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Una storia d'amore tra due adolescenti, un padre "padrone", un inganno: questi sono gli elementi fondamentali del romanzo "Con gli occhi chiusi".
Scritto da Tozzi nel 1913, viene pubblicato solo sei anni dopo grazie a Borgese e Pirandello, che introducono lo scrittore presso Treves, famoso editore milanese. Il senese Federigo Tozzi , vissuto tra il 1883 e il 1920, fin dalla prima infanzia subisce la figura del padre, una figura molto forte, un uomo molto colto, proprietario di alcuni poderi. Nel 1895 viene espulso dal collegio arcivescovile di Provenzano e, in quello stesso anno, muore sua madre, cui era molto affezionato. Nel 1902, dopo aver frequentato sia la scuola delle Belle Arti che le scuole tecniche, lascia gli studi e si iscrive al Partito Socialista di Siena. Ossessionato dall'idea di sottrarsi al dominio del padre, si trasferisce a Roma, poi torna a Siena. Nel 1908 muore il padre, Federigo si sposa, vende i poderi e si ritira a Castagneto, dove scrive vari romanzi: "La zampogna verde La città della Vergine" e "Con gli occhi chiusi". Alla fine del 1914 torna a Roma, dove conosce Borgese e Pirandello. È semplice rintracciare l'elemento autobiogr 141b13b afico nella vicenda del protagonista del suo romanzo, Pietro. Costretto a subire la figura del padre, Domenico Rosi, proprietario di una trattoria e di un podere, egli si appoggia alla madre, una donna molto mite, ma affetta da una grave malattia che la porterà ad una morte prematura, che acuisce i contrasti del ragazzo con il padre. Pietro, ormai adolescente, si innamora di Ghisola, una contadina del suo podere che cercherà di ingannarlo, nascondendogli la sua gravidanza; egli si avvicinerà, inoltre, al Partito Socialista. Quando Pietro si accorgerà dell'inganno della sua amata non potrà fare altro se non "aprire gli occhi" e cancellare questo sentimento. Il tema fondamentale dell'opera è il confronto di Pietro-Federigo con il padre, tema ricorrente nella letteratura del tempo, basti pensare a "La coscienza di Zeno" di Svevo o a "Lettera al padre" di Kafka, o anche a "La figlia di Jorio" di D'Annunzio, nei quali la figura "inetta", debole, del figlio si contrappone alla figura autoritaria del padre. Domenico disprezza l'inettitudine del figlio, che è causata proprio dall'impossibilità di Pietro di prendere il padre come modello, a causa anche di ragioni storiche, cioè della crisi dell'individuo che nasce proprio nel periodo in cui Tozzi vive, e di cui si fanno portavoce i maggiori artisti del tempo. In particolare, potremmo confrontare Pietro con i personaggi di Svevo, i quali si trovano sempre a lottare, a confrontarsi con una figura paterna che non riescono ad accettare, questi personaggi non riescono a riconoscere in sé stessi quella che è la personalità del padre. Pietro continua a nutrire negli anni il grande amore per Ghisola, vuole studiare, si avvicina ai socialisti anche perché suo padre è contrario a tutto questo. Importante, per quanto riguarda questo conflitto, è la scena della castrazione degli animali, nella quale è allegoricamente espresso l'atteggiamento di Domenico nei confronti di Pietro, egli lo svirilizza, lo mette in una condizione di impotenza, negandogli la possibilità di "vedere" in modo corretto la realtà porta al fallimento il suo fidanzamento con Ghisola. La figura della madre è fondamentale nell'analisi del contrasto padre- figlio: nell'ottica di Pietro lei è vittima, è tradita, e questo è un forte argomento d'accusa al padre, poiché il figlio saprebbe darle l'amore che il marito non le dà. Dunque questo scontro potrebbe essere legato ad un complesso edipico del protagonista, come in "Lettera al padre
Con gli occhi chiusi" non è un romanzo facile, e per certi versi non si può definire nemmeno bello, sia per quanto riguarda la trama, sia per quanto riguarda lo stile. La storia non appare poi così originale e spesso vengono quasi trascurati degli aspetti della vicenda a favore di altri, che sembrano irrilevanti. I periodi non sempre appaiono chiari e scorrevoli, l'autore usa spesso termini dialettali o costrutti derivati dal dialetto. Anche se all'apparenza sembra essere un romanzo psicologico, in realtà non c'è quasi mai l'introspezione vera e propria, non si scava mai nella psicologia dei personaggi, tutto viene descritto alla maniera dei naturalisti, ma non tutto viene compreso. Anche per questo le opere di Tozzi non furono e non sono tuttora, il contrasto con altri scrittori, D'Annunzio, Svevo, Kafka, Pirandello, di stile più raffinato ed elegante, più vicino ai gusti del pubblico, lo ha lasciato in ombra.
Il "fanciullino" e i colori
"Cirri di porpora e d'oro", "Roggio nel filare qualche pampano brilla", "Nel campo mezzo grigio e mezzo nero": queste espressioni vengono utilizzate da Pascoli in alcune delle sue poesie, ognuna contiene almeno un colore. In Pascoli il colore può creare l'atmosfera della poesia, ad esempio la "notte nera come il nulla", ma si arricchisce spesso di significati che vanno ben oltre la semplice sensazione visiva: il colore, come il suono, in Pascoli diventa simbolo, diventa il legame tra il mondo esterno e il fanciullino che è in lui. Ogni colore è associato ad un particolare significato: la casa bianca che appare tra il nero della notte rappresenta perfettamente la visione pascoliana del "nido", sicuro, dunque bianco, e del mondo esterno, ostile, dunque nero, il colore bianco, inoltre, associato al volo ("un'ala di gabbiano"), lascia intendere la presenza nel poeta di una speranza in una possibilità di riscatto; il nero e il grigio possono diventare simbolo dello stato d'animo della donna abbandonata, della solitudine, come in "Lavandare"; il rosso ha una connotazione negativa: può essere il rosso dei lampi nel "Temporale", un rosso carico di angoscia, ma anche il rosso del "Gelsomino notturno", un rosso legato alla sessualità, un valore da cui il poeta è escluso e che vede solo come un atto violento; l'azzurro rimanda generalmente ad immagini legate all'infanzia, o, comunque, positive, come ne "La mia sera": "là, voci di tenebra azzurra./ Mi sembrano canti di culla,/ che fanno ch'io torni com'era.", o anche nel "Gelsomino notturno": "La Chioccetta per l'aia azzurra/ va col suo pigolio di stelle". Spesso nelle poesie di Pascoli il colore non è solo una caratteristica del soggetto di cui egli parla, è il soggetto stesso, è l'elemento che dà la sensazione al poeta, come ad esempio nel "Gelsomino notturno": "dai calici aperti si esala/ l'odore di fragole rosse", il rosso non è la caratteristica delle fragole, sembra quasi che il profumo appartenga al colore rosso e non al frutto e, proprio per il colore l'odore delle fragole è associato al gelsomino. Pascoli è dunque un simbolista a tutti gli effetti, ogni cosa nelle sue poesie, dal suono, al colore, al semplice oggetto, ha un significato importante, diventa simbolo di un modo di essere.
Verga e Zola di fronte al progresso
Nella seconda metà dell'Ottocento cambia la visione della realtà da parte degli intellettuali, i quali se ne distaccano e, ognuno a modo proprio, la analizzano e cercano di capirla.
In questo periodo, infatti, in tutta l'Europa, avvengono dei grandi cambiamenti, sia nel campo culturale sia nel campo economico. Per quanto riguarda l'economia, la rivoluzione industriale aveva dato i suoi frutti consentendo alla borghesia di emergere e di diventare, di fatto, la classe sociale economicamente più importante; in campo culturale cambia il ruolo dell'intellettuale: egli non accetta la società in cui vive, in particolare non accetta gli squilibri sociali portati dalla crescente industrializzazione. Emblematica fu la polemica sorta in Inghilterra a proposito del cosiddetto "Victorian compromise", ossia il fatto che l'industrializzazione se da una parte aveva portato grandi ricchezze, dall'altra aveva creato una quantità immensa di proletari costretti a vive in condizioni terribili.
Nasce proprio in questo periodo una corrente filosofica molto legata , se non ispirata, all'industrializzazione: il Positivismo. I positivisti, il cui principale esponente è Comte, avendo visto con i loro occhi i grandi progressi fatti dalla scienza, le sue immediate applicazioni all'industria, e la sua importanza nella vita dell'uomo, ripongono in essa una grande fiducia e pensano che tutto possa essere spiegato in modo scientifico, da qui viene il rifiuto della metafisica e la visione determinista propria di questa corrente. Hippolyte Taine, positivista, pensa che il determinismo della sua filosofia si possa applicare a tutte le scienze umane, e che quindi la psicologia, i sentimenti, i comportamenti umani possano essere analizzati tenendo conto di tre agenti fondamentali che influenzano il personaggio: la race, ovvero i caratteri genetici trasmessi dai genitori, l'ambiant e il moment. Su queste teorie si basa il Naturalismo.
Si può prendere come data di nascita del Naturalismo il 1864, l'anno della pubblicazione di "Germinie Lacertaux" da parte dei fratelli Goncourt. Nella prefazione al romanzo, che si presenta come un vero e proprio manifesto del Naturalismo,gli autori spiegano le motivazioni che li hanno spinti a parlare di un argomento così innovativo per la letteratura del tempo: la degradazione fisica e psicologica di una serva isterica. I fratelli Goncourt affermano che "il romanzo s'è imposto gli studi e i compiti della scienza", quindi il romanzo deve analizzare scientificamente ogni particolare, inoltre il romanzo deve ricercare "l'Arte e la verità", deve dunque basarsi su personaggi e fatti reali e analizzarli così come un medico studia le malattie. I modelli di questa corrente letteraria sono due autori francesi: Balzac, il quale ha introdotto il legame uomo-ambiente con descrizioni minuziose di quest'ultimo, e Flaubert, il quale, per primo, ha parlato di "impersonalità dell'autore". Per i Naturalisti la letteratura ha un grande valore sociale, di denuncia e di spinta alla modifica degli squilibri della società dovuti all'industrializzazione, la quale, tuttavia, non è demonizzata poiché per i Naturalisti il progresso è fondamentale nella società umana.
Il maggior esponente del Naturalismo è Zola, il quale ha introdotto il concetto di "Romanzo sperimentale", cioè il romanzo deve "mettere in luce gli ingranaggi delle manifestazioni passionali ed intellettuali" come se fosse un trattato di fisiologia. Zola scrive vari romanzi: "Germinal", "Il ventre di Parigi", " Teresa Raquin", ma l'opera più importante è il ciclo dei "Rougon-Macquart", nel quale viene analizzata la storia di una famiglia e dei personaggi che la compongono. I cicli romanzeschi sono la piena realizzazione delle teorie dei Naturalisti, perché consentivano loro di fare un'analisi più approfondita e da più punti di vista del rapporto uomo-ambiente.
Anche Verga scrive un ciclo, incompiuto: "Il ciclo dei Vinti". Verga aveva in mente, in realtà, cinque romanzi: "Padron 'Ntoni" (diventato poi "I
Malavoglia"), "Mastro Don Gesualdo", "La duchessa delle Gargantàs" (diventato "La duchessa di Leyra", ma rimasto incompiuto), "L'on. Scipioni" e "L'uomo di lusso". Solo i primi due furono portati a termine. In questo ciclo Verga vuole analizzare i vinti di tutte le estrazioni sociali e mettere in luce il meccanismo della "lotta per la vita" presente in tutti gli uomini. Questo concetto viene dal cosiddetto "Darwinismo sociale", cioè la convinzione che l'uomo, come l'animale, risentisse delle leggi della natura e che, quindi, l'uomo più forte sopraffa il più debole. Verga analizza i deboli.
"I Malavoglia" parla di una famiglia di pescatori che tenta un miglioramento sociale cercando di diventare commercianti di lupini. La loro barca carica di lupini (non a caso chiamata "Provvidenza") però affonda, portando con sé il capo famiglia. Da qui in poi la famiglia si disgregherà, e si ricomporrà solo parzialmente. Molto importante è il conflitto tra il giovane 'Ntoni e il vecchio padron 'Ntoni. Il primo, che conosce la vita nelle città, rappresenta il progresso, il secondo la tradizione.
Il "Mastro Don Gesualdo" racconta invece di un muratore arricchito, il quale se socialmente è un vincitore è un perdente nella vita affettiva, poiché ha perso l'amore dei genitori e del fratello, e non è stato mai amato né dalla moglie, né dalla fiflia. Gesualdo è il classico self-made man, rappresenta la società industriale, la sua dinamicità e la sua perdita di valori. Spesso questo romanzo è stato accostato alla novella "La roba", poiché in entrambe è presente il "culto della roba", la volontà da parte dei protagonisti di accumulare ricchezze, di salire nella scala sociale, di operare un progresso, tralasciando quelli che sono i valori importanti come gli affetti familiari.
Verga si differenzia dai naturalisti anche per le ideologie. Il progresso per lui non è affatto positivo, anzi, lo definisce una "fiumana" dalla quale si viene trascinati, come avviene per il giovane 'Ntoni o per Mastro Don Gesualdo. Per questo nasce nella sua mente "l'ideale dell'ostrica", espresso nella novella "Fantasticheria": così come l'ostrica deve restare attaccata allo scoglio per sopravvivere, l'uomo deve restare attaccato alla propria casa, al proprio ceto sociale per non essere travolto dal progresso. Egli lo evidenzia ne "I Malavoglia", anche se, alla fine, il nucleo familiare riesce in parte a ricostituirsi, nel "Mastro Don Gesualdo" (anche se la tecnica verista comincia a non essere usata alla perfezione), in "Rosso Malpelo" e in tutte le sue opere veriste. Quello di Verga è dunque un forte pessimismo, completamente diverso dalla voglia di cambiare la società dei naturalisti.
Questa diversità è, molto probabilmente, imputabile alle diverse condizioni di Italia e Francia. L'Italia postunitaria era in forte crisi, l'intellettuale aveva perso quel ruolo che aveva avuto nel Risorgimento, egli non era più il portatore di ideali, non contava quasi più nulla, proprio per questo nascono movimenti come la scapigliatura e il verismo che tendono più che a creare qualcosa, a distruggere quegli ideali che erano stati del Risorgimento. A questo va aggiunta la questione meridionale, legata al fatto che il Sud Italia era stato abbandonato a sé stesso dopo l'unità, i contadini non avevano ricevuto le terre che erano state promesse loro e questo ha portato ad un ulteriore degrado della società meridionale, segnata dal brigantaggio.
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