitaneamente si risveglia e ci inonda con la sua abbagliante luce, ci folgora con la sua potenza, ci scuote con la sua alta vibrazione, ma che poi subito scompare di nuovo, soffocato dalla cortina di nebbia delle nostre illusioni.

Tali momenti, purtroppo, sono rari e fuggevoli per la maggioranza di noi, anche perchè, invece di rafforzarli con l'attenzione, e con il costante ricordo, con l'aspirazione ardente, spesso non diamo lo l'importanza dovuta, anzi, talvolta gli ignoriamo, o subito li cancelliamo con la superficialità della nostra mente concreta... Ciò accade anche perchè, qualche cosa in noi sa, che per accettare la vera coscienza dobbiamo rinunciare all'io personale, superare l'egoismo, gli attaccamenti, le esigenze inferiori: in altre parole, operare in noi stessi un "capovolgimento", una conversione delle energie verso l'alto. Per questo opponiamo incosciamente resistenza alla luce vera, soffochiamo la nascente coscienza del Sè, negandola anche a noi stessi.

Infatti la prima cosa che l'afflusso della reale coscienza fa affiorare è un senso di "luce", che illumina tutti i lati del nostro essere, facendoci riconoscere la falsità, l'inautenticità, la precarietà di tutto ciò che prima credevamo vero. Fa vacillare le nostre presunte convinzioni, la nostra cosidetta "fede", i nostri illusori ideali, e talvolta persino i nostri affetti più cari. Ci pone di fronte ad una problematica morale angosciosa e tormentosa, ci fa cadere in una profonda crisi, dalla quale tentiamo in ogni modo di uscire e di fuggire.

La voce del Sè, la Sua luce rivelatrice, tuttavia, non possono essere soffocate e negate, e prima o poi ritornano incalzanti, inesorabili, per ingaggiare con l'io personale una lotta aspra, lunga ed estenuante.

E' questa una fase evolutiva che l'uomo deve necessariamente attraversare ad un certo momento della suo sviluppo interiore, e che è molto importante ed utile, poichè fà affiorare i due poli della sua natura, dal cui attrito poi risolto in unificazione, potrà sprigionarsi la reale coscienza.



E' la fase in cui il Sè sentito come una realtà esterna, oggettiva, come una meta da raggiungere al di fuori di noi.

Van der Leeuw descrive così questo stadio:

"Dal quel momento egli (l'uomo) deve riconoscere in sè due persone in una: un Io divino più alto, che lo richiama continuamente alla Sua Divina patrie, ed una natura inferiore che è la sua coscienza legata ai corpi e da essi dominata". (Dei in esilio pag.12).

In realtà questo senso di dualità è illusorio.

Non vi sono due "io", uno inferiore ed uno superiore, ma uno solo. Siamo noi che abbiamo creato una scissione nella coscienza, essendoci identificati con la periferia della circonferenza e non con il centro. Peraltro questo senso di dualità è molto utile per lo sviluppo della coscienza dell'uomo, poichè è proprio dal conflitto, dall'attrito dei due poli, risolto ad un livello superiore che può emergere quel principio di sintesi e di unificazione che è il Sè.

Dietro questa scissione illusoria della nostra coscienza vi è una realtà universale ed esoterica: la legge di polarità. Tale legge invero si ritrova a tutti i livelli della manifestazione, dal macrocosmo al microcosmo, sotto infiniti aspetti. Ogni cosa che esiste ha il suo opposto: positivo e negativo, attivo e passivo, maschile e femminile, vita e morte, veglia o sonno, cosciente ed inconscio... Questi sono solo alcuni esempi della dualità universale. Tutto è duplice, tutto è bi-polare, come se l'Uno nel manifestarsi si fosse scisso in due grandi energie cosmiche. Ed in effetti è così, poichè ogni polarità deriva dalla scissione iniziale dell'Assoluto in Spirito e Materia, i due pilastri della manifestazione: il Padre e la Madre cosmici, che danno vita al Figlio, e cioè alla Coscienza.

Quindi anche l'uomo rivive in sè la legge di polarità, la sperimenta a tutti i livelli, soffrendo le lotte e le angosce della tensione degli opposti, fino a che riesce a superarli dopo un lavoro di trasformazione e di sublimazione, riunendoli in un centro sintetico che ha il potere unificatore.

L'auto-coscienza di cui abbiamo parlato nel precedente capitolo, contiene in sè questo potere unificatore, quando diviene un centro del nostro essere capace di disidentificarsi dagli aspetti inferiori della personalità, di salire al disopra del conflitto e di farci sentire "uno".

La tecnica della disidentificazione dei veicoli personali è perciò necessaria, per liberarci dalla falsa coscienza e trovare questo "centro". "Il metodo della negazione è indispensabile per sbarazzarci dalle definizioni e dai limiti" afferma Sri Aurobindo, continuando poi: "Il mezzo più semplice consiste in un procedimento familiare: quello di creare una separazione fra Purusha (Spirito) e Prakriti (Materia)". ( Da "La Sintesi dello Yoga, vol. II pag. 38 e pag. 59).

L'auto-coscienza rispetto ai veicoli personali rappresenta il polo spirituale, il Purusha, mentre la personalità nel suo insieme, con i suoi automatismi, e le sue vibrazioni più lente e basse, rappresenta il polo della materia (Prakriti). Per questo solo quando avremo raggiunto un certo grado di liberazione e di disidentificazione del centro di coscienza delle energie dei veicoli personali, potremo "unificare i due poli", poichè avremo un punto di appoggio, un filo di Arianna, che ci dà la possibilità di districarci dalle false identificazioni, di superare i condizionamenti che per tanto tempo hanno mosso le energie che formano la nostra personalità.

Occorre però dire che quest'opera di disidentificazione è molto più complessa di quello che si creda poichè non si tratta solo di riuscire ad obbiettivare le tre funzioni della personalità, ma anche, e soprattutto, di riconoscere i condizionamenti, gli automatismi inconsci, illusioni nascoste, che si sono instaurati in esse da lungo tempo, e di dissolverli, risvegliandoci alla reale consapevolezza di noi stessi.

Con un certo allenamento ci si può disidentificare da ciò che appare nel campo della nostra coscienza ordinaria. Ma come fare per disidentificarci da impulsi, tendenze, abitudini che hanno radici nell'inconscio?

L'unico aiuto è, all'inizio, proprio quello di creare una dualità nella coscienza (se già non è emersa naturalmente), cercando di osservarsi con obbiettività e distacco.

E' la formazione del senso dello Spettatore, del Testimone interiore, che è un vero e proprio stadio di sviluppo della coscienza, che a poco a poco emerge dalla nebbia, dalla molteplicità degli elementi psichici ed inconsci, e che rimane saldo, libero, immune da tutte le influenze inferiori.

Questa coscienza dello Spettatore, a mano a mano che diventa più chiara, più forte, più continua, acquista il potere di fare affiorare anche i contenuti inconsci. Infatti essi di solito non riescono a venire in superficie, ad entrare nel campo del cosciente, proprio perchè l'io personali vi si oppone e li nega creando una resistenza. Ma se noi sappiamo evocare il distacco e l'imparzialità di colui che osserva, se sappiamo focalizzarci in quel centro di coscienza, che prima abbiamo descritto, e che è solo lo Spettatore distaccato e obbiettivo, allora questa resistenza cade, e ciò che prima era inconscio può affiorare ed entrare nel campo del cosciente.

Pertanto dobbiamo cominciare con il concentrare tutti i nostri sforzi per riuscire a raggiungere l'atteggiamento dello Spettatore, perchè solo dopo averlo conseguito, potremo iniziare un lavoro serio, produttivo ed efficace di sviluppo della coscienza.

Una pratica molto utile a tale scopo è quella detta dell'esame serale, che consiste in un'analisi degli avvenimenti, degli stati d'animo e dei pensieri avuti durante la giornata, da farsi la sera prima di coricarsi, dopo essersi messi in un atteggiamento interiore di calma, di raccoglimento e di rilasciamento, cercando di obbiettivare se stessi, e di osservarsi ed analizzarsi, come se si trattasse di un'altra persona. Se si pratica con costanza e per un lungo periodo di tempo questo esame serale, si acquisterà l'abitudine ad osservarsi con distacco, e gradatamente si formerà in noi un punto focale nella coscienza, dove spontaneamente potremo "salire" ogniqualvolta vorremo analizzarci ed osservarci. Questo punto focale è appunto l'atteggiamento dello Spettatore.

Ci accorgeremo allora che in noi esiste realmente la capacità di "salire" al disopra dell'io ordinario, di obbiettivarci e di saperci vedere con distacco ed imparzialità.

Ci accorgeremo che lo Spettatore in noi, all'inizio silenzioso ed immobile, a poco a poco diverrà fonte di Luce e di Saggezza, ed instaurerà un conflitto dapprima e poi un "dialogo" con la personalità per farla uscire dalle sue illusorie identificazioni e guidarla verso più reali raggiungimenti.

Questo rapporto dialettico fra un polo superiore ed un polo inferiore interni è una delle tanti fasi di sviluppo che attraversa l'uomo nel suo cammino verso l'autorelizzazione, ed il necessario periodo di dualismo, che aiuta a superare l'immersione nella materia e l'identificazione con la forma.

La meta e ricomporre l'Unità perduta, ritrovare la totalità del nostro essere che abbiamo dimenticata divenendo inconsci della reale essenza di noi stessi.

La dualità dell'io è in realtà solo apparente, ma segna una fase di sviluppo indispensabile per passare dall'incoscienza al risveglio della coscienza. Il conflitto, l'attrito, il rapporto dialettico e la disidentificazione, sono le varie tappe dell'interrelazione tra l'io personale e l'Io spirituale che infine si risolvono nella fondamentale unicità dell'uomo.

La dualità della nostra natura è simile ad una crocifissione, è una lotta dolorosa che ripete in noi, microcosmo, un dramma universale, che si svolge anche a livello macrocosmico: la crocifissione dello Spirito con la Materia. Infatti la croce è un simbolo umano e cosmico che vuole appunto esprimere l'incontro delle due energie universali che provengono dall'Uno, che devono incrociarsi e poi unificarsi, in un punto centrale.

Salire sulla Croce, come il Cristo, ed accettare il sacrificio di ciò che è inferiore, per far scaturire il superiore simboleggia il superamento della dualità per mezzo della sublimazione e della trasformazione della forma, ed il ritrovamento dell'unità perduta.


1) Vi sentite sempre in armonia con voi stessi, oppure vi accade a volte di essere in conflitto, come se ci fossero in voi due volontà opposte, ma ugualmente forti?

2) Sentite a volte, come se dietro il vostro "io" ordinario vi fosse un'altra persona, un'altra presenza velata, nebulosa, ma tuttavia viva e reale?

3) Siete capaci di "vedervi" con distacco e imparzialità, e di sentirvi "spettatori" di voi stessi?

4) Vi accade in momenti di emergenza, o di estrema necessità di sentire affiorare improvvisamente dentro di voi un'altra presenza, un'altro "io", dotato di forza di saggezza, di coraggio, di lucidità?

5) In quali occasioni vi sentite in perfetta armonia con voi stessi, con un senso di "unità di proposito", come se tutte le vostre energie, tutte le vostre aspirazioni convergessero in un'unica direzione?

6) Pensate di saper distinguere le aspirazioni, le tendenze, le qualità. e le energie che provengono dall'io personale, da quelle invece che provengono da una parte più alta di voi stessi?

7) Se pensate al vostro Sè lo sentite esterno a voi, come qualche cosa da raggiungere, oppure lo sentite profondamente celato in voi stessi, come un "quid" da evocare e risvegliare?

8) Vi accade di sentire come "un dialogo" interno fra un io più limitato ed egoistico, ed un io più ampio, luminoso e saggio?


III ESERCIZIO: Disidentificazione dal corpo fisico


1) Sedetevi in un posto tranquillo e comodo e cercate di rilassarvi completamente.

2) Dopo aver raggiunto un risultato soddisfacente raccogliete la coscienza all'interno di voi stessi.

3) Cercate di sentire la vita, la realtà, le energie del vostro mondo interno, indipendentemente dalle condizioni del vostro corpo fisico.

4) Cercate ora di considerare il corpo fisico, in quel momento completamente rilassato, solo come uno strumento che l'io usa ed abita.

5) Poi affermate, silenziosamente, ma con forza e convinzione:


"IO HA UN CORPO FISICO MA NON SONO IL MIO CORPO.

ESSO E' UNO STRUMENTO IN CUI LA COSCIENZA ABITA.

ESSO E' SOLO UN VEICOLO DI ESPRESSIONE DEL MIO VERO IO".


N.B. Fate questo esercizio ogni giorno, per almeno 15 giorni, per la durata di 15 minuti ogni mattina.

Abituatevi poi, anche durante la giornata a sentire il corpo fisico, come uno strumento, una macchina che voi usate e tenete con ogni cura, ma che è solo un mezzo di espressione della coscienza dell'Io.



CAPITOLO IV


LO SPETTATORE INTERIORE


"Saggio tra gli uomini e devoto nel compiere ogni azione è colui che sa vedere l'inazione nell'azione e l'azione nell'inazione". (Bhagavad Gita, Canto IV.18)


Quando avremo evocato in noi il centro di coscienza distaccato e disidentificato dai veicoli personali, potremo tentare l'unificazione dei due poli della nostra natura umana e divina. E' quindi necessario che ci soffermiamo a descrivere, sia pure brevemente, i metodi e gli atteggiamenti adatti a creare questo centro di coscienza. che è chiamato con tanti nomi: lo Spettatore, l'Osservatore silenzioso, il Testimone interiore, ma che in sostanza è un livello di coscienza, che potremo definire (come già detto) "Il punto di mezzo fra personalità e Anima".

Da tale "punto di mezzo" possiamo osservare con distacco e spassionatezza i movimenti e le reazioni delle tre funzioni personali, e vedere come essi appartengono al piano del relativo; ma possiamo soprattutto cercare di far scaturire da noi stessi la capacità di unificazione, di integrazione e di sintesi.

La possibilità di "salire al di sopra del conflitto" è insita in ogni uomo, poichè, come dice Jung, "psicologicamente parlando, siamo nel contempo la valle ed il monte".

Accade infatti molte volte che quando siamo presi da una forte emozione, da un turbamento, da una sofferenza, sentiamo contemporaneamente allo stato emotivo, anche un'altra consapevolezza, una presenza, capace di osservare e obbiettivare quel particolare stato d'animo.

Quest'altra consapevolezza ci sembra stranamente, pur essendo immobile, distaccata ed incapace, in un certo senso, di intervenire più reale e più vicina al nostro vero essere dell'altra parte di noi stessi, immersa nell'agitazione, nella sofferenza, nel conflitto.

Se prestassimo maggior attenzione agli affioramenti subitanei e sporadici di tale centro interiore, distaccato e calmo, simile all'occhio del ciclone, e se lo coltivassimo e lo rafforzassimo con l'esercizio e la concentrazione, esso diverrebbe a poco a poco più frequente, più continuo, più chiaro e più forte, sino a divenire saldo e stabile.

Esso è il "Testimone interiore", come la chiama Sri Aurobindo, lo Spettatore silenzioso, seduto sul trono fra le sopracciglia, che deve essere evocato, prima o poi, perchè noi possiamo cominciare a liberarci dalla prigionia delle false ed illusorie identificazioni, che ci fanno vivere come automi senza luce e senza consapevolezza trascinati dalle passioni e dagli istinti, eternamente in conflitto tra i due poli, deboli e incapaci di spezzare il circolo vizioso creato da noi stessi.

Evocare lo Spettatore interiore significa salire al disopra della dualità e in tal modo ritrovare l'unità.

Per arrivare a ciò occorre per prima cosa esercitarsi alla disidentificazione e al distacco, requisiti necessari per ritrovare il centro.

La qualità del distacco è in realtà un risultato della disidentificazione, ed implica la liberazione dai condizionamenti, dalle abitudini illusorie create dagli aspetti inferiori della personalità, e soprattutto implica la comprensione della loro vera funzione. Talvolta i tra aspetti, o corpi della personalità sono chiamati anche veicoli di espressione, e questa definizione ci può aiutare a capire la loro vera funzione.

Infatti essi dovrebbero servire ad esprimere i tre aspetti corrispondenti del Sè: Volontà, Amore e Intelligenza Creativa nel piano della manifestazione. Questo è il loro vero ed unico scopo. Invece accade, per lo stato di oscurità e di incoscienza in cui l'uomo si trova all'inizio del cammino evolutivo, che essi invece di esprimere, nascondano, distorcano ed utilizzino in maniera sbagliata le energie spirituali di cui sono canali, ed ecco perchè la personalità è considerata come la maschera e non il mezzo di espressione del vero Io. La vera funzione della personalità, composta dai tre veicoli non sarebbe quella di alterare, di mascherare, di creare ostacoli alla nostra reale essenza, ma quella di renderla nota, comprensibile, utile, sul piano umano.

Infatti la personalità non è altro che un mezzo di contatto, di espressione, di traduzione in termini umani e accessibili delle nostre energie più alte. La personalità, invero, nell'esprimerle, le riduce, le adatta, le trasforma, proprio come farebbe un trasformatore elettrico. La coscienza dell'io, come abbiamo già detto, è identificata con lo strumento di espressione e con le energie che esso manifesta e non con la sorgente di tali energie, come sarebbe giusto. Questo è l'errore. Occorre quindi che noi liberiamo la coscienza dell'io da questa falsa identificazione, passando dapprima attraverso la fase della negazione, della disidentificazione, e poi attraverso la fase in cui si trova il punto di appoggio, il centro saldo della coscienza, su cui far leva. E questo centro è l'atteggiamento dello Spettatore.

Vediamo ora come si può attuare praticamente la fase della disidentificazione.

Vi sono varie fasi, o gradini, che bisogna necessariamente attraversare per poter giungere alla vera disidentificazione che consiste nella emersione nella coscienza di quel centro capace di obbiettivare tutto ciò che appartiene al mondo psichico, e cioè tutte quelle reazioni emotive, movimenti psichici ecc. che sono frutto di illusione, di condizionamento, di falsa coscienza.

Queste fasi sono quattro:


1) Immobilità interiore e rilasciamento di tutti e tre i veicoli.

2) Ascolto e aperture.

3) Innalzamento della coscienza, liberazione dalla falsa identificazione, obbiettivazione.

4) Ritrovamento del centro di coscienza libero e distaccato e identificazione con esso.


1) Che cosa vuol dire immobilità interiore?

Vuol dire mantenere le energie dei tre veicoli personali in uno stato di quiete e di stabilità, mentre il centro di coscienza emerge.

Si può acquistare una certa capacità di entrare in questo stato di immobilità interiore, gradatamente, allenandosi con una serie di esercizi pratici, sia per quello che riguarda il corpo fisico, che per quello che riguarda gli altri due veicoli: l'emotivo e il mentale.

Per il corpo fisico vi sono gli esercizi di rilasciamento che tendono a far raggiungere uno stato di distensione completa.

Per il corpo emotivo vi sono gli esercizi che portano all'acquietamento emozionale, che è, in un certo senso, l'equivalente del rilasciamento fisico sul piano emotivo.

La natura emozionale deve raggiungere una condizione di calma, di pace, e di stabilità, e vi sono pratiche ed allenamenti adatti a tale scopo.

Per quello che riguarda il veicolo mentale, esso dovrebbe essere mantenuto in uno stato di silenzio, che non è torpore o vuoto, ma uno stato di ricettività vigile, una quiete lucida ed attenta. La mente deve svuotarsi dei suoi contenuti abituali e caotici, ma poi riempirsi di consapevolezza, di lucidità e di obbiettivo distacco.

2) Se noi riusciamo a raggiungere lo stato di quiete e di immobilità interiore dei tre veicoli personali, automaticamente si produce una apertura verso un livello di coscienza che prima non potevamo percepire, sopraffatti come eravamo dalle mille e discordanti voci delle sensazioni fisiche, delle emozioni e dei pensieri delle mente inferiore... Infatti la quiete e il rilassamento interiori, oltre a servire a creare una zona neutra di pace, di immobilità in ogni veicolo della personalità, danno la possibilità di riconoscere e di sentire qualche cosa che può emergere e farsi udire solo nel silenzio della personalità.

La pace interiore infatti è chiamata anche il "silenzio che risuona", così come la nota del Sè è chiamata "la Voce del Silenzio", proprio perchè, solo quando le voci dell'io inferiore sono messe a tacere, possiamo udire la vera voce, quella della nostra natura divina.

Quindi, se noi riusciamo a raggiungere uno stato di quiete soggettiva, ci verrà spontaneo di metterci in un atteggiamento di ascolto, di ricettività; atteggiamento che costituisce il secondo gradino verso l'evocazione della coscienza dello Spettatore interiore.

3) Stando così nel silenzio e nella quiete, a poco a poco, spontaneamente, il livello della nostra coscienza si eleverà, poichè per un'innata legge interiore "la luce ruota per legge propria, se non s'interrompe il suo stato consueto", come dice il Maestro Lu-Tzu. In altre parole, basterebbe togliere gli ostacoli, le false identificazioni, le illusioni, per far emergere la realtà, che è sempre presente dentro di noi, inudita, non riconosciuta e soffocata dalla nostra incoscienza.

In tal modo inavvertitamente tutto ciò con cui prima ci identificavamo e ci sembrava tanto importante e reale, ci apparirà relativo, non essenziale e privo di un autentico valore.

Ci accorgeremo che i nostri sentimenti, le nostre emozioni, i nostri desideri, erano in realtà abitudini automatiche, che le nostre opinioni intellettuali, erano condizionamenti mentali, e che persino alcuni nostri ideali erano basati su illusioni...

Tuttavia, questo riconoscimento non ci farà cadere in uno stato di depressione o di tristezza, ma ci darà un senso di libertà, di forza, di lucidità, poichè nello stesso momento in cui cade la falsa coscienza e ci disidentifichiamo dai suoi contenuti, comincia a emergere qualche cosa d'altro, un centro di consapevolezza nuovo e luminoso, che pur non essendo pienamente realizzato, è capace però di guardare con distacco ed abbiettività le reazioni dei veicoli personali e di rimanere lucido, sereno e calmo.

4) Questa fase è quella in cui noi riusciamo a ritrovare, ogniqualvolta lo vogliamo, il centro di coscienza libero e distaccato: l'atteggiamento dello Spettatore, completamente disidentificato dalle energie personali, nostro aiuto interno nei momenti di necessità e di emergenza che ci dà la capacità di osservarci, di non farci cadere di nuovo nell'illusione e nei condizionamenti, che ci fa sentire sereni e calmi anche in mezzo alle prove e alle battaglie più ardue che ci fa superare la paura, la sfiducia e il dubbio, che ci dà la capacità di risolvere ogni problema superandolo, poichè esso è come il vertice di un triangolo, la cui base è formata dalla linea che congiunge i due poli della natura umana duale.

Avere la capacità di evocare la coscienza dello Spettatore in noi, quando occorre, rappresenta un importante gradino sulla via evolutiva, ed è una meta che dobbiamo con ogni sforzo ed allenamento tentare di raggiungere, se vogliamo realizzare la nostra vera natura e sviluppare la coscienza del Sè.

A questo punto occorre sottolineare un'importante verità che molti aspiranti, in buona fede, ignorano, o vogliono ignorare: nulla si raggiunge senza sforzo, senza allenamento, senza l'applicazione della volontà. E' illusione credere che basti l'aspirazione per ottenere una qualsiasi realizzazione interiore.

Dice Sri Aurobindo che lo sforzo personale è indispensabile all'inizio. Ecco le sue parole: "Bisogna cominciare con uno sforzo di superamento di se stessi, che permetta almeno un contatto con il Divino... finchè il contatto con il Divino non è stabilito in certo grado, finchè non esista una certa identità e continuità, lo sforzo personale, dovrà normalmente prevalere.

Quindi non possiamo esimerci dal passare attraverso un periodo di disciplina e di allenamento volontario, perchè occorre la volontà per afferrare le energie dell'egoismo e volgerle verso la luce e la verità, per invertire e capovolgere la direzione che esse hanno erroneamente seguita per tanto tempo, per spezzare l'automatismo inconscio e le abitudini false e illusorie.

Il primo passo è, come già detto, la liberazione della coscienza dalle false identificazioni, la disidentificazione e il ritrovamento di un centro di coscienza libero, calmo e distaccato, messaggero del Sè, suo testimone, che a poco a poco porterà verso un'ulteriore e più alta rivelazione.

Dobbiamo quindi esercitarci con pazienza e perseveranza alla disidentificazione, usando tutte quelle pratiche atte a favorirla. Abbiamo accennato nel precedente capitolo alla pratica dell'esame serale, molto utile a tale scopo. Essa dovrebbe essere seguita ogni giorno con costanza per poter produrre degli effetti sensibili. Inoltre dovremmo praticare ogni mattina l'esercizio di disidentificazione dai veicoli personali, che produrrà lentamente un riorientamento delle nostre energie, e lo spostamento della focalizzazione del nostro io sempre più verso l'interno e verso l'alto, per dir così, e cioè sempre più verso la realtà della nostra natura, che è il Sè. 


1) Sapete osservarvi con distacco senza reazioni emotive?

2) Sapete essere obbiettivo ed imparziale anche con voi stesso?

3) Confondete l'atteggiamento dello Spettatore con un tentativo di evasione dalla sofferenza, o con la ricerca di un rifugio dalle difficoltà ed i problemi della vita?

4) Sapete essere distaccato interiormente, eppure agire con prontezza quando è necessario?

5) Sapete amare, soffrire, gioire, partecipare alla vita, rimanendo libero interiormente?

6) Sapreste comprendere il vero significato delle parole della Bhagavad Gita che esortano a compiere ogni azione vedendo "l'azione nell'inazione e l'inazione nell'azione?"

7) Quale è in voi il principale ostacolo a raggiungere l'atteggiamento dello Spettatore:

a) l'emotività?

b) il criticismo?

c) l'attaccamento?

d) la suscettibilità?

e) l'orgoglio?

O quale altro non presente nell'elenco?

8) Confondete la polarità mentale con l'atteggiamento dello Spettatore?

9) Confondete forse l'incapacità ad amare e ad avere compassione con il distacco dello Spettatore?

10) Credete che l'indifferenza dello Spettatore sia freddezza ed aridità di cuore?


IV ESERCIZIO: Disidentificazione dal corpo emotivo


1) Preparatevi per l'esercizio come le altre volte.

2) Dopo aver raggiunto un buon rilassamento ed una soddisfacente interiorizzazione, disidentificatevi dal corpo fisico, come suggerito nell'esercizio N. 3.

3) Ora calmate il corpo emotivo se ne avete bisogno e poi cercate di salire al di sopra di esso dicendo a voi stesso.


"IO HO UN CORPO EMOTIVO, MA NONSONO IL MIO CORPO EMOTIVO.

ESSO E' SOLO UNO STRUMENTO DEL SE'CHE DEVE SERVIRE AD ESPRIMEREI SENTIMENTI, GLI AFFETTI, LA SENSIBILITA'.

IO HO UN CORPO EMOTIVO, MA IO NON SONO IL MIO CORPO EMOTIVO".


4) Ripetete questo esercizio ogni giorno, fino a che riuscirete a sentire o nel momento stesso dell'esercizio, o più tardi durante la giornata la capacità di disidentificarvi dai vostri stati emozionali e di vederli come dall'alto con serenità e distacco, rimanendo imperturbabile e obbiettivo.


CAPITOLO V


RICONOSCIMENTO DEGLI OSTACOLI


"Il centro di tutte le resistenze è l'egoismo. Dobbiamo scovarlo individuarlo sotto qualsiasi travestimento si nasconda e portarlo alla luce per distruggerlo".


Il tentativo di raggiungere la coscienza dello spettatore interiore e la disidentificazione dalla personalità, spesso ci mettono di fronte a molti ostacoli interni, a molte difficoltà e problemi di cui non eravamo consapevoli prima e che non siamo in grado di risolvere con la sola volontà e con l'aspirazione, sia pure ardente e sincera.

Non sono pochi coloro che davanti a tali ostacoli si scoraggiano e sentono diminuire il loro slancio spirituale verso l'autorealizzazione. Non c'è casa più sbagliata dello scoraggiamento, che, di per se stesso, costituisca già un ostacolo, anzi uno dei maggiori, sulla via dello sviluppo della coscienza.

Esaminiamo allora per primo proprio l'ostacolo dello scoraggiamento e cerchiamo di capire da che cosa esso sia originato.

Le persone che aspirano ad autorealizzarsi potrebbero essere divise in due categorie principali:


1) Coloro che iniziano il cammino con grande slancio e vivo entusiasmo, senza però valutare a pieno la portata del compito che si sono prefissi e senza un bagaglio adeguato di conoscenza e di forza di volontà. Essi sono gli emotivi.

Sinceri e ferventi nella loro aspirazione: tuttavia facilmente si deludono e si scoraggiano di fronte alle difficoltà, poichè non sono agguerriti per superarle.

2) Coloro che sono spinti, consapevolmente o no, da un movente non completamente puro, e cioè o dalla ambizione o dal desiderio di autoaffermarsi, invece che essere mossi dall'aspirazione autentica e spontanea a ritrovare il centro di se stessi a la vera coscienza.

Gli appartenenti ad ambedue queste categorie difficilmente potranno raggiungere la meta e sono condannati al fallimento, a meno che non prendano coscienza della errata impostazione della loro ricerca interiore.

Chi vuole realmente raggiungere la realizzazione del Sè e risvegliare effettivamente la coscienza reale, deve stare molto attento a non lasciarsi andare all'uno o all'altro dei due atteggiamento sopradescritti, e deve continuare a stare in guardia per sorvegliare il proprio movente, la propria aspirazione, coltivando soprattutto il giusto senso delle proporzioni, per poter saggiamente valutare sia la meta da raggiungere, sia i mezzi che ha per conquistarla.

I fallimenti e le delusioni derivano proprio dal non saper riconoscere le proprie reali possibilità, dal non sapere prevedere le difficoltà e gli eventuali ostacoli, ed anche dal non saper scoprire quali sono i vari gradini che debbono necessariamente esser superati prima di raggiungere la meta.

Questo atteggiamento saggio, equilibrato e consapevole non diminuisce la forza dell'aspirazione, ma anzi rende più efficace e più illuminata, ed è la prova evidente dell'effettiva maturità interiore, la quale sola rende pronti ad iniziare il cammino arduo, ma luminoso dello sviluppo della coscienza.

Il generale preveggente e saggio fa il piano prima di iniziare la battaglia e con acuto e prudente potere di previsione immagina i pericoli, le difficoltà, i tranelli che potrebbe incontrare, valuta le forze contro cui dovrà combattere, e non abbandona ad una illusione di facile vittoria.

Così noi, prima di accingerci all'opera di trasformazione delle energie della nostra personalità in coscienza, opera che ha i suoi momenti di lotta, di pericolo e di crisi, dobbiamo saper prevedere quali potranno essere le varie fasi di questo lavoro, di questa vera e propria battaglia, disseminata di ostacoli, di insidie, e di illusioni, che richiedono coraggio, forza e saldezza interiore.

Come Arjuna nella Bhagavad-Gita deve combattere la sua simbolica battaglia contro i suoi stessi consenguinei, così l'aspirante, se vuole raggiungere la realizzazione del vero Sè, deve combattere contro le forze della personalità che, essendosi stabilizzate su di una vibrazione inferiore si dimostrano nemiche ed ostili.

E con queste parole che siamo venuti a parlare degli ostacoli che si frappongono fra la nostra aspirazione e la meta.

Abbiamo detto che le forze della personalità si sono stabilizzate su di una vibrazione inferiore.

Che cosa vogliono dire esattamente queste parole?

Vogliono dire che le energie che compongono i tre veicoli della personalità hanno perso l'abitudine di vibrare secondo un certa lunghezza d'onda, poichè non essendo ancora risvegliata la coscienza, esse reagiscono automaticamente agli stimoli che ricevono dall'esterno.

Abbiamo già avuto occasione di dire che in realtà la personalità è costituita da un insieme di automatismi e di condizionamenti, che sono molti difficili da superare.

Quando noi tentiamo di disidentificarci dai veicoli personali e ci focalizziamo nell'atteggiamento dello Spettatore, all'inizio, siamo impotenti contro questi automatismi ed è molto arduo interromperli per far loro cambiare direzione, per la semplice ragione che la loro meccanicità ha origine nell'inconscio.

I principali ostacoli quindi sono creati proprio da questa resistenza che oppongono le energie dei veicoli inferiori, abituati a seguire un certo ritmo condizionato, ritmo che potremmo chiamare "involutivo", e che è pertanto in opposizione alla coscienza in via di risveglio, che invece ha un ritmo "evolutivo".

Ciò produce quella che Sri Aurobindo chiama "confusione funzionale", e cioè incapacità ad utilizzare i veicoli personali secondo la loro vera funzione, da cui ne conseguono errori, conflitti e sofferenza.

A questo punto viene spontanea una domanda: "Come si è potuta produrre questa scissione, questo dualismo, se in realtà tutto è composto della stessa sostanza, della stessa energia, e de di fatto dietro alla diversità vi è la Vita Una?"

Spirito e Materia, dicono le dottrine esoteriche, sono una cosa sola, tuttavia ci appaiono separati ed opposti. Perchè?

Perchè, pur essendo Spirito e Materia due aspetti dell'Uno, essi sono diversi, come possono esserlo i due poli di un magnete: attivo l'uno, passivo l'altro. Infatti l'Assoluto è "... nello stesso tempo attivo e passivo, pura essenza di Spirito nello stato assoluto e nel riposo, pura materia allo stato finito e condizionato" (Da "Lettere dei Mahatmas, Lettera XI).

Quindi Spirito e Materia sono i due poli dell'Uno manifestato, ma pur essendo ambedue eterni, senza principio, pur essendo ambedue energia, vita, hanno in sè una distinzione, e questa distinzione sta nell'aspetto.

L'aspetto dello Spirito è l'immobilità, la calma, il riposo, poichè Esso vibra ad una velocità così alta da apparire nella quiete assoluta, mentre l'aspetto della Materia è una vibrante a velocità diverse e molto più lente, creando in tal modo diversi livelli o piani, e diverse forme, che sono in continuo movimento e cambiamento.

Tornando ora ai veicoli della personalità, possiamo constatare e vedere che, pur essendo anch'essi composti di energie, e quindi della stessa sostanza dello Spirito, sono da considerarsi "materia", poichè vibrano ad una velocità lenta e bassa.

Noi dobbiamo cercare di elevare le vibrazioni della personalità sino a farla sintonizzare con le vibrazioni del Sè. che rappresenta il polo positivo dell'uomo, e quindi l'aspetto Spirito.

E' necessario aprire ora una breve parentesi per accennare alle implicazioni che derivano dal fatto che le energie dei veicoli personali vibrano ad un livello basso.

Oltre alla confusione funzionale, di cui abbiamo già parlato, la vibrazione bassa produce quello che noi abbiamo chiamato errore, male, qualità negativa...

Ad ogni modo la realtà è che la stessa energia che a basso livello vibratorio si manifesta come qualità negativa, se è portata ad una frequenza vibratoria più alta si trasforma in qualità positiva. Questa è una legge.

Ad esempio la combattività, l'ira, l'aggressività se sono sublimate divengono forza, potere, volontà a livello spirituale. Il criticismo si trasforma in discernimento.

L'amore egoistico si tramuta in Amore Universale, e così via.

Il segreto della trasmutazione e della sublimazione delle energie è nascosto proprio in questa verità: che ogni aspetto negativo dell'uomo è esattamente il rovescio di un aspetto positivo. E' quella che Sri Aurobindo chiama "la metà oscura della Verità".

Se vediamo i nostri difetti, il male che è in noi sotto questo punto di vista, non ci sembreranno più insuperabili, ma anzi contenenti essi stessi la chiave per essere trasformati in aspetti positivi e per divenire gradini per salire.

Gli antichi alchimisti affermano "come in alto, così in basso; come in basso così in alto", dimostravano di aver intuito l'esistenza di una sostanziale unità di tutto, unità che, però, deve essere scoperta e portata in manifestazione e, in un certo senso, ri-creata per mezzo della trasformazione della materia.

Il simbolo degli alchimisti era l'ouroboros, e cioè il serpente, che si morde la cosa.

Simbolo che voleva significare l'opera di trasformazione della materia grezza in oro puro, ossia lo Spirito. Il serpente che si morde la coda rappresenta un circolo, in cui principio e fine si toccano, poichè raffigurano i due poli della realtà, che derivano dalla stessa fonte. Dice Jung: "Gli alchimisti non fanno che ripetere che l'opus sorge da una cosa e riconduce nuovamente all'Uno, e che dunque, in un certo senso è un circuito, come un drago che si morde la coda" (Da Psicologia e Alchimia pag. 320).

Ecco dunque confermata la necessità della purificazione e della sublimazione delle sostanze che compongono la personalità, che sono state sempre consigliate da tutte le scuole iniziatiche attraverso i tempi e che non consistono in un arido e duro ascetismo o in una repressione degli istinti e delle esigenze della personalità, ma in un riconoscimento prima della vera natura delle energie che sono in noi, e poi in un ri-orientamento ed incanalamento di esse verso l'origine da cui sono scaturite.

Dice Sri Aurobindo: "Ogni parte della nostra natura non ha come meta finale qualche cosa che le sia totalmente estraneo, da cui deriva la necessità della sua estinzione, ma qualcosa di supremo in cui trascende e ritrova la sua stessa assolutezza, il suo infinito e la sua armonia, al di là di ogni limite umano". (Da "la sintesi dello Yoga" II, pag, 14).

L'ostacolo principale quindi è il mantenere separato ciò che in realtà è unito dall'uguaglianza dell'origine, e quello di voler ignorare questa uguaglianza ed è il non saper trovare il ponte per superare la divisione, la scissione che è creata in noi.

"La divisione ... la coscienza imperfetta, il procedere barcollando, la lotta di un sè affermantesi separatamente, sono la causa effettiva dell'ignoranza, della sofferenza di questo mondo". (Sri Aurobindo: "L'enigma del mondo").

La separazione è il vero male, ed è quella che crea l'egoismo fonte di ogni errore e di ogni conflitto, e certamente non a caso la parola "diavolo" (che deriva dal greco dia-ballo) significa in realtà "colui che divide, che separa".

L'unica fonte di dolore, di oscurità, di illusione è l'allontanamento, la separazione dell'Uno, la grande eresia, ed è il mantenere in vita, con ostinazione e pervicacia questa eresia, voltando le spalle alla Luce dello Spirito che è in noi, che è parte di noi. Poichè è questo che accade all'uomo che, immerso nella sua incoscienza si è costruito un io separato ed illusorio e si ribella contro la sua stessa realtà spirituale ed eterna.

Come possiamo dunque superare questo ostacolo basilare, da cui tutti gli altri derivano?

Perchè non sono sufficienti, come abbiamo detto, per vincerlo la volontà e l'aspirazione soltanto?

Se noi ci rendiamo conto che l'ostacolo sopradescritto è stato provocato da uno stato di incoscienza e di oscurità, che l'ha fatto trasformare in un condizionamento, in un automatismo inconscio, possiamo ben comprendere come sia in effetti difficile liberarsene, dissolverlo, usando mezzi come la volontà cosciente, o l'aspirazione perchè essi sono i mezzi che agiscono dall'esterno e non giungono in profondità.

"...ogni automatismo reagisce da se stesso contro le modificazioni che la volontà cercherebbe di far subire alla direzione che esso imprime alla vita; l'inerzia che è occorsa sormontare per stabilirlo resta in lui, e lo mantiene" (Chevrier: "Dottrina Occulta", pag. 25).

E' quindi la forza d'inerzia (che è insita in ogni sostanza) che si oppone allo sforzo di superare un'abitudine, un'automatismo e che costituisce una resistenza insormontabile. E' una legge di natura.

Occorre pertanto procedere in un altro modo, non direttamente, ma indirettamente, con un lavoro interiore, lento e graduale di maturazione, di sviluppo della coscienza che a poco a poco riuscirà a sciogliere, per dir così, quel condizionamento, a liberare le energie che sono assorbite in esso e a dirigerle nella direzione giusta.

"L'Upanishad ci dice che "l'Esistente in Sè" ha disposto le porte dell'Anima in modo tale che non possono aprirsi che dall'interno all'esterno... (Da La Sintesi dello Yoga II, pag. 24 di Sri Aurobindo).

Che cosa vogliono dire queste parole?

Vogliono dire che per raggiungere la vera coscienza non si può cominciare dall'esterno, con una decisione razionale o volitiva, ma si deve cominciare dall'interno, con un lavoro di interiorizzazione, che ha inizio con l'osservazione di sè, con la conoscenza del mondo psichico, e che poi continua con la disidentificazione graduale dai veicoli personali, con la liberazione dei loro condizionamenti, fino a far emergere il centro di coscienza, che è il riflesso del vero Io, del Sè divino in noi. Ed allora soltanto si supera la divisione, la dualità e le energie personali ritrovano la loro giusta funzione.

"Se scopriamo questo Divino dentro di noi, se arriviamo a riconoscerci in Lui, nella Sua essenza, nel Suo essere, avremo trovata la porta della liberazione..." (Sri Aurobindo).

E' necessario quindi un periodo di preparazione che inizia con l'auto-analisi per riconoscere l'esistenza degli ostacoli, e che ci porta ad un graduale e sempre più cosciente interiorizzazione, e poi in un secondo periodo di effettiva purificazione e trasformazione delle sostanze che compongono i nostri veicoli personali, per produrre un riorientamento dapprima, e una trasformazione poi di esse, in tal modo vi sarà una sintonizzazione delle energie inferiori con le energie superiori del Sè, e scomparirà la scissione e la separazione interiore.

Questo è il vero yoga, l'unione dei due poli per mezzo del ponte interiore della coscienza.


1) Tendete a scoraggiarvi se non riuscite a registrare rapidamente dei risultati dei vostri esercizi?

2) A quale categoria di persone pensate di appartenere fra le due elencate qui di seguito?

a) Coloro che iniziano il cammino con grande slancio e vivo entusiasmo, senza però valutare a pieno la portata del compito che si sono prefissi e senza un bagaglio adeguato di conoscenza e di forza di volontà. Essi sono gli emotivi.

b) Coloro che sono spinti, consapevolmente o no, da un movente non completamente puro, e cioè o dalla ambizione o dal desiderio di autoaffermarsi, invece che essere mossi dall'aspirazione autentica e spontanea a ritrovare il centro di se stessi e la vera coscienza.

3) Oppure a nessuna delle due, poichè un'altra è la causa dell'eventuale scoraggiamento?

4) Credere che il movente che vi spinge a voler realizzare la vera coscienza sia puro e sincero?

5) Potreste definire il vostro movente?

6) Siete consapevoli delle difficoltà e degli ostacoli che possono presentarsi sulla via dello sviluppo della coscienza?

7) Per quello che vi riguarda voi stessi, quali ostacoli pensate che vi siano dentro di voi?

8) Quale veicolo della vostra personalità pensate che sia più condizionato, e quindi meno pronto a stabilire un nuovo ritmo di vibrazioni?

a) il mentale?

b) l'emotivo?

c) il fisico-eterico?

9) Sapete vedere in un vostro eventuale difetto, o in un vostro atteggiamento negativo la possibilità di trasformazione nella qualità superiore corrispondente?


V ESERCIZIO: Disidentificazione della mente


1) Preparatevi all'esercizio come avete fatto le altre volte.

2) Disidentificatevi dal corpo fisico.

3) Disidentificatevi dal corpo emotivo.

4) Cercate di polarizzarvi nella mente e poi cercate di allontanare tutti i pensieri, tutti i movimenti mentali, obbiettivandoli, ed osservandoli come oggetti esterni.

5) Cercate di sentire che voi siete il "Pensatore" e non i pensieri.

6) Poi dite sottovoce, oppure inudibilmente:



"IO HO UNA MENTE, MA NON SONO LA MIA MENTE. LA MENTE E' SOLO UNO STRUMENTO, CHE SERVE AL VERO IO PER FORMULARE CONCETTI E RAGIONAMENTI, PER CONOSCERE E PENSARE, MA NON E'

L'IO.

I PENSIERI SONO IL PRODOTTO DI QUESTO STRUMENTO, MA NON SONO IL PENSATORE.

L'IO E IL PENSATORE.

IO SONO IL PENSATORE".



CAPITOLO VI


RISULTATI DELLA DISIDENTIFICAZIONE


"Noi siamo dominati da tutto ciò con cui ci identifichiamo. Possiamo dominare,

dirigere e utilizzare tutto ciò da cui ci disidentifichiamo".


La disidentificazione dai tre veicoli della personalità ed il raggiungimento dell'atteggiamento dello Spettatore portano l'uomo a poco a poco a saper vedere dietro alle apparenze i reali significati e le cause dietro agli effetti, e sviluppa la sensibilità verso le energie sottili. E ciò avviene perchè gli eventi, le forme e le manifestazioni del mondo fenomenico, osservati con distacco e con assenza di personalismo e di emotività, rivelano il loro vero significato di "simboli" del mondo del Reale. E' questa la ragione per cui la disindentificazione non fa accentuare il dualismo Spirito-Materia, anche se all'inizio sembra sottolineare la distinzione fra Sè e non-sè, ma al contrario conduce alla capacità di sintesi e al riconoscimento dell'unità fondamentale di tutte le cose.

Infatti la disidentificazione, essendo essenzialmente liberazione dalla falsa coscienza e superamento degli errori funzionali dei veicoli, produce l'emersione della "vera" coscienza, la quale rappresenta il "Figlio", partecipare nello stesso tempo della natura del Padre-Spirito e della Madre-Materia e quindi capace di riunire in sè i due aspetti.

Pertanto il primo risultato effettivo prodotto dalla disindentificazione è il risveglio dell'esigenza di un equilibrio tra vita personale e vita spirituale, equilibrio che gradualmente si può trasformare in completa adesione e simultaneità. All'inizio non è facile raggiungere tale equilibrio, ma vi è una continua oscillazione fra i due poli rappresentati dalla personalità da una parte e dal Sè dall'altra, e si alternano periodi di immersione nel mondo esteriore e periodi di ritiramento e di ricerca interiore. E' il raggiungimento dell'atteggiamento dello Spettatore che dà la capacità di mantenersi saldi al centro e poter attuare così un armonico equilibrio tra vita interiore e vita esteriore. "L'azione nell'inazione e la inazione nell'azione", come è detto nella Bhagavad Gita, è la facoltà del discepolo che ha conseguito il distacco e la disidentificazione e la cui coscienza è assisa continuamente "sul seggio dello Spettatore silenzioso".

In pratica non è sempre facile conservare la focalizzazione in quel livello e solo in rari momenti riusciamo a sentirci spettatori e a salire al di sopra della dualità e del conflitto. Questi rari momenti tuttavia sono preziosi, perchè ci danno la certezza che quel raggiungimento è possibile e ci danno la spinta per cercare di riprodurli nella nostra coscienza. Le esperienze interiori hanno questo di particolare: sono creative e dinamiche e cioè non rimangono fine a se stesse ma producono un movimento sia pure iniziale, delle energie psichiche verso la direzione impressa loro, ed in tal modo i risultati posteriori, divengono sorprendentemente più facili, più frequenti, più stabili.

Un altro effetto del raggiungimento della disidentificazione è lo sviluppo del discernimento, qualità profondamente esoterica e che è definita "la capacità di distinguere fra reale ed irreale".

Occorre avere ben chiaro in mente che cosa si intende per Reale e cosa si intende per irreale, per non ricadere nel senso di dualismo che invece cerchiamo di superare.

In effetti tutto ciò che esiste, ad ogni livello, dal più alto al più basso, è reale, in quanto è fatto dell'unica sostanza, dell'unica vita che pervade tutto il cosmo Esiste un "continuuom" di coscienza-vita a vari gradi di manifestazione, e quindi esistono, vari gradi di realtà. E' irreale invece la nostra interpretazione sbagliata, la visione limitata ed alterata, l'errore di funzione, ed è irreale non comprendere che i mezzi con cui cechiamo di conoscere la Realtà sono illusori e relativi.

Ad esempio il mondo fisico non è irreale, ma è irreale il credere che sia "tutto", che sia assoluto e che non vi sia altro significato, o altro scopo dietro la forma che quello che noi sperimentiamo con i nostri sensi fisici.



E' irreale interpretare gli eventi senza ricollegarli alle leggi universali e divine che li hanno prodotti. E' irreale vedere solo la apparenza, e non l'energia che le sta dietro. E' irreale dar credito ai nostri desideri egoistici e alle nostre emozioni personali. E' irreale chiudersi in una idea e farne un assoluto. E' irreale separare la parte del Tutto creare delle divisioni, delle scissioni, ed essere incapaci di unire e collegare. E' irreale avere fiducia completa nella nostra mente concreta e nelle sue elucubrazioni...

Il discernimento quindi ci aiuta a comprendere quando stiamo dando una falsa interpretazione ai fatti, quando stiamo assolutizzando il relativo e ci aiuta a slargare la nostra visione, ad acquistare la capacità di sintesi, oltre che quella di analisi, e ci fa riconoscere che i nostri sensi e la nostra mente non bastano per conoscere la Realtà, ma che dobbiamo sviluppare altre facoltà e altre potenzialità latenti, per giungere a scoprire la verità.

Il discernimento è simile alla saggezza e alla intuizione, o meglio, prepara la strada per lo sviluppo della saggezza e dell'intuizione, poichè, a mano a mano che tentiamo di svilupparlo, esso purifica e sublima le energie mentali e ci fa passare dall'intelletto all'intuizione.

Non vi può essere atteggiamento dello Spettatore senza discernimento, anche perchè tale qualità, all'inizio si basa sull'obbiettività e sulla personalità. Infatti non vi può essere capacità di distinguere e di discriminare, se non si sale al di sopra delle emozioni e dei personalismi e se non si mette da parte l'io inferiore egoistico.

I risultati principali della disidentificazione sono dunque:

1. L'equilibrio fra la vita interiore e la vita esteriore;

2. Il discernimento fra Reale ed irreale.

Questi risultati sono, per così dire, consequenziali, e cioè indiretti. In altre parole essi emergono come effetto naturale e spontaneo della maturazione interiore e della elevazione della coscienza prodotte dalla disidentificazione quasi a dimostrarci che la liberazione dai legami con le false identificazioni, fa prorompere nella nostra coscienza la luce, la saggezza e l'energia del Divino, perchè Esso è già in noi, ed è solo la nostra incoscienza che lo soffoca e lo nasconde. Ecco perchè è detto che "il conoscere è un ricordare", è prendere coscienza di ciò che è già in noi.

E' necessario però dire che, proprio la Realtà si manifesta a vari livelli di coscienza, non possiamo conoscerla tutta nello stesso istante, ma per gradi e per successive illuminazioni, come se noi percorressimo un simbolico sentiero di graduale risveglio, fino ad arrivare alla completa illuminazione e alla visione globale. E' come se dentro di noi vi fosse una scala da salire, una cima da raggiungere, che è il vertice della nostra coscienza individuale. Forse la sensazione di "salita" è soltanto illusoria, perchè in effetti non esiste un "alto" e un "basso" nella dimensione psichica, ma questa sensazione è un simbolo che aiuta la coscienza ad elevarsi come vibrazione.

Ecco perchè il contatto con il Supercosciente, gli attimi di autorealizzazione e di illuminazione, sono chiamati nella scuola del Maslow (eminente psicanalista americano rappresentante della scuola psicologica chiamata "Psicologia della terza forza) "esperienze delle vette" (peak experiences), proprio perchè la sensazione di ascesa è comune a tutti coloro che sono riusciti a raggiungere, sia pure solo sporadicamente, una coscienza più completa e più autentica di quella ordinaria.

Esistono quindi realmente diversi piani, o livelli, di coscienza, diversi gradi di realtà (come afferma anche Sri Aurobindo) che si risvegliano successivamente a colui che ricerca la conoscenza e la realizzazione del suo Sè Divino.

La disidentificazione dal corpo fisico e dagli altri veicoli personali, fa constatare per esperienza diretta questa "ascesa interiore" attraverso i vari gradi di coscienza, ascesa che ci conduce sulla vetta della montagna dove cvi si rivela la presenza di un centro di consapevolezza nuovo, sereno, luminoso, immobile, nel quale ci riconosciamo.

Questo ritrovamento dello Spettatore silenzioso e distaccato, che sta dentro di noi, quindi, non è solo un fatto psicologico, un accorgimento per trovare la calma, l'autocontrollo, la forza interiore per affrontare le prove della vita, ma una effettiva realizzazione, che porta come conseguenza una maturazione, uno sviluppo della coscienza, e soprattutto la certezza che esiste una Realtà che si può raggiungere ora subito, mentre ancora siamo nel corpo fisico. Molti credono che solo dopo la morte si possa avere esperienza delle altre dimensioni e degli altri piani di vita. Al contrario non possiamo anche da vivi constatare l'esistenza di questi altri piani e vivere con la nostra coscienza in essi, senza lasciare l'involucro materiale. Così si attua quella contemporaneità di consapevolezza, quel perfetto allineamento, che non è altro che sintonia vibratoria tra la personalità e l'Anima chiamata continuità di coscienza.

La continuità di coscienza è un raggiungimento finale, il risultato di graduali ampliamenti di visione, ma è la meta verso cui tutti ci stimo muovendo.

Il primo passo verso la continuità di coscienza è appunto l'equilibrio fra vita personale e vita spirituale e la conquista delle facoltà di discernimento fra Reale e irreale, come già detto.

Le fasi successive ci conducono gradualmente ad includere nella nostra coscienza ordinaria gli altri livelli di realtà e ci accorgiamo allora che senza la conoscenza degli altri gradi di realtà, la nostra conoscenza del mondo umano ordinario rimane così incompleta e così falsa come lo sarebbe lo studio del mondo fisico senza la conoscenza delle molecole, degli atomi e particelle. Non si capisce nulla finche non si è capito tutto". (Satprem; "L'avventura della coscienza").

E' necessario arrivare a questa unificazione dai vari livelli di coscienza ed armonizzarli fra di loro creando un ponte interiore che li colleghi per superare le scissioni e l'incoscienza che li tengono divisi.

La disidentificazione è il primo passo verso questa unificazione, perchè ci offre il punto di appoggio, il centro solido e fermo, da cui possiamo operare ed effettuare così la sintesi e l'armonizzazione.

Dobbiamo imparare a conoscere questi altri livelli di coscienza e vi sono vari metodi che possono aiutarci in questa conoscenza. Uno di questi metodi è il sonno, e cioè a fare del sonno un campo di esperienza, e di un periodi di vita cosciente nei piani interiori di realtà.

Per tale ragione dobbiamo cercare di capire il vero meccanismo sonno-veglia, e dedicheremo a tale importante soggetto il prossimo capitolo.


1) Quali effetti avete potuto notare in voi in seguito alla pratica della disidentificazione?

a) Positivi? Quali?

b) Negativi? Quali?

2) Se vi sembra che tale atteggiamento interiore vi abbia portato dei risultati negativi, sapreste dire quali fra i seguenti:

Aridità?

Freddezza?

Indifferenza?

Insensibilità?

Incapacità di agire con prontezza?

3) Gli eventuali risultati negativi indicano che l'esercizio non è stato fatto nel modo giusto e che il vero atteggiamento dello Spettatore non è stato raggiunto.

Sapreste spiegare il perchè?

4) Sapreste invece scoprire in voi stessi i risultati positivi?

5) Vi sembra di aver raggiunto maggiore equilibrio interiore e maggiore obbiettività?

6) Avete raggiunto un certo distacco?

7) Vi sembra di aver sviluppato il discernimento?

8) Che cosa è secondo voi il discernimento?

a) E' una qualità della mente?

b) E' un aspetto dell'intuizione?

9) Per effetto della disidentificazione riuscite a "personalizzarvi" di fronte ai problemi vostri e altrui?

10) Sapreste dire perchè ed in che modo la disidentificazione porta gradatamente alla

continuità di coscienza?

11) Che cosa è la "continuità di coscienza?".


VI ESERCIZIO: Auto-riconoscimento


1) Dopo aver raggiunta la disidentificazione dal corpo fisico, dal corpo emotivo e dal corpo mentale, cercate di sentire la vostra autocoscienza come un "punto" immobile e saldo, come il centro di una circonferenza.


2) Cercate di concentrarvi in questo centro, sentendolo profondamente celato in voi stessi, come la vostra più intima e più vera soggettività.

3) Identificatevi con esso, non obbiettivatelo.

Cercate di "vivere", di "essere" il centro, ritirando tutte le vostre energie dalla periferia dalla circonferenza, che rimane esterna.

4) Poi dite silenziosamente con forza ed intensità:


"IO SONO IL CENTRO DELLA CIRCONFERENZA

IO SONO IL FULCRO DELLA COSCIENZA,

IO SONO LA SORGENTE DELLA VITA, DELLA LUCE,

DELL'AMORE, DELL'ENERGIA, DELLA VOLONTA'

IO MI RICONOSCO IN QUESTO CENTRO.

IO SONO IL CENTRO

IO SONO".


N.B. Ripetete questo esercizio ogni giorno dopo aver fatta la disidentificazione dai tre veicoli personali.



CAPITOLO VII


CONTINUITA' DI COSCIENZA


"Molto spesso ci si domanda in qual momento di sogni realmente, se di giorno, tra le continue illusioni, oppure di notte, quando il regno del sogno ci trasmette dolcemente e continuamente la verità, la realtà" (Ania Teillard)


Perchè dormiamo? Perchè con un ritmo ciclico la nostra coscienza scompare in quello stato di oscurità e di incoscienza che chiamiamo "sonno"?

Queste e molte altre domande simili l'uomo si pone e la coscienza ha tentato e tenta di rispondervi, senza tuttavia essere giunta fino a oggi a conclusioni definitive, ed anzi pare che il problema si sia spostato piuttosto sulla questione del "perchè siamo svegli".

Infatti è accertato che il sonno è uno stato primario, e cioè naturale, mentre la veglia è uno stato secondario, e cioè acquisito. Basti osservare gli organismi inferiori e la vita prenatale e infantile nell'uomo, per accorgersi che lo stato di sonno è prevalente di fronte allo stato di veglia. Si potrebbe quasi dire che l'uomo debba imparare ad essere desto e che lo stato di veglia rappresenti una conquista, dovuta al graduale passaggio dall'incoscienza alla coscienza, intesa in questo caso come consapevolezza, lucidità e capacità di registrare mentalmente le sensazioni, le impressioni, gli stimoli che vengono dal mondo oggettivo, e come facoltà di distinguere fra io e non-io. E' appunto con l'emersione dell'auto-coscienza, che i periodi di veglia si fanno sempre più lunghi e si arriva ad un equilibrio fra sonno e veglia.

Occorre quindi considerare sonno e veglia come due fasi della vita che si sono venute differenziando e scindendo da un primario stato indifferenziato, in cui, ad esempio, sono immersi alcuni organismi inferiori, dei quali sarebbe impossibile dire se siano svegli oppure addormentati.

Lo stato di veglia è quindi molto importante, anche se, come vedremo, ci limita, ci costringe nello spazio ristretto della consapevolezza consentitoci dal nostro cervello fisico, precludendoci il contatto di coscienza con gli altri gradi della realtà. E' importante perchè, nonostante quanto è stato detto, è proprio nel periodo di veglia che nasce, si forma e cresce la capacità di essere coscienti, ed a poco a poco si giunge alla realizzazione del Sè.

E' il contatto con la realtà esterna, è la limitazione, che producono lo sviluppo della coscienza. Questo non dobbiamo dimenticarlo.

Da svegli, è proprio l'ostacolo creato dal nostro corpo fisico, l'identificazione con esso, ed il contrasto con le altre forme, che a poco a poco ci fanno emergere da uno stato di identità inconscia con tutte le cose, e che determinano la chiusura nel guscio del nostro "io", che sarà la matrice per l'evoluzione della coscienza.

Durante il sonno l'io si offusca, cade nell'incoscienza e noi ci liberiamo dalla identificazione con il corpo fisico e possiamo venire in contatto con gli altri livelli di vita che esistono nelle dimensioni iper-fisiche.

Pertanto le due fasi della nostra vita, la veglia e il sonno, hanno due funzioni diverse, ma ugualmente importanti: l'una ci consente di fare esperienze nel mondo oggettivo e ci dà l'opportunità di divenire sempre più "coscienti"; l'altra ci permette di ritornare ad uno stato di libertà, di disinibizione, e di ricaricarci alle sorgenti della nostra natura primogenita.

Al grado evolutivo in cui la maggior parte degli uomini si trova, quindi la caduta nell'apparente incoscienza del sonno, non solo è inevitabile, ma è necessaria, perchè rappresenta il ritiramento nell'altro polo della nostra natura e l'attingere di energie alle fonti vitali ed autentiche del nostro essere profondo.

Noi siamo immersi ancora nella dualità che, per quanto illusoria e temporanea, è necessaria al nostro sviluppo. Quindi oscilliamo continuamente da un polo all'altro ritmicamente e ciclicamente: veglia e sonno, estroversione ed introversione, coscienza ed inconscio...

Per arrivare alla continuità di coscienza, e cioè ad essere liberi dalle necessità di questa oscillazione, di questa polarità, dovremmo essere sempre coscienti dell'elemento trascendentale che è in noi, il Sè, che è sintesi dei contrari e perfetta totalità. A livello in cui si trova la maggior parte di noi è indispensabile l'immersione nel sonno, ciclicamente alternantesi all'emersione nella veglia, poichè nel sonno l'altro aspetto della nostra natura si libera dalla presenza condizionante ed inibente dell'io cosciente, della mente razionale, e si espande e si rigenera. Noi prendiamo contatto e viviamo negli stati inconsci del nostro essere, quando dormiamo, e poichè questi strati includono anche il Supercosciente, dove si libera la coscienza inconscia del Sè, è possibile anche attingere alla sua luce, alla sua forza, alla sua Saggezza, che di giorno, mentre siamo limitati dal nostro cervello fisico, non possiamo percepire.

Quando è sveglio "l'uomo è prigioniero della dimensione del suo corpo, costretto nella dimensione della sua psiche, ma nella dimensione del suo "noos" (dove si trova quando dorme) egli è libero". (Joseph Fabry: Introduzione alla logoterapia pag.27).

Anche Sri Aurobindo afferma che la vera e più profonda ragione del sonno è quella di consentirci di venire in contatto con la sorgente interiore, ed è questa la causa per cui il sonno ritempra e restituisce forza e vitalità all'uomo, quando è profondo e calmo.

E' infatti sorprendente la proprietà rigeneratrice del sonno normale, che non è paragonabile a nessuna altra forma di riposo. Constatiamo continuamente questo potere riparatore del sonno, anche quando possiamo dormire per un periodo breve. Pochi minuti di sonno vero ristorano molto più che un lungo riposo da svegli. E questo avviene appunto perchè il sonno ci consente un'immersione in una dimensione di coscienza diversa, che è quella vivificante ed energetica della nostra natura più profonda e reale, dove risiedono le fonti della vita stessa. Anche Joung dice, che chi sa mettersi in contatto con l'inconscio, attinge ad una sorgente di perenne giovinezza e vitalità, mentre chi si chiude ad esso produce una contrattura psichica, che da molti disturbi e malesseri, fra i quali una profonda astenia ed un senso di svitalizzazione.

Il sonno tuttavia non è soltanto un periodo di riposo, e di ritiramento nell'altro polo della nostra natura; è qualcosa di molto importante e complesso. Esso è una vera e propria fase della nostra vita, che si ripete ciclicamente, la quale può darci la prova dell'esistenza di altri piani di realtà, che non possiamo percepire durante lo stato di veglia. Quando siamo svegli, infatti il nostro campo di coscienza è molto limitato, ed è solo una parte di coscienza totale. Esistono, come abbiamo detto, molti altri livelli di consapevolezza che non penetrano nella nostra coscienza ordinaria.

Che cosa è che limita la nostra capacità di coscienza?

Quando siamo svegli la nostra limitazione dipende dalla identificazione della coscienza con il cervello fisico, che è in grado di rispondere solo a vibrazioni di un certo livello, per il fatto stesso che è composto di materia fisica non ancora raffinata. Sappiamo infatti che anche la materia evolve e si purifica a mano a mano che l'uomo progredisce sul sentiero spirituale. Più una persona è evoluta, quindi, e maggiormente il suo cervello fisico diviene puro, raffinato e ricettivo alle vibrazioni più alte. Tuttavia vi è sempre un dislivello tra la vibrazione della materia fisica e le vibrazioni non solo del Sè, ma anche dei veicoli sottili, e ciò dipende in parte dalla natura stessa della materia, che ha un ritmo vibratorio più lento e ritardato, ed in parte dall'inerzia in essa insita, che ritarda e rallenta la sua evoluzione rispetto a quella dei corpi sottili. In altre parole il progresso, l'evoluzione della materia fisica hanno un ritmo più lento e ritardato dell'evoluzione interiore della coscienza, e per questo essa, pur essendo "spirito alla sua più bassa vibrazione", costituisce un ostacolo ed una limitazione.

E' il cervello fisico, dunque, che, nella maggior parte dei casi, limita il campo della consapevolezza, ed impedisce all'uomo di conoscere la reale estensione della sua coscienza. A volte può accadere che un individuo abbia già raggiunto un grado evolutivo abbastanza avanzato, e quindi un certo grado di coscienza relativamente elevato, nei piani sottili, ma non può registrare e percepire nella sua coscienza di veglia (e cioè quella che si esprime per mezzo del suo cervello fisico) le esperienze e gli stati che vive durante il sonno, quando si ritira nei suoi veicoli iperfisici. In altre parole, vi è una scissione dentro di lui nel campo della coscienza. Non ha, pertanto, quella che si chiama la "continuità di coscienza".

Durante il sonno è la vita onirica che ci rivela e ci fa verificare il grado di coscienza raggiunto nei veicoli sottili. Ecco perchè è importante saper capire e saper analizzare i sogni.

Purtroppo però, accade spesso, che non riusciamo a riportare il ricordo dei sogni avuti nella coscienza di veglia, ed anche in questo caso è la pesantezza della materia di cui è composto il cervello fisico che, quasi sempre, crea l'ostacolo. Vi sono molte persone convinte di non sognare mai, perchè la scissione fra la coscienza durante il sonno ed i sogni, e quella di veglia, in loro è costante. E' noto invece, come è stato anche accertato dalla scienza, che tutti indistintamente sogniamo, almeno per due ore ogni notte. Come possiamo dunque fare per superare questa scissione e rendere il nostro cervello fisico più capace di registrare la coscienza degli altri piani di realtà?

Come possiamo conseguire la continuità di coscienza, sia durante il periodo di veglia, sia durante il sonno?

Per prima cosa dobbiamo avere la convinzione che esistono gli altri gradi di realtà, e quindi altri stati di coscienza, e ammettere che il nostro io cosciente è limitato, e spesso falso ed inautentico. Inoltre dobbiamo cercare, con ogni metodo e mezzo, di conquistare con l'esperienza diretta, la realtà degli altri livelli di vita e di coscienza. La possibilità di questa constatazione diretta ci viene offerta, in primo luogo, dalla vita che svolgiamo durante il sonno, e che registra nei sogni.

La questione è pertanto quella di riuscire a ricordare i sogni.

Il primo passo verso il superamento della scissione che ci impedisce di riportare alla memoria di veglia il ricordo della vita onirica, è l'imparare ad addormentarsi nella maniera giusta, e di saper entrare nella dimensione iperfisica nel modo più adatto.

Addormentarsi nella maniera giusta significa, prima di tutto, prepararsi al sonno, cercando di elevare la vibrazione della nostra coscienza prima di lasciarci andare nello stato di riposo e di incoscienza che precede il sonno, curando che in noi ci sia una condizione di calma, di pace, di rilassamento e di distacco interno dalle emozioni e dalle preoccupazioni avute durante la giornata.

E' indispensabile eliminare tutti gli stati emotivi spiacevoli, disarmonici, tutte le tensioni e le immagini associate a stati di agitazione, di ira, di ostilità ecc.

Per questo ci si può aiutare leggendo qualche brano di soggetto elevato prima di accingerci a dormire, oppure fare un breve raccoglimento meditativo, concentrando tutte le energie nella testa, e immaginare di "uscire dal corpo" attraverso la sommità del capo per entrare in una dimensione diversa, il che si può raffigurare con una immagine di un tunnel che va verso l'alto.

Molti istruttori spirituali consigliano proprio di ritirare le energie dal corpo, cominciando dai piedi, e poi via via più in sù, fino alla testa e poi pensare di "entrare nella porta del sonno" attraverso la sommità del capo, come già detto.

Tutto ciò potrà sembrare difficile e innaturale, ma con l'esercizio e l'allenamento ci si accorgerà che questo modo di prepararsi al sonno è invece più naturale, più facile, più spontaneo. E' come uno "scivolare via", un lasciarsi trascinare dalle energie come da una corrente, che ha naturalmente la tendenza ad andare verso l'alto.

E' anche molto utile la pratica dell'esame serale che abbiamo consigliato in uno dei capitoli precedenti, come preparazione al sonno, perchè ci aiuta a focalizzarci nello atteggiamento dello Spettatore e quindi ad elevare le vibrazioni della personalità.

Anche il momento del risveglio deve essere curato e deve divenire un mezzo per favorire la continuità di coscienza. E questo il secondo passo.

Il rientro della coscienza deve essere curato e deve divenire un mezzo per favorire la continuità di coscienza. E' questo il secondo passo.

Il rientro nella coscienza di veglia deve essere lento e dolce e, soprattutto, graduale. Se è possibile quindi non bisogna, appena svegli, muoversi subito, ma rimanere tranquilli e rilasciati ancora per qualche minuto, lasciando che la mente, vuota e immobile, contempli, per dir così, le immagini e le sensazioni del sonno che ancora aleggiano nella coscienza.

Questo allenamento è consigliato anche da Sri Aurobindo, il quale dice che vogliamo se costruire almeno il primo "ponte" tra la coscienza avuta durante il sonno e la coscienza di veglia, non vi è altro metodo che la immobilità totale ed il silenzio completo al risveglio. Un silenzio non solo della parola, ma anche della mente.

Bisogna cercare di non pensare a nulla, ma "di restare affacciati sul grande lago tranquillo, come in una contemplazione senza oggetto..." (Satprem: "L'avventura della coscienza" pag. 134).

In un certo senso è tutta questione di attenzione, di essere sempre vigili, in ascolto ed in attesa verso gli altri livelli di coscienza che sono in noi e che non percepiamo proprio perche siamo distratti, offuscati da mille pensieri e sensazioni, che ci creano attorno una specie di nebbia.

Talvolta avviene che si sufficiente solo il desiderio, l'interesse di ricordare i sogni, la maggior focalizzazione verso il mondo onirico, una attenzione, appunto, più concentrata, a farli affiorare più spesso e con maggior vividezza alla memoria.

Infatti, che cosa è in realtà quello che chiamiamo con un temine generico "inconscio", se non quello che l'io cosciente non vuole ricordare, quello che esclude e rimuove dalla propria consapevolezza?

In realtà, prima ancora di ottenere la continuità di coscienza tra veglia e sonno, dovremmo cercare di raggiungerla nel periodi di veglia. Come possiamo pretendere di raggiungere uno stato di piena e continua consapevolezza, che ci consenta di essere sempre lucidi, presenti a noi stessi, e capaci di collegare i due poli di veglia e sono nella nostra coscienza, senza scissioni e senza lacune di oscurità e di incoscienza, se non siamo consapevoli in maniera continua e costante nemmeno da svegli?

Mentre siamo desti, in effetti, siamo anche allora immersi in una specie di sonno, e di incoscienza, perchè siamo passivi, meccanici, condizionati e non autentici. Viviamo in una specie di nebbia e solo ogni tanto uno sprazzo di lucidità attraversa il nostro sonno da svegli, e ci fa capire la differenza fra lo stato di vera coscienza desta e auto-determinantesi, e lo stato di confusione e di semi-incoscienza in cui siamo abitualmente immersi.

Ecco quindi la necessità di evocare il reggitore interiore, il Testimone, il centro di coscienza che faccia da fulcro intorno a cui possano raccogliersi le energie dei tre veicoli personali e circolare armonicamente, illuminate dalla vera consapevolezza.

Il sonno, quindi, con la sua vita onirica, può offrirci la prova che esistono altri gradi di realtà e, una volta che siamo riusciti a ricordare, almeno in parte i nostri sogni, ci può rivelare qual'è la vera nostra situazione interiore, quale grado di sensibilità e di consapevolezza abbiamo raggiunto negli altri veicoli, e quindi ci rivela, in un certo senso, il nostro grado evolutivo.

Lo stato di veglia invece ci offre il campo e l'occasione per fare esperienze, e per sviluppare capacità e qualità in rapporto col mondo esterno, e proprio per mezzo dello attrito con la materia fisica e la limitazione che ci imprigiona, a poco a poco offe gli stimoli adatti alla coscienza dormiente e ridestarsi, fino a raggiungere la completa lucidità.


1) Pensate che lo stato di coscienza che avete da svegli sia la coscienza totale?

2) Avete l'impressione di essere limitati nella coscienza dal vostro cervello fisico?

3) Ad esempio, sentite un senso di stanchezza, di congestione, o di mal di testa dopo aver fatto qualche esercizio di meditazione. o dopo aver riflettuto su qualche argomento filosofico o astratto?

4) Vi sentite sempre completamente lucidi, svegli, presenti a voi stessi, oppure talvolta come annebbiati, incerti e come in "attesa di qualche cosa"?

5) Vi accade talvolta nel dormiveglia, o mentre siete completamente rilassati, di sentire affiorare delle ispirazioni, delle idee nuove, più ampie, profonde e lucide di quelle che la vostra mente formula abitualmente?

6) Com'è la vostra vita onirica?

E' ricca, vivida, chiara? Oppure nebbiosa, confusa?

7) Sognate spesso? O poco?

8) Ricordate sempre i vostri sogni?

9) Avete mai avuto dei sogni "coscienti?" Di che genere?

10) Potreste descrivere il vostro stato di coscienza durante il sogno?

11) Vi è accaduto mai di accorgervi del momento in cui vi addormentate?

12) Al risveglio, vi sentite completamente lucidi e già pronti per l'azione, oppure ancora semi incoscienti e confusi?

13) In che modo pensate si possa aiutare lo sviluppo della continuità di coscienza fra veglia e sonno?

14) Pensate che sia indispensabile acquistare prima la continuità di coscienza da svegli?


VII ESERCIZIO: Preparazione al sonno


1) Rilassatevi completamente

2) Cercate di raggiungere uno stato di calma emotiva, di quiete, di pace. Dissolvete ogni ansia, ogni tensione emotiva, aiutandovi con qualche immagine serena, e con qualche respiro profondo e regolare.

3) Calmare anche la mente e allontanare ogni pensiero che possa preoccuparvi o agitarvi.

Dimenticate la giornata trascorsa e rivolgete tutta al vostra attenzione all'interno, verso la dimensione superiore nella quale state per entrare.

4) Ritirate le energie dal vostro corpo cominciando dai piedi, e poi via via dalle gambe, dal busto...

5) Arrivati alla testa focalizzate le energie nel centro fra le sopracciglia e cercate di non sentire più il vostro corpo, ma solo la coscienza.

6) Immaginate poi di trovarvi di fronte ad un tunnel che va verso l'alto e che ha inizio dalla sommità del capo.

7) Immaginate di uscire dal corpo per entrare in questo tunnel passando attraverso la sommità della testa.


VII Bis ESERCIZIO: Allenamento per ricordare i sogni


1) Al momento del risveglio al mattino rimanete immobili e silenziosi, cercando di non pensare a nulla, ma di mantenere un atteggiamento interno di attesa e di ascolto.

2) Se nella vostra mente si affaccia un'immagine, o un ricordo non vi sforzate di afferrarli subito, o di metterli a fuoco, ma rimanete passivi, e "contemplateli" con distacco.

3) Lasciate che siano essi, eventualmente a precisarsi e a schiarirsi, ma se ciò non avviene non vi irritate. Rimanete ancora immobili e calmi, ricordando che "state costruendo" a poco a poco il ponte fra la coscienza di sonno e quella di veglia, e ciò richiede tempo e pazienza.

4) Ripetete ogni mattina questo esercizio, senza scoraggiarvi per gli insuccessi. La costanza e la ripetizione soltanto porteranno dei risultati.



CAPITOLO VIII


LIBERAZIONE DALLA "FALSA" COSCIENZA


"La coscienza dell'uomo medio è essenzialmente una falsa coscienza, consiste in finzioni e illusioni, mentre proprio ciò di cui egli non è consapevole costituisce la realtà". (da: "Psicoanalisi e Buddhismo Zen" di Erich Fromm e Suzuki pag. 115).


Giunti a questo punto del nostro studio sullo sviluppo della coscienza dobbiamo affrontare un problema fondamentale, dinanzi al quale spesso molti sinceri aspiranti spirituali si arenano e che costituisce, per questa ragione, il punto cruciale sulla via dell'autorealizzazione.

Tale problema potrebbe sinteticamente essere espresso con il seguente interrogativo:

"Per quale ragione, pur avendo l'aspirazione più sincera e fervente verso la realizzazione del Sè, non riusciamo a distaccarci dalla vita della personalità e continuiamo a desiderare, ad esigere, ad essere attaccati e cadiamo continuamente negli tessi errori?"

Questo problema assillante ci fa capire che c'è in noi un dualismo che non è solo nella coscienza, ma nella sostanza, e cioè vi sono effettivamente due energie, due vite in noi, due opposte volontà che si combattono fra di loro accanitamente. L'una prende forza dall'aspirazione verso la via dello Spirito, e l'altra si nutre del desiderio di esperienze e di sensazioni nel piano oggettivo. Nella lotta aspra e continua, al punto evolutivo in cui la maggioranza dei ricercatori spirituali si trova, vince quasi sempre la seconda. Essa è la forza della personalità, dell'io falso e illusorio che non vuole cedere il suo dominio. E' il nodo di ostinazione dell'ego, come lo chiama Sri Aurobindo, che resiste e si oppone alla luce del Sè.

Cerchiamo di capire perchè la personalità, che in effetti è solo uno strumento e non ha una realtà vera e propria, si oppone tanto ostinatamente, procurando all'uomo dolore. angoscia, ritardi e deviazioni sulla via evolutiva.

Cerchiamo di capire ciò in maniera scientifica, per così dire, risalendo all'origine della formazione di questo nodo di ostinazione, di questa caparbia volontà, e in tal modo tentiamo di scioglierlo usando i mezzi e gli accorgimenti adatti.

Che cosa è in realtà la personalità?

Chi siamo noi nel senso più esterno e più comune?

Chi è realmente quell'individuo che ha un dato nome, che nasce in una certa famiglia, che vive in un determinato ambiente, che attraversa certe esperienze, che un suo temperamento, che soffre, che spera, che lotta.. Chi è realmente? Come si è formato?

Non basta conoscere teoricamente quello che dicono le dottrine esoteriche e cioè che la personalità, o io inferiore, è l'insieme dei tre veicoli (fisico-eterico, emotivo e mentale). Se fosse solo così saremmo tutti simili come personalità. Invece siamo diversissimi l'uno dall'altro, non solo come grado evolutivo, ma come qualità, tendenze, abitudini, modo di sentire, di pensare, di reagire ecc.

Nella personalità vi è una sola cosa comune a tutti: le sostanze e le energie che la compongono. Con l'andar de tempo però tali sostanze ed energie vengono qualificate, organizzate, modellate in maniera molto diversa da individuo ad individuo, a causa della particolari esperienze che ognuno attraversa, dall'ambiente in cui una data persona si viene a trovare, dell'insieme di circostanze ed influssi che si incontra in questa vita, o che ha incontrato in vite precedenti.

Come già abbiamo avuto occasione di dire in uno dei precedenti capitoli, si formano nella personalità abitudini, automatismi, condizionamenti di cui quasi sempre siamo inconsapevoli, ma che sono così forti e radicati da formare una solida struttura, un complesso organismo a cui diamo il nome di "io" e che crediamo essere la nostra vera identità.

Siamo condizionati dal nostro passato e vi sono infinite cause che ostacolano la vera presa di coscienza. Vi è come una nebbia intorno a noi, quella che nei libri spirituali e chiamata appunto annebbiamento o illusione, e che ci impedisce la vera visione e la reale consapevolezza. Ognuno dei nostri veicoli personali ha il suo speciale annebbiamento, cosicchè noi agiamo, sentiamo e pensiamo in maniera non corrispondente alla nostra realtà profonda.

"La nostra personalità è un guscio composto dalle false idee e dalle nostre fantasie, e cioè di vari giri viziosi ..." dice Sri Ram nel suo libro "verso la realtà", e continua poi: "La coscienza attraverso cui possiamo penetrare nel regno della Realtà dovrebbe essere una coscienza liberata dalla forza, dall'ammasso e dall'incessante influenza del passato, che potrebbe chiamarsi karma psicologico".

Infatti fino a che non affiora in noi la coscienza del Sè reale, siamo aperti a tutte le influenze, a tutte le suggestioni che ci vengono dal di fuori, dall'ambiente, dalle persone, ed i nostri veicoli sottili, composti di sostanze ricettive e plasmabili, ne rimangono "impressionati", e poi ci spingono ad agire, a sentire e a pensare in conformità. In seguito, noi continuiamo a ripetere quel comportamento iniziale per una specie di forza di inerzia, che anch'essa una caratteristica insita nelle sostanze che compongono i veicoli sottili.

Questa è la genesi delle abitudini e degli automatismi che a tutti i livelli, dal fisico al mentale, ci condizionano e che, appunto perchè radicati nell'inconscio, sono molto difficilmente individuabili e noi li scambiamo per impulsi, sentimenti, pensieri autentici, nostri, e perciò provenienti dalla nostra vera individualità.

Tale tendenza al formarsi delle abitudini è una facoltà naturale dell'essere umano, che è utile e lo aiuta nel suo sviluppo e nello svolgersi della sua vita. La plasmabilità, la ricettività insite nell'uomo, persino a livello della materia fisica, sono necessarie all'esistenza. In tal modo impariamo a camminare, a parlare, a scrivere a macchina e tante altre operazioni quotidiane che svolgiamo senza l'intervento continuo della mente o della volontà ma per un meccanismo automatico che si è andato formano a poco a poco con la ripetizione di un dato atto.

Tuttavia, acanto ad abitudini utili e che agevolano lo svolgersi della nostra vita, se ne formano spesso anche altre, che invece la complicano, la ostacolano e costituiscono un insieme di sovrastrutture e di condizionamenti che limitano la nostra libertà, ci rendono schiavi, e soprattutto impediscono lo sviluppo e la realizzazione della nostra natura autentica, del nostro Essere Reale.

Noi crediamo ad esempio di essere liberi nelle nostre scelte, nei nostri affetti, nelle nostre idee ed opinioni e non ci accorgiamo che spesso azioni, sentimenti e pensieri non provengono da una nostra sorgente interiore libera e autentica, ma soltanto da condizionamenti e abitudini inconsci, che ci spingono a comportarci non in un modo individuale, ma collettivo e cioè si conforma all'ambiente, alla società nella quale viviamo, all'educazione che abbiamo assorbita ed assimilata passivamente.

Ecco perchè non riusciamo a risolvere il dualismo che c'è in noi fra aspirazione, convinzione profonda verso la realizzazione del Sè ed effettivo comportamento esteriore ed esigenze personali.

Come possiamo dunque risolvere questo problema, come possiamo liberarci da tali condizionamenti, da questa drammatica dicotomia che ci dilania?

Esiste la possibilità di farlo?

Sì, esiste, perchè in noi, latente, c'è la forza, la luce, la realtà del nostro Sè, la scintilla divina, viva e potente, sia pure in maniera potenziale, e che contiene la verità, l'autenticità e quindi la facoltà di discernere il vero dal falso, il reale dall'illusorio.

Questa luce latente, pur essendo oscurata e sepolta dalle nebbie delle illusioni e dalla falsa coscienza, è lì sempre, e vive, e preme per manifestarsi, e palpita come un cuore possente; arde come un fuoco nascosto, ed è la sua pressione ed il suo ardore celato, che ci causano spesso malesseri, turbamenti ed angosce, quando prendiamo vie errate, quando ricadiamo nelle reazioni abitudinarie, quando invece di avere il coraggio di guardare in faccia la verità preferiamo volgere il nostro sguardo verso falsi miraggi, quando invece di affrontare i sentieri solitari della vera presa di coscienza, scegliamo le usuali e facili vie battute dalla maggioranza e ci perdiamo in sentieri collalterali, invece di salire in eroica solitudine verso la cima aspra, ignota, ma fulgida della montagna della Verità.

Dobbiamo far emergere questa scintilla sepolta, dobbiamo aprire la strada per liberare la luce celata e far divampare il fuoco della nostra reale coscienza, e per far ciò occorre la "purificazione" intesa nel vero e più completo senso della parola.

Il termine purificazione viene dalla radice sanscrita "pur" che significa libero da mescolanze. Quindi la vera purificazione è un processo alchemico portato nella interiorità, che a poco a poco libera i veicoli personali da tutto ciò che è spurio, costruito, falso e non appartenente alla loro vera natura, ed in tal modo far emergere l'energia incontaminata e pura nella sua vera essenza.

Infatti è come se i nostri corpi sottili fossero inquinati, intossicati, da forze ed elementi che non appartengono loro e che non provengono dalla loro sorgente interiore.

Il primo passo quindi sulla via della liberazione dalla falsa coscienza è imparare a discriminare fra le sovrastrutture, le influenze esterne che abbiamo fatto nostre, e l'energia pura ed autentica che proviene dal centro di noi stessi.

Dobbiamo restituire ai veicoli della nostra personalità la loro vera funzione, poichè come dice Sri Aurobindo, l'impurità è solo un errore funzionale.

Infatti noi non usiamo le energie dei corpi sottili nella maniera giusta, ma come strumenti che registrano tutte le influenze che provengono dall'esterno e le ripetono incessantemente in una serie di reazioni a catena, come robot senz'anima... E' appunto questo che dobbiamo fare: immettere "anima", e cioè coscienza, nei nostri veicoli personali. Trasformandoli da macchine automatiche che ci trasmettono continuamente impulsi già preordinati, a centrali di energie libere e dinamiche obbedienti alla vera coscienza, alla volontà del Sè.

Come ho detto sopra, si può arrivare a ciò, uscendo dal circolo vizioso del determinismo creato sia dal karma passato, sia dai condizionamenti attuali, e imparando a reagire e a comportarci in maniera libera, nuova, vera.

Vi è infatti un modo di agire comune, che risponde alle esigenze, ai sentimenti, alle aspettative della maggioranza degli uomini, un modi di agire, che forse è anche apparentemente giusto e lecito, ma che non è conforme alla Legge e alla Giustizia del Sè.

I più rispondo all'odio con odio, all'ostilità con ostilità, alle privazioni con abbattimento o ribellione, alla morte con paura e angoscia, ai soprusi con la violenza, alla cattiveria con la vendetta... Vi è però un altro modo per reagire, di sentire, di comportarsi che è diverso, fuori dal comune, imprevedibile e che vediamo apparire di tanto in tanto in uomini che sanno perdonare le offese, rispondere all'odio con amore, affrontare le avversità con coraggio e serenità, che sanno rinunciare e distaccarsi, che alla violenza oppongono la forza della saggezza e dell'equilibrio, che non hanno paura della morte, e che sanno soffrire in silenzio trasformando il dolore in luce.

Tali individui, siano essi conosciuti o ignoti, sono coloro che hanno saputo, e sanno agire nel modo giusto, in conformità della loro natura autentica, non obbedendo più a condizionamenti e al determinismo imposto dalle abitudini inconsce, ma alle esigenze individuali, vere, provenienti dalla loro essenza divina, ergendosi come solitari picchi luminosi sul mare grigio della cosiddetta normalità.

Questo modi di agire, che alle persone comuni può sembrare fatto di un'eroica follia, è invece quello giusto, poichè ci libera dall'incoscienza, dalla limitante identificazione con l'io egoistico e ci riporta in sintonia con la vibrazione del Sè, sprigionando uno stato di pura e completa felicità.

Come è logico a questa meta si giunge a poco a poco, con una graduale opera di trasformazione, di riorientamento e i liberazione delle energie della personalità, di modo che si possa ricostruire l'unità interiore, che si manifesta come ininterrotta continuità di coscienza.

Dobbiamo diventare positivi, attivi, coscienti e non lasciare che influssi, automatismi, abitudini continuino a condizionarci incosapevolmente e per fare ciò all'inizio ci vuole una crisi di rottura, un capovolgimento interno, che fermi con un atto di orza il movimento incessante dell'impulso inerziale; ci vuole una fine, una morte, perchè possa instaurarsi un nuovo ritmo quello vero che è in sintonia con il ritmo della vita del Sè.

Quindi di pari passo con la pratica della disidentificazione che già abbiamo descritto, vi è un altro allenamento indispensabile per giungere alla liberazione della falsa coscienza che è quella di imparare ad usare le energie dei propri veicoli personali nel giusto modo e di scoprire la loro vera funzione.

Il corpo mentale, il corpo emotivo ed il corpo fisico-eterico in realtà non altro che modi in cui il Sè si manifesta e attraverso cui cerca di venire in contatto con i tre piani inferiori dell'esistenza, modi che dovrebbero rispecchiare, sia pure in maniera ridotta e ad una lunghezza d'onda più bassa, i tre aspetti dello Spirito: Volontà, Amore e Attività Intelligente, in altre parole, Padre, Figlio e Spirito Santo (Madre).

"Non si deve mai dimenticare che, sebbene a scopo di analisi e di studio fosse necessario separare l'uomo dai veicoli che egli adopera, pure il Sè è uno, per quante varie possano essere le forme nelle quali si manifesta. La Coscienza è unità e le divisioni che noi facciamo di essa, sono fatte a scopo di studio... Il Sè a tre aspetti: di conoscenza, di amore e di volontà; da questi sorgono rispettivamente i pensieri, i desideri e le azioni" (Powell: "Il Corpo Causale, pag. 25).

Quindi esiste, in realtà, solo l'unità, la totalità, dietro alla molteplicità e poichè noi, nella nostra incoscienza, non la percepiamo, sentendoci invece divisi, scissi, dobbiamo a poco a poco ritrovare questa unità, ricostruendo l'armonia, la sintonia, l'allineamento fra tutti i livelli di energia e di coscienza con i quali il Sè si esprime attraverso il prisma della personalità.


1) Che cosa è secondo voi la "personalità?"

2) Credete di avere molti condizionamenti nella vostra personalità?

3) Gli eventuali condizionamenti che avete scoperti, sapreste dire da dove provengono?

a) dalla vostra famiglia?

b) dall'educazione che avete avuta?

c) dalla religione?

d) dall'ambiente in generale?

4) Siete una persona incline a prendere delle abitudini, o amante delle abitudini?

5) Siete facilmente influenzabile e suggestionabile?

6) Come reagite di fronte al "nuovo", "all'insolito", o a qualche cosa di completamente diverso dall'abitudinario con il quale venite in contatto?

7) Sapreste individuare la vera motivazione che c'è dietro alle vostre azioni, dietro al vostro comportamento in genere?

8) Sapreste dire qual è la vera funzione dei tre veicoli personali:

a) del corpo mentale?

b) del corpo emotivo?

c) del corpo fisico-eterico?

9) Siete capaci di esprimere le vostre opinioni, e le vostre idee anche se contrastanti con quelle della maggioranza?

10) Sapreste agire in maniera anti-convenzionale, libera, autentica, conformemente a quello che sentite profondamente, se le circostanze lo richiedessero?

11) Vi sentite in altre parole vero, autentico, libero, oppure avete l'impressione a volte di essere condizionato, inautentico, limitato?



VIII ESERCIZIO: Esame serale (da farsi prima di addormentarsi)


1) Dopo aver raggiunto un buon rilassamento fisico, acquietate l'emotivo e il mentale.

2) Disidentificatevi successivamente dal corpo fisico, dal corpo emotivo e dal corpo mentale.

3) Cercate di ritrovare il "centro di coscienza", come Spettatore immobile e distaccato.

4) Riandate con la mente alla giornata trascorsa, agli avvenimenti che si sono svolti, ai pensieri e ai sentimenti che avete provato, senza però riviverli, ma guardandoli con obbiettività e distacco, senza giudizio.

5) Cercate di "vedere" in quali momenti siete stato "voi stesso", e cioè avete agito in maniera autentica, spontanea, conforme alla vostra vera natura, e in quali, invece, avete agito, o pensato automaticamente, seguendo impulsi abitudinari.

6) Cercate di fare un bilancio approssimativo dal quale risulti:

a) in quali occasioni riuscite ad essere più autentico;

b) ed in quali invece siete "condizionato".

7) In piena sincerità cercate di giungere ad un risultato obbiettivo, senza scoraggiarvi.



CAPITOLO IX


LIBERAZIONE DALLA NATURA EMOTIVA

DALLE IMPURITA' E DAI CONDIZIONAMENTI


Quando ci accingiamo ad iniziare il lavoro di purificazione dei corpi personali dobbiamo tener presente che "impurità" significa confusione funzionale, e cioè errore nell'uso delle energie e delle facoltà dei veicoli. Tuttavia per poter usare giustamente tali energie dobbiamo "liberare la coscienza dalla forza", in altre parole riuscire a sprigionare l'elemento coscienza che è latente nella energia.

Per ben capire questo processo occorre che ci riportiamo ad un concetto base dell'esoterismo, che è quello dell'Unità della Vita, dell'esistenza di un'Unica Essenza che permea tutto l'universo.

In base a questo concetto, Spirito e Materia non sono due cose distinte.

Lo Spirito e la Materia sono i due aspetti dell'Uno, che non è nè Spirito nè materia, ambedue essendo la Vita Assoluta latente.

Pur accettando questa verità con la mente, pur essendone certi in teoria, siamo noi capaci di realizzarla nella pratica?

Infatti se ciò fosse possibile la nostra vita dovrebbe cambiare completamente. Non avremmo più paura della morte, non dovremmo più soffrire, ne essere malati..

Dovremmo essere capaci di percepire la realtà dietro la forma, di comprendere il significato nascosto di tutto ciò che accade, di tutto quello che ci circonda. Dovremmo avere la padronanza assoluta della nostra personalità, delle nostre energie, sia fisiche che psichiche.

Dovremmo essere sempre gioiosi e pieni di potere.....

Invece non è così, perchè il conoscere teoricamente una verità, accettarla con la mente non basta per trasformare noi stessi, per farci superare la dualità, la separatività che si è creata in noi e che, anche se illusoria, ci mantiene nell'oscurità e nell'incoscienza.



Occorre creare il ponte fra i due poli di Spirito e Materia, che, pur essendo una cosa sola, ci appaiono separati, fino a quando non svilupperemo il potere di vedere l'Unità nella dualità; e questo potere è dato dalla coscienza.

E' la coscienza in realtà, che ci da la capacità di vedere e sentire la relazione esistente fra i due aspetti. Ecco perchè la coscienza è chiamata anche il Figlio, e cioè il prodotto dell'unione dello Spirito (Padre) con la materia (Madre).

La coscienza è quindi il mezzo per unificare i due, ma nello stesso tempo è il prodotto dell'unificazione dei due.

Tuttavia la coscienza ha anche un'altra funzione molto importante, che è quella di trasformare l'energia del polo materia, di elevare la sua vibrazione. Questo è il processo chiamato "purificazione", che produce sintonia ed unificazione con il polo spirituale.

Quindi trasformare le energie (e cioè le sostanze che compongono i vari veicoli della personalità) significa riunirli all'aspetto Spirito, eliminando la separazione che si è creata nell'involuzione, e a ciò si arriva cominciando con il tentare di ritrovare, di individuare l'elemento spirituale, l'essenza fondamentale insita nei corpi inferiori, e di conseguenza, riscoprire la loro vera funzione, che è stata soffocata, repressa, impedita da abitudini, automatismi sbagliati, che si sono instaurati nell'uso delle energie personali, a causa della nostra incoscienza e della nostra identificazione, con la forma esteriore.

Pertanto per liberare i veicoli personali dalle impurità della confusione funzionale, e dalla falsa coscienza, ridando loro il vero scopo, occorre prima liberarsi dalla sovrastrutture, dai condizionamenti, dalle abitudini a reagire in un certo modo.

Cerchiamo quindi di esaminare come possiamo riportare i nostri veicoli personali dalla loro vera funzione, cominciando dalla natura emotiva.

Prima di tutto dovremmo cercare di comprendere che parte rappresenta nella nostra psiche il corpo emotivo.

La parola psiche sta ad indicare tutto ciò che c'è in noi di non fisico, ma che non è ancora Spirito. E' il Kama-Manas, di cui parlano le dottrine orientali, e cioè l'insieme di di desiderio- mente, che per criterio di chiarezza l'esoterismo considera come due corpi separati, ma che da un punto di vista prettamente psicologico, possono essere considerati una totalità duale, in cui la mente rappresenta il polo positivo, e l'emotività il polo negativo.

In altre parole, l'emotività è l'aspetto ricettivo, sensitivo, femminile della nostra personalità psichica, che ci da la capacità di sentire la qualità delle cose, infatti è chiamata anche corpo senziente.

Pertanto la vera funzione della natura emotiva sarebbe quella di mettere in rapporto, di unire, mentre la funzione della mente sarebbe quella di distinguere, di discriminare e di separare. Se non ci fosse la mente, infatti, non potremmo essere coscienti di noi stessi come io separato, ma avremmo una coscienza diffusa, non bene delimitata. E' attraverso la natura emozionale, invece, che possiamo sentire gli altri, e quindi provare simpatia, e addirittura riuscire ad identificarci con i nostri stati d'animo.

Nelle dottrine esoteriche, in cui la natura emotiva è chiamata anche corpo astrale, è detto che tale corpo non è solo altamente sensibile e fluido, ma anche aperto a tutti gli influssi, a tutte le vibrazioni, e capace di ampliarsi ed espandersi in uno slancio di simpatia e di affetto sino a identificarsi con il corpo astrale di un'altra persona. Il suo simbolo infatti è l'acqua, che prende la forma del recipiente che la contiene, che si increspa al minimo soffio, che si espande largamente se è versata... In altre parole non ha una forma propria, poichè è fluida, scorrevole, mobile.

Nella nostra personalità triplice, il corpo emotivo o astrale, è il riflesso del secondo aspetto del Sè, l'amore, e dovrebbe poterlo esprimere e realizzare praticamente nella vita.

E come avviene allora che noi facciamo di questo aspetto sensitivo ed unitivo, uno strumento di agitazione, di disordine, di sofferenza, di attaccamento?

Come mai l'uomo è schiavo delle emozioni, della passioni, del desiderio, tanto che il corpo astrale è considerato il campo di battaglia dell'umanità, ed il suo maggiore ostacolo alla realizzazione spirituale?

Tutto dipende dal nostra stato di incoscienza, che ci ha fatto costruire un io falso, una personalità, che noi crediamo la nostra realtà, e che invece è solo un insieme di automatismi e di abitudini errate. A causa di questo io falso la ricettività della natura emozionale invece di essere un aiuto, è diventata un ostacolo ed un pericolo, poichè ci ha fatto divenire aperti alle vibrazioni più basse provenienti dal mondo degli istinti e dalle passioni inferiori, dal piano dove regna l'egoismo e la separatività cieca, il desiderio di sensazioni e di piacere, che legano l'uomo al mondo dell'illusione.

Se non riusciamo a disidentificarci da questo io falso e a ritrovare la nostra realtà profonda, il nostro vero Sè, automaticamente le enrgie della natura emotiva assumono la loro vera funzione, e rivelano il loro giusto scopo. Non sono le energie in se stesse che sono negative, o positive, ma l'uso che noi facciamo, abbassando così la loro vibrazione.

Tuttavia, di pari passo con disidentificazione, che è una tecnica, per dir così, verticale, possiamo anche aiutarci con metodi ed esercizi, che ci servano ad usare l'energia emotiva nel giusto modo, anche in senso orizzontale, e cioè in rapporto con gli altri, come organo di contatto e di sensibilità: questo vuol dire trasformare il desiderio in amore.

Capire la vera natura del desiderio è il segreto di questa trasformazione. Noi ci sentiamo soli, separati da qualche cosa che ci appartiene, abbiamo nostalgia inconscia di un'Unità perduta, e per questo aneliamo al possesso, a raggiungere un oggetto esterno, e di cui ci sentiamo privi. Il desiderio nasce da un vuoto, da una mancanza, che noi interpretiamo come bisogno di amore umano, come sete di ricchezza, come ambizione ecc., ma che in realtà e la mancanza della vera coscienza, del Sè divino, è la separazione illusoria della nostra realtà spirituale, che ci fa sentire smarriti, sperduti, vacillanti e disperatamente soli...

Per questo l'uomo non riesce mai a colmare questo vuoto con gli oggetti che riesce a conquistare e a possedere. Ricchezza, successo, felicità umana, gli danno solo una temporanea ed effimera gioia, che presto svanisce lasciandolo più insoddisfatto di prima.

Solo ritrovare l'Unità sia in senso verticale, sia in senso orizzontale, gli potrà dare appagamento e completezza.

Possiamo sperimentare ciò in pratica ogniqualvolta riusciamo a superare una barriera di separatività, a costruire un rapporto autentico, a identificarci con un'altra persona, a provare un senso di vera comprensione e di ampliamento di coscienza, oppure a sentire uno slancio di amore puro per il Divino, un'aspirazione ardente verso l'assoluto, che ci fanno realizzare che il nostro sentimento di separatività e di solitudine è illusorio.

La nostra natura emozionale, purificata dall'egoismo, e dagli inquinamenti degli istinti, rivela la sua vera funzione, che è quella di darci la possibilità di riunirci alla Realtà, sia in senso ascensionale, con quegli stati interiori di aspirazione ed amore verso Dio, che costituiscono il misticismo puro, sia in senso orizzontale, con la simpatia, la partecipazione, la sensibilità verso la vita e gli stati d'animo delle altre persone.

Se noi sappiamo scoprire le sue vere facoltà, il corpo emotivo, diviene un ponte, invece di un ostacolo, e riflette perfettamente l'aspetto amore del Sè, come uno specchio limpido, ricettivo e luminoso, calmo e stabile.

Infatti per poter arrivare a questa meta, occorre prima di tutto stabilizzare le emozioni, fermare le onde agitate delle acque emotive, rendere calmo e sereno il veicolo che le esprime, e liberare la nostra coscienza dalla identificazione con la natura emozionale.

Ottenuta questa calma interna, ci sarà più facile usare le energie nel giusto modo, elevarle di vibrazione, ed unificare tutti i nostri desideri in un solo desiderio: quello di riunirci con il nostro Sè divino, così che si formerà un potente vortice aspirazionale, capace di produrre una vera e propria sublimazione delle energie, e di attirare la luce a l'amore della nostra realtà spirituale.

Così a poco a poco la dualità sarà superata, per essere sostituita da una perfetta aderenza dell'inferiore con il superiore.


1) Secondo voi, indipendentemente da ciò che sapete delle dottrine esoteriche e psicologiche, a che cosa serve il corpo emotivo?

2) Pensate di saper usare giustamente il vostro aspetto emozionale ed affettivo?

3) Quali "confusioni funzionali" pensate di avere dal lato emotivo?

4) Quali condizionamenti emotivi avete?

5) Sapreste dire quale rapporto esiste fra lo sviluppo delle vera coscienza e il giusto uso della natura emotiva?

6) Che differenza esiste fra Amore spirituale ed amore emotivo?

7) Pensate di saper sentire in maniera autentica e viva il rapporto con gli altri?

8) Sapete immedesimarvi con gli altri?

9) Quali secondo voi gli aspetti migliori e più alti della vostra natura emotiva?

10) Siete capaci di provare:

a) sentimenti mistici?

b) sentimenti di devozione?

c) sentimenti di compassione?

d) sentimenti di aspirazione?

e) sentimenti di entusiasmo?

f) sentimenti di amore per l'umanità?

g) sentimenti di partecipazione al dolore altrui?

h) sentimenti di amore per il Divino?

11) Quali sono le cose che vi fanno soffrire di più?

12) Quali sono le cose che vi rendono più felice?

13) Di solito siete portato alla serenità, alla pace, alla calma emotiva, oppure siete frequentemente ansioso, depresso, angosciato?

14) Provate spesso un senso di vuoto e di aridità?


IX ESERCIZIO: Giusto funzionamento della natura emotiva


1) Cercate di raggiungere uno stato di completo rilassamento.

2) Poi raccoglietevi all'interno cercando di "sentire" la qualità della vostra natura emotiva.

3) Calmatela, rasserenatela se è necessario, allontanando ogni sentimento di agitazione, di preoccupazione, o di depressione. Aiutatevi per raggiungere questo scopo con qualche immagine adatta (lago limpido e cristallino, prato verde, cielo sereno e azzurro, ecc.) ricordando che il corpo emotivo è molto sensibile alle immagini.

4) Visualizzate poi una luce splendente e dorata (che simboleggia l'Amore spirituale proveniente dal Sè) la quale inondi e pervada la vostra natura emotiva, purificandola, trasformandola, rendendola trasparente, limpida e perfettamente stabile.

5) Cercate poi di "sentire" effettivamente l'Amore spirituale, allargando la vostra coscienza al di là dei limiti dell'io egoistico e separativo, affermando silenziosamente per aiutarvi: "Non esiste separazione fra me e gli altri, fra me ed il Tutto. Esiste solo l'unità".

6) Chiudete questo esercizio meditativo dicendo con forza e convinzione:


"LA VERA FUNZIONE DEL MIO CORPO

EMOTIVO E' QUELLA DI UNIRE, DI SERVIRE

DA PONTE, DI SENTIRE.

IO USO LE MIE ENERGIE EMOTIVE

IN QUESTO SENSO, COME STRUMENTO

DELL'AMORE DEL SE' ".



CAPITOLO X


LIBERAZIONE DELLA MENTE DALLE

IMPURITA' E DAI CONDIZIONAMENTI


Allorchè la tua mente passerà oltre le insidie dell'illusione diverrai indifferente a ciò che udrai ed a ciò che hai udito. Allorchè la mente tua, confusa dalle Scritture, starà ferma e costante in contemplazione, allora conseguirà la devozione. (Gita, II,52,53).

E' scritto che esistono tre gradi di conoscenza e precisamente:

a) conoscenza teorica;

b) conoscenza discriminativa;

c) conoscenza intuitiva.

Questi tre gradi di conoscenza, in realtà corrispondono a tre stadi evolutivi e rivelano il livello di sviluppo della coscienza raggiunto dall'individuo.

Infatti il primo grado, quello della conoscenza teorica, basandosi solo sulle affermazioni di altri, non produce nell'uomo un'effettiva maturazione, un cambiamento di coscienza, ma anzi spesso può limitare e condizionare, poichè rimane puramente esteriore e privo di esperienza diretta. Inoltre può contribuire a mantenere nell'uomo uno stato di passività intellettuale, riempiendo la mente di nozioni, di conoscenze mnemoniche, di idee, di opinioni acquisite, da cui in seguito sarà molto difficile liberarsi.

E' tuttavia inevitabile passare attraverso questo stadio, perche manca la necessaria preparazione e la capacità di sperimentare direttamente per mezzo di una realizzazione intuitiva. E' uno stadio preparatorio, che può anche avere degli aspetti positivi per colui che comincia a passare allo stadio successivo della conoscenza discriminativa, che presuppone appunto lo sviluppo della discriminazione o discernimento, e che ci rende capaci di confrontare, di selezionare, di vagliare, scegliere e utilizzare le conoscenze teoriche acquisite nello stadio precedente.

La capacità di discriminazione affiora nella mente allorchè riusciamo a superare lo stadio passivo ed incosciente e cominciamo a sentire il nostro io individuale.

Tale superamento ci permette di essere meno influenzabili, meno suggestionabili di fronte all'autorità delle menti di altre persone, di fronte alla pressione delle opinioni di massa, di fronte alla pressione alle idee e alle teorie che assorbiamo dall'ambiente. E' il momento in cui siamo capaci di analizzare, di valutare intelligentemente le conoscenze che acquisiamo, di non lasciarci trascinare da facili entusiasmi, o da preferenze emotive e sopratutto è il momento in cui cominciamo a desiderare di sperimentare, di verificare, di realizzare per esperienza diretta.

E' la coscienza mentale che in noi comincia a risvegliarsi e che tenta di liberarsi da tutti i condizionamenti, gli automatismi, le abitudini false di pensiero, che la soffocano e la ostacolano.

A tale stadio ha inizio la purificazione mentale e la liberazione dai condizionamenti insiti nella mente.

Il terzo grado della conoscenza, quella intuitiva, emerge appunto quando la mente è complessivamente liberata dalle impurità, è priva di condizionamenti e idee costruite, e può manifestare il suo aspetto più alto di organo di vera conoscenza verso il mondo del Sè e delle Idee Divine.

Questo terzo tipo di conoscenza supera la razionalità discorsiva e lo stadio deduttivo della mente analitica, poichè conosce per immedesimazione, per esperienza diretta, in un lampo di luce sintetica e globale. Solo in questa fase la mente rivela la sua reale funzione di "ponte" e di mezzo contatto con "la nube delle cose conoscibili ", e mostra la sua profondità. la sua luminosità, il suo potere creativo, che fanno dell'uomo un vero Conoscitore.

Prima di questo stadio spesso la mente può essere più di ostacolo che di aiuto, tanto che, come è scritto nella "voce del Silenzio", è considerata "la distruttrice del Reale", appunto perchè può, con i suoi contenuti di "falsa conoscenza" , con il suo incessante movimento e con la sua logica priva della luce dell'intuizione, precludere la visione del mondo del reale, e della vera conoscenza, offuscandoci e limitandoci, invece di rivelarci la verità.

Occorre quindi che noi sviluppiamo e purifichiamo la mente per portarla a manifestare la sua reale e più alta funzione, quella intuitiva.

Il primo passo è quello di cercare di capire il nostro meccanismo mentale, di osservare e analizzare la complessa natura della nostra mente.

E' detto nei libri esoterici che il corpo mentale ha una natura duale, e cioè come se avesse due facce: una volta all'esterno, verso il mondo oggettivo, e una volta all'interno, verso il mondo soggettivo. Il simbolo della mente, infatti, è Giano bi-fronte. La mente può ricevere impressioni, sensazione ed influenze dal mondo esterno, e rivolgere a sua volta l'attenzione e l'interesse conoscitivo alla realtà soggettiva. L'uomo generalmente, quando non è abbastanza evoluto, usa sola la faccia della mente rivolta all'esterno ed ignora di possedere un'altra possibilità di conoscenza, per mezzo della faccia rivolta all'interno. Giunge però un momento della vita dell'uomo in cui questo aspetto mentale più profondo si rivela, dapprima saltuariamente e velatamente, e poi sempre più chiaramente e con continuità.

Questa dualità della mente è stata osservata e studiata da tutti i sinceri ricercatori, studiosi e pensatori di ogni tempo, tanto che si è giunti alla conclusione che esistono due modi di approccio alla conoscenza: quello che deriva dal lato mentale concreto, scientifico, che osserva e studia il mondo fenomenico, e quello astratto, intuitivo, filosofico che si rivolge al mondo dei significati e delle cause.

E' il primo modo di conoscere che è suscettibile di errori e di impurità, poichè è facilmente soggetto alle illusioni, alle limitazioni e ai condizionamenti dei sensi, delle emozioni e dell'egoismo personale. Il secondo modo di conoscere, siccome agisce per immedesimazione con l'oggetto, e va altre la forma esterna per risalire a ciò che la prodotta, e percepire in modo globale e sintetico, è invece quello che ci rivela intuitivamente la realtà.

Pertanto la purificazione mentale si riferisce al suo aspetto concreto ed esteriore, e la liberazione dei condizionamenti e dagli errori si rivolge alla faccia esterna dell'intelletto che vede solo il riflesso della Verità, ma non la Verità stessa.

Come dobbiamo precedere per arrivare a rendere la mente concreta limpida e pura?

Se ricordiamo il vero significato etimologico della parola "purificazione", di cui abbiamo parlato, e cioè "liberazione da mescolanze" ci apparirà chiaro il mezzo quale possa essere il mezzo per rendere puro qualsiasi aspetto della personalità, ed in questo caso la mente.

Purificare significa liberare qualcosa da tutto ciò che non è inerente e proprio ad esso, eliminando gli inquinamenti, le mescolanze, le sostanze spurie, gli elementi estranei e scoprire la sua vera essenza, la sua vera qualità e la sua reale funzione, che in se stessa e "pura", perchè deriva (come tutto ciò che esiste) dal Divino. Come abbiamo sempre detto, tutto ciò che è nell'uomo, anche a livello personale, è un riflesso del Sè, è una proiezione del Divino, poichè dietro le forme e le loro molteplici differenziazioni, esiste sempre l'Uno che le ha prodotte.

Se arriva a liberare la mente dalle impurità con due tecniche fondamentali, che in realtà rappresentano due fasi successive di uno stesso lavoro interiore.

Esse sono:

a) la concentrazione;

b) il silenzio mentale.

La prima rappresenta la facoltà della mente di essere attiva, positiva, e la seconda la facoltà di essere ricettiva, passiva. La mente concreta possiede queste due facoltà latenti e le manifesta quando è liberata dalle impurità, dai condizionamenti e può funzionare nel giusto modo nel suo piano.

Esaminiamo dettagliatamente queste due tecniche.

La concentrazione è la facoltà di saper incanalare il pensiero nella direzione voluta, dopo aver scelto un soggetto un'idea su cui concentrarsi, fino ad arrivare a conoscerlo perfettamente. Se la concentrazione è fatta bene, ed il pensiero riesce effettivamente a focalizzarsi con completa adesione ed attenzione al soggetto prescelto, la mente riesce a poco a a poco ad andare oltre la forma o il significato esteriore ed oggettivo, e a percepire l'energia e la realtà che stanno dietro alle apparenze.

La concentrazione mediante l'idea non è quindi che un mezzo per aprire i piani sopracoscienti della nostra esistenza.

Pertanto la concentrazione della mente è un metodo, una tecnica per rendere, dapprima, la mente obbediente ai comandi della volontà, e poi per renderla così penetrante ed acuta da poter andare oltre il simbolo rappresentato dall'oggetto preso in esame.

Il silenzio mentale invece si raggiunge quando riusciamo a liberare la mente da tutti i suoi contenuti, da tutte le costruzioni intellettuali, dall'incessante movimento del pensiero, e quando superiamo glia attaccamenti e le "preferenze" per un certo tipo di conoscenza. Il silenzio mentale, l'atteggiamento di ricettività e di passività della mente, è in realtà uno stato di purezza, di trasparenza, di "vuoto", che presuppone una maturazione interiore, uno sviluppo della coscienza, che ci rende capaci di distaccarci dall'io personale, il quale usa la mente per scopi egoistici e limitati, seguendo una linea di minor resistenza, mosso dall'orgoglio, dal desiderio e dall'illusione dei sensi.

Quindi il silenzio mentale non si ottiene solo con una tecnica meditativa, come molti credono, ma con una preparazione ed un allenamento continui di tutta la personalità, una purificazione dei moventi, ed uno sviluppo dell'atteggiamento distaccato dello Spettatore interiore.

Lo sviluppo della capacità di concentrazione mentale è in realtà preparatorio per il raggiungimento del silenzio mentale, il quale è, a sua volta, un atteggiamento che ci allena per lo sviluppo delle facoltà di conoscenza superiore, quello intuitivo.

Accade a volte, quando cominciamo ad allenarci nella concentrazione, che ci accorgiamo che non sappiamo nemmeno "pensare" veramente, perchè ciò che fino ad allora avevamo creduto che fosse il pensare era stato solo un ricordare, un ripetere concetti e idee altrui.

Infatti nella maggior parte dei casi, non abbiamo idee nostre, opinioni personali, ma opinioni inculcate da altri, assorbite incosciamente dall'ambiente, o idee strutturate in schemi che abbiamo accettato, non per scelta libera e consapevole, ma per opera di suggestione inconscia, per influenze di menti più forti della nostra, o per moventi di conformismo, di paura e di comodo.

La mente corrisponde al terzo aspetto della Divinità, Spirito Santo, chiamato anche il fuoco della creazione, o Intelligenza creativa; infatti in essa è latente un potere creatore, una capacità di produrre da se stessa idee e pensieri, in un atto di creatività.

Di questo ci accorgiamo quando il potere di concentrazione diventa uno strumento di "vero" pensiero, e libera la nostra mente dalle abitudini, dai condizionamenti, dalle imitazioni e dalle preferenze, per far scaturire il vero fuoco solare della mente.

Quindi il primo passo verso la purificazione della mente è imparare a pensare veramente. Ci aiuta in questo senso lo sviluppo della discriminazione, di cui abbiamo parlato prima, che, nella sua forma più semplice, è la facolta di paragonare, di analisi, di scelta e sopratutto di "equanimità".

Che cosa vuol dire questa parola?

Vuol dire obbiettività, equilibrio, libertà da preferenze e da attaccamenti emotivi, imparzialità assoluta... In altre parole è la qualità fondamentale della mente purificata, che è l'organo della conoscenza limpida, chiara, obbiettiva, in cui non c'è ombra di emotività e di attaccamento.

Questa qualità può sembrare difficile da raggiungere, ma in realtà non è così, perchè essa è già latente nella mente ed esprime l'essenza stessa dell'apparato mentale.

Come nella natura emotiva vi è già latente la capacità di sensibilità e di amore, così nella mente è insita la facoltà di pensare e di conoscere con perfetta equanimità, e cioè la capacità di vero e retto pensiero.

Non dobbiamo dimenticare il postulato fondamentale dell'Unità sottostante alle molteplicità, per cui anche i veicoli personali non sono altro che "modi" di esprimersi del Sè, e che quindi si tratta di riportarli a manifestare la loro vera essenza con lo sviluppo della coscienza. Noi nel nostro stato di incoscienza iniziale li abbiamo alterati, inquinati, sviluppati in maniera distorta, lasciandoci condizionare da influssi negativi e limitati. Ora si tratta di liberare i veicoli di queste influenze, da questi condizionamenti e di riportarli alla vera funzione.

Così dobbiamo fare anche per il corpo mentale e per fare ciò che occorre arrivare al giusto modo di pensare, passando prima attraverso un periodo di liberazione da tutte le nozioni intellettuali precedenti, da tutte le concezioni limitate e illusorie che avevamo inconsciamente assorbite.

E' facile quindi capire che la vera conoscenza scaturisce da una effettiva realizzazione interiore, è effetto di una "presa di coscienza" e di un, sia pure parziale, risveglio del Sè.

Tuttavia la mente deve andare oltre le capacità di pensare, per giungere a manifestare anche la sua facoltà di "non pensare", di rimanere silenziosa ed immobile, ma perfettamente cosciente e lucida, perchè solo così essa può rivelare il suo aspetto più alto: l'intuizione e conoscere il Sè. Infatti la nostra realtà spirituale, che è appunto il Sè, non può essere conosciuta con il pensiero concreto, con il ragionamento anche il più profondo e acuto, ma può essere conosciuta solo per immedesimazione e per intuizione.

Per giungere alla conoscenza del Sè è indispensabile una completa passività intellettuale, il potere di allontanare ogni pensiero; bisogna che la mente abbia potere di non pensare.

Solo così potremo a poco a poco scoprire anche la faccia interna della mente, ed imparare ad usarla come organo della vera conoscenza, poichè tutto ciò che avevamo conosciuto prima non era stato che una preparazione alla scoperta della verità, che non sta nel mondo del relativo, ma nel mondo dei significati e delle cause, verso cui la mente può fare da ponte.

Essa è per questo chiamata anche l'organo della visione ed il suo simbolo è la luce, perchè solo quando essa è sviluppata e purificata e resa libera dalla coscienza risvegliata, noi potremo "vedere" veramente la realtà delle cose.

1) A quale tipo di conoscenza pensate di essere portato fra le seguenti:

a) conoscenza teorica

b) conoscenza discriminativa?

c) conoscenza intuitiva?

2) Pensate di saper usare giustamente la vostra mente?

3) In che misura è sviluppata la vostra mente concreta?

4) Siete più portato all'analisi, alla scienza, oppure al pensiero astratto, sintetico e filosofico?

5) In che misura è sviluppata in voi la capacità di concentrazione? In altre parole sapete mantenere la mente ed il pensiero su di una linea da voi prestabilita, oppure la vostra mente divaga ed è incapace di essere controllata?

6) Nella vostra mente sono presenti "condizionamenti"?

Cioè vi sentite capace di "pensare" veramente, di saper formulare ragionamenti, opinioni, concetti vostri, indipendentemente da ciò che avete appreso, o ricevuto dall'ambiente, dagli studi che avete fatti, da conoscenze acquisite?

7) Siete molto attaccato alle vostre idee, o siete capace di modificarle, di allargarle, ed eventualmente anche di abbandonarle?

8) In voi e maggiormente presente il pensiero cosciente o il lavoro intellettuale "inconscio?"

9) In che misura è sviluppata in voi l'intuizione?

10) Siete capaci di usare la mente verso l'interno?

11) Siete capace di osservare e analizzare il lavorio della vostra mente?

12) Siete capace di "silenzio mentale?"

13) Che cosa intendete per "silenzio mentale?"

a) uno stato di passività mentale?

b) uno stato di "vuoto" simile ad un dormiveglia?

c) uno stato di pace interiore privo di contenuto?

d) uno stato di tensione e di attesa?

14) Se credete di aver provato qualche volta "il silenzio mentale", cercate di descriverlo.


X ESERCIZIO: "Concentrazione per imparare a pensare"


1) Rilassatevi completamente, aiutandovi con qualche respirazione calma e regolare.

2) Interiorizzatevi, astraendo l'attenzione dall'ambiente circostante e raccoglietevi nella mente.

3) Disindetificatevi dalla mente e cercate di osservare i suoi movimenti e di afferrare la sua qualità di "meccanicità", di lavoria automatico e passivo, causato in genere da sensazioni e stimoli provenienti dall'esterno per mezzo dei cinque sensi.

4) Cercate di fermare quel movimento meccanico, e di pensare veramente, su un soggetto da voi prescelto (pensiero seme), e di cercare di capire, facendo questo, la differenza che esiste fra il modo di pensare meccanico, passivo, e quello invece determinato, lucido e positivo.

5) In un secondo tempo, e cioè dopo alcuni giorni, tentate anche di migliorare la "qualità" del vostro pensiero cosciente, e cioè di renderlo originale, libero da idee già fatte, da conoscenze acquisite, ed evocate idee veramente vostre, anche se quelle che vi affiorano vi possono sembrare paradossali, o assurde, o troppo semplicistiche. Se non vi riuscite non vi scoraggiate e tentate ancora.


x bis ESERCIZIO: "Silenzio mentale"


1) Rilassatevi

2) Interiorizzatevi e focalizzatevi nella mente. (Centro Ajna)

3) Cercate di allontanare tutti i pensieri, e di raggiungere uno stato di quiete e di calma mentale.

4) Cercate di entrare nel "silenzio" mentale, senza perdere però la coscienza di voi stesso.

5) Se voi non riuscite completamente, non importa. Basta che prendiate interesse per i pensieri, e che essi vi sembrino "cose esteriori" che fluiscono al di fuori di un immaginario cerchio di pace e di silenzio in cui voi vi trovate.

6) Rivolgete l'attenzione verso l'interno e verso l'alto in un atteggiamento di ricettività e di attesa.

7) Per chiudere affermate silenziosamente:


"LA MIA MENTE è UN PERFETTO STRUMENTO DI CONOSCENZA DI CUI IL SE' SI SERVE. ESSA E' LIMPIDA, RICETTIVA, APERTA ALLE IDEE CHE VENGONO DAL PIANO DELL'INTUIZIONE (PIANOBUDDHICO).

LA MIA MENTE E' L'ORGANO DELLA VISIONE".



CAPITOLO XI


DALLA COSCIENZA INDIVIDUALE

ALLA COSCIENZA COSMICA



"Io andrei in pellegrinaggio pur nel deserto d'Arabia per trovare l'uomo che potesse farmi comprendere l'Uno può essere in molti".


Una volta giunti a ricostruire in noi l'unità, e cioè a superare il dualismo apparente fra il Sè e i suoi veicoli di espressione, e quindi a sentirci perfettamente "allineati", sembrerebbe che la meta si a raggiunta e che non ci sia ulteriore crescita da fare. Il ciclo sembra completo. L'uomo si è risvegliato dalla sua incoscienza, i conflitti sono cessati e l'armonia, la pace e la gioia inesprimibili della liberazione inondano la sua coscienza... Eppure il cammino non è terminato. La forza evolutiva sospinge ancora in avanti ed in alto e dinanzi all'anima abbagliata dell'uomo si apre lo sconfinato orizzonte delle varie gradazioni di realtà: poichè vi sono infiniti livelli di coscienza che a poco a poco devono essere conosciuti e realizzati: "...dall'alto fino in basso... questo universo non è che una continuazione di coscienza-forza o, come dice Sri Aurobindo dalla Materia pura allo Spirito puro" (Da "La avventura della coscienza". di Satprem pag. 128).

Quindi l'uomo, una volta realizzata la sua coscienza individuale autentica e spirituale deve espandersi ed evolversi fino a divenire consapevole per gradi di tutti questi altri livelli di coscienza e arrivare alla coscienza universale e alla coscienza cosmica e divina.

Infatti le successive iniziazioni dell'uomo, secondo l'esoterismo, non sono altro che espnsioni di coscienza. Potremmo tentare di elencare per grandi linee i vari gradi della coscienza, come sono descritti da alcuni studiosi, fra cui A.A. Bailey nel suo libro "La coscienza dell'atomo".

Essi sono i seguenti:

a) coscienza semplice;

b) coscienza individuale e auto- coscienza;

c) coscienza di gruppo o coscienza universale;

d) coscienza cosmica o divina.

Fra ognuno di questi livelli ed il successivo, come è ovvio, vi sono infinite gradazioni e sfumature, come per esempio fra l'auto-coscienza e la coscienza di gruppo, si trovano le viarie iniziazioni, che possono essere paragonate ai "gradini" da salire, o a "porte" da attraversare, verso orizzonti sempre più ampi e verso inclusioni sempre più luminose e profonde della coscienza totale.

Nei regni inferiori all'umano vi è quella che è stata denominata "coscienza semplice", e che è una specie di sensibilità e di consapevolezza non ancora individualizzate ed autocoscienti.

Nel regno umano questa coscienza "semplice" e diffusa si restringe, per dir così, si condensa in un "io", si individualizza e diviene coscienza di sè autoriconoscendosi, e da quel momento in poi questo nuovo aspetto della coscienza non è perduto, ma anzi si accresce sempre più fino a che tutto l'universo diviene "Io", come dice il buddhismo Zen.

Infatti per l'uomo autorealizzato e giunto alla più alta espressione umana, quella di adepto, l'Io non ha confini. Questo non deve essere interpretato come inflazione dell'io come uno smisurato senso di orgoglio che ci fa sentire simili a Dio, ma come uno slargamento delle barriere della coscienza individuale, una perdita dell'egocentrismo e della chiusura nei limiti dell'individualità, fino ad arrivare ad una identificazione gioiosa e nello stesso tempo umile e del tutto naturale, come l'infinità realtà della universo e del divino.

Forse ciò è ancora fuori della nostra comprensione, perchè è difficile concepire la contenporanea esistenza della coscienza dell'io e della coscienza del tutto. Per noi, al livello di consapevolezza in cui ci troviamo, identificandoci con l'universale, significa solo perdere la nostra individualità, e quindi smarrirci nel "nulla" infinito. Significa la morte del nostro "io" umano e cadere in un abisso senza confini e qui ci annulliamo e perdiamo la nostra esistenza... Invece non è così e vi sono infinite testimonianze di ciò, perchè vi sono stati uomini, che, pur rimanendo umani, e continuando a vivere la loro vita apparentemente immutata, hanno raggiunto l'ultimo grado della coscienza, quella cosmica nel loro corpo fisico, e cioè rimanendo in incarnazione, continuando a vivere, a lavorare, a pensare, a creare, come se fossero uguali agli altri. Tuttavia non sono uguali agli altri, ma molto diversi, solo che è cambiato in loro è lo stato di coscienza, e le conseguenze di questo cambiamento non influiscono sulla loro realtà umana, ma solo sullo stato soggettivo, e sulla qualità della loro vita.

Infatti, anche se apparentemente la loro esistenza è uguale a quella degli altri, in effetti essa è profondamente diversa, perchè oltre allo stato di gioia infinita, di profonda beatitudine, di completezza, che essi sperimentano, anche i loro moventi, il loro orientamento, l'essenza della loro vita sono profondamente diversi. Amore, luce, saggezza, conoscenza infiniti permeano la loro consapevolezza, mentre ogni genere di dubbio, di paura, di egoismo, d'incertezza è completamente svanito. Inoltre da loro emana un silenzioso ma enorme potere, che è capace con la sola irradiazione, di guarire, di riarmonizzare, di svegliare gli altri dall'incoscienza... Ma queste sono solo parole inadeguate a descrivere quello che può essere lo stato di coscienza di uno che ha raggiunto il massimo dell'espansione coscienziale, rimanendo nel corpo fisico.

Lo studioso inglese Richard M. Buche nel suo libro "Cosmic Consciousness" descrive questo stato di coscienza elevatissimo raggiunto da vari individui attraverso le epoche, prendendoli a testimoni della verità di questo fatto interiore, a cui, prima o poi, ogni uomo arriverà.

Noi possiamo solo intuirlo e, forse a sprazzi, talvolta sentirlo, sia pure minimamente e limitatamente. Quello che tuttavia ci deve essere chiaro fin dall'inizio del nostro cammino verso lo sviluppo della coscienza totale, è che l'io è solo il centro di una sfera amplissima ed infinita di consapevolezza, e che, via via che procediamo nell'evoluzione, possiamo includere zone sempre più vaste dei contenuti coscienziali di questa sfera nella nostra autocoscienza.

A.A. Bailey nel suo libro "La coscienza dell'atomo" ci presenta interessanti ed illuminanti analoghe fra la coscienza dell'io umano, e la coscienza dell'atomo. Come abbiamo detto all'inizio di questo libro, è stato accertato dalla scienza che anche l'atomo ha una certa consapevolezza ed anche una sfera di influenza.

"L'atomo è un'entità vivente, un mondo vibrante e nella sua sfera di influenza si trovano altre piccole vite" (A.A. Bailey: "La coscienza dell'atomo"). L'autrice poi continua dicendo che l'atomo ha una sua energia interna, ma anche un'energia rivolta verso l'esterno e che è tesa ad instaurare rapporti verso il mondo oggettivo. Infatti nell'atomo si può trovare riprodotta la struttura di un sistema solare, in cui può essere riconosciuto il sole centrale con i pianeti, che percorrono ognuno la propria orbita intorno ad esso. Facendo un'analogia con l'uomo, vediamo che anche ogni individuo è un'entità, un nucleo positivo di forza e di vita, che comprende entro la sua sfera d'influenza altre vite minori.

Quindi possiamo considerare ogni unità della famiglia umana come un atomo umano, poichè nell'uomo non abbiamo altro che un atomo di dimensioni maggiori dell'atomo chimico.

Probabilmente la meta dell'evoluzione dell'atomo è quella di raggiungere lo stadio della coscienza umana.

Abbiamo detto che l'atomo ha una energia interna ed un'energia volta verso l'esterno, e cioè il suo rapporto di attrazione e repulsione verso gli altri atomi. Anche nell'uomo vi sono questi due aspetti: vita interna e vita esterna, che possono costituire, come per l'atomo, due modi di evoluzione.

La vita interna per l'uomo è la ricerca del centro di consapevolezza, la spinta dell'auto-realizzazione.

La vita esterna è il rapporto con gli altri, l'espansione della coscienza in senso orizzontale, fino a raggiungere, dapprima la coscienza di gruppo, ed infine la coscienza cosmica.

L'io dell'uomo, la sua auto-coscienza, che è una prerogativa esclusiva del regno umano, come abbiamo già accennato, è in realtà un mistero, perchè pur costituendo una limitazione, un guscio di separazione, è però la condizione indispensabile per lo sviluppo di una coscienza più ampia e reale, ed è il seme che poi darà la vita alla coscienza universale.

L'io è il nostro centro di coscienza, è l'atomo nucleare del nostro sistema psichico (come lo chiama Joung), intorno a cui ruotano e si organizzano tutte le energie che compongono la nostra natura umana. E' quindi necessario come punto d'appoggio e di riferimento per la nostra evoluzione e per la nostra crescita interiore, ma ad un certo punto e sentito come prigione e limitazione. E' questo il segno che la coscienza imprigionata sta tentando di liberarsi e di espandersi, e si sente chiusa nell'io come da una corazza che la soffoca e che gli impedisce di comunicare con l'esterno. Tale senso di incomunicabilità è una delle sofferenze più grandi dell'uomo ed è il sintomo dell'attrito, del travaglio che precede la rottura del guscio che racchiude la coscienza, c'è sempre stato fin dall'inizio del cammino evolutivo.

Gli orientali dicono che persino i cinque sensi e la mente sono stati creati dalla coscienza imprigionata nell'io, come un tentativo di mettersi in contatto con il mondo esterno. Scrive a questo proposito Satpremn ne "La avventura della coscienza": "...abbiamo inventato gli occhi, le mani, i sensi, una mente, per poterci riunire a quello che avevamo escluso dal nostro grande essere" (Pag.178).

Per questa ragione gli indù chiamano i cinque sensi "le cinque porte verso il non-sè". Inoltre esistono delle controparti sottili di ognuno dei sensi fisici, per ciascuno dei veicoli dell'uomo, che si sviluppano a poco a poco come organi di sensibilità e di contatto con i piani invisibili e con le vibrazioni sottili degli altri individui.

"Uno dei primi e più importanti sviluppi sarà la reazione o risposta cosciente ad ogni vibrazione ed a ogni contatto, e cioè la capacità di rispondere al non-sè su ogni piano" (da "La coscienza dell'atomo", di AA Bailey, pag.128).

Possiamo anzi dire che più una persona è evoluta e più è sensibile ai contatti e alle vibrazioni che gli vengono dall'esterno. Infatti, a mano a mano che la coscienza risveglia, sembra quasi che il guscio che la imprigiona e la delimita, divenga sempre più permeabile, trasparente, assorbente, tanto che l'individuo sente aumentare la sua sensibilità, la sua ricettività, la sua capacità telepatica, la sua facoltà di immedesimazione con gli altri. Questo ultimo aspetto all'inizio non è sempre piacevole e può causare serie difficoltà e malesseri, quando non sia regolato e controllato, perchè l'identificazione con gli altri e con i loro stati d'animo e l'assorbimento delle loro vibrazioni, che non sempre sono positive, crea dei problemi e delle sofferenze. E questo avviene perchè la coscienza dell'individuo non è più del tutto separata, e, pur rimanendo intatta la consapevolezza dell'io in realtà i suoi confini si sono allargati, ed ha inizio allora il lavoro di purificazione, di trasformazione e di sublimazione, non solo delle energie psichiche che appartengono ai veicoli di quel dato individuo, ma anche di quelle di una più vasta zona di coscienza, con cui egli è in contatto e con cui si immedesima.

Infatti in realtà non i è separazione, e non vi è che una sola coscienza, e quando è giunto il momento: "...si incomincia a sentire che gli altri fanno parte di noi stessi e che sono ripetizioni diverse di noi stessi, un "noi" modificato dalla natura degli altri corpi, o quanto meno sentiamo che essi vivono un Sè universale più vasto, che non è altro che la nostra realtà superiore (Da "Lettere di Sri Aurobindo").

Questi sintomi segnano l'inizio della coscienza di gruppo, che è la manifestazione più evidente della nostra Anima, la quale si sta svegliando in noi e sta prendendo possesso dei suoi veicoli, facendo penetrare la sua coscienza ampia ed inclusiva in essi, eliminando l'illusione della separatività.

Così per gradi e quasi inavvertitamente il campo della nostra consapevolezza si espande e sperimentano sempre più spesso e sempre più vividamente il senso dell'unità sottostante all'apparente divisione, e ciò è fonte di gioia, di letizia, di pace infinita.

Queste non sono solo parole poetiche per esprimere uno stato emotivo o mistico, ma sono inadeguate espressioni che tentano di descrivere una realtà sostanziale, quella della gioia completa data dall'espansione di coscienza e dal superamento della separatività. In effetti la fonte di ogni sofferenza, di ogni angoscia, anche se non ce ne rendiamo conto, è l'isolamento, l'incomunicabilità, per cui quando le barriere dell'io egoistico che ci imprigionano, cadono, ogni dolore sparisce ed automaticamente viene sostituito da quello che è il modo di essere del Sè, che non a caso è, definito con tre espressioni, Sat-Chi-Ananda, e cioè Esistenza-Coscienza-Gioia, appunto perchè lo Spirito contiene in sè la gioia pura.

"Essere coscienti significa essere gioia. Quando la coscienza si è liberata dalle mille vibrazioni mentali, vitali e fisiche che la tengono prigioniera, la gioia è scoperta..." ("L'avventura della coscienza" di Satprem, pag.72).

L'uomo in realtà è fatto per la felicità, ed egli infatti la ricerca continuamente, solo che sbaglia nella direzione di questa sua ricerca, perchè la sua coscienza ottenebrata non gli consente di capire e di individuare quale sia la gioia, e quale sia l'ostacolo che gli impedisce di raggiungerla.

Tale ostacolo è l'incoscienza, che tuttavia, come abbiamo detto altre volte, è inevitabile, e la via per superarlo è lo sviluppo della vera coscienza, l'autorealizzazione, intesa come ricerca della propria autenticità, come risveglio della propria essenza profonda e reale, come ritrovamento del centro della coscienza.

Che dire di tale altissimo raggiungimento?

E' uno stato così avanzato che non può essere afferrato altro che per intuizione e forse non vi sono parole per descriverlo.

Tuttavia tutti coloro che l'hanno raggiunto, sia pure per un solo attimo, hanno affermato che la strada verso tale meta è l'autorealizzazione, perchè l'io individuale stranamente contiene l'universale.

Esso è contemporaneamente i cento e la circonferenza.

Dice Van der Leeuw nel suo libro "Il fuoco della Creazione", tentando di descrivere questo altro stato di coscienza: "... nel mondo del Reale ci troviamo nello stesso tempo nella circonferenza e al centro...". Si ha la sensazione non di essere perduti in qualcosa di infinitamente più grande, ma, per quanto strano ciò possa apparire, che questa cosa infinitamente grande sia contenuta nella propria coscienza (pag. 92).

In realtà quindi non v'è separazione fra individuale ed universale, non ci sono limiti alla coscienza, ed anche noi facciamo parte del Divino che è Uno.

La coscienza cosmica in sintesi esprime l'Unità e la totalità raggiunte, la fusione dell'Io con il Tutto, e la realizzazione di ciò che sono l'Eternità e l'Infinito.


1) Giunti alla fine, di questi questionari e delle relative tecniche di meditazione, potreste dire se avete riscontrato in voi stesso delle maturazioni interiori, degli sviluppi di coscienza? Quali?

2) Vi sembra di sentirvi più consapevoli, meno condizionati, più liberi dalla "meccanicità", e più capaci di vivere coscientemente?

3) Vi sembra di sentire in voi più spesso e più nitidamente il vostro centro di consapevolezza, in maniera di riconoscerlo quando esso affiora?

4) Riuscite a sentire, quando vi interiorizzate e vi raccogliete nel silenzio, la calma e possente presenza dell'essere contrapposto al divenire? In altre parole riuscite i disidentificare il vostro centro di auto-coscienza dagli strumenti personali e dalle modificazioni psichiche?

5) Quando emerge in voi il centro di auto-coscienza, ciò vi procura un senso di solitudine, di incomunicabilità, oppure senso di pace, di forza, di lucidità, unito ad una maggiore capacità di immedesimazione e di comprensione verso gli altri, e di allargamento di coscienza?

6) Vi sembra di essere più ricettivo, più sensibile, più intuitivo verso il mondo Supercosciente?

7) Vi sembra di essere divenuto più permeabile, più sensitivo verso l'esterno, sia esso "gli altri", o la natura, o il cosmo?

8) Avete mai provato momenti di immedesimazione e di empatia con altre persone?

9) Vi siete mai sentito identificato con il Tutto?

10) Se la risposta è affermativa, potreste dire in quale occasione?

11) Potreste dire quali sono i maggiori ostacoli ed impedimenti al vostro sviluppo di coscienza? Provenivano dall'inconscio? Dall'ambiente? Da particolari situazioni emotive? O altro?


XI ESERCIZIO: Meditazione per allargare la coscienza


1) Rilassatevi

2) Interiorizzatevi

3) Disidentificatevi dai veicoli personali

4) Auto-riconoscetevi nel centro di coscienza, (corpo causale) cercando di sentire in maniera lucida, calma e pienamente consapevole di essere un IO, affermando silenziosamente:


IO SONO UN CENTRO DI

PURA CONSAPEVOLEZZA

IO SONO UN CENTRO

IO SONO


5) Dopo alcuni minuti di silenzio, con la consapevolezza mantenuta al centro, cercate di sentire un senso di espansione, di allargamento di coscienza verso tutto e verso tutti, affermando a voi stessi:


NON VI E' CHE UN UNICO "IO" DI CUI IL MIO

IO INDIVIDUALE E' SOLO UN RIFLESSO.


NON VI E' CHE UNA COSCIENZA DI CUI LA MIA

COSCIENZA E' UNA TESTIMONIANZA.


NON VI E' CHE UN'UNICA VITA DI CUI LA MIA

VITA E' CANALE.


NON VI E' CHE IL SE', REALTA' ASSOLUTA CHE

PERMEA TUTTO L'UNIVERSO.

IO SONO QUEL SE' - QUEL SE' SONO IO.






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