Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

Esplorazione dello spazio - La gravità

astronomia



Esplorazione dello spazio

Scienza e ingegneria dei viaggi spaziali, con e senza equipaggio umano. La scienza della navigazione spaziale, o astronautica, si avvale dei risultati di molte discipline, quali la fisica, l'astronomia, la matematica, la chimica, la biologia, la medicina, l'elettronica e la meteorologia.

Le sonde spaziali, con o senza uomini a bordo, fornirono una fonte quasi inesauribile di dati scientifici sulla natura e l'origine del sistema solare e dell'universo (vedi Cosmologia). Allo stesso tempo, i satelliti orbitanti, ormai divenuti indispensabili per le telecomunicazioni, per effettuare previsioni meteorologiche precise e per la navigazione, vengono utilizzati anche per il riconoscimento di risorse minerali sulla superficie terrestre e per scopi militari.

L'era dello spazio e dell'astronautica iniziò nel 1957 con il lancio del satellite sovietico Sputnik 1, seguito nel gennaio dell'anno successivo dalla missione statunitense dell'Explorer 1. Nell'ottobre del 1958 venne fondata la NASA, l'ente spaziale statunitense e, nel corso dei vent'anni che seguirono, furono lanciati oltre 1600 satelliti di vari tipi, perlopiù in orbita terrestre. Dodici uomini camminarono sulla superficie lunare e tornarono sulla Terra. Nel 1986 orbitavano attorno al nostro pianeta circa trecento sonde operative e migliaia di frammenti di razzi non più in funzione.



La fisica dello spazio

Il confine tra l'atmosfera terrestre e lo spazio non è netto. Poiché la densità dell'aria diminuisce gradualmente con l'altitudine, l'alta atmosfera è molto rarefatta e si confonde a poco a poco con lo spazio vuoto. A 30 km di quota, la pressione barometrica 757c29h è un ottantesimo di quella che si rileva al livello del mare; a 60 km è 1/3600, per poi scendere fino a 1/400.000, intorno ai 90 km. Tuttavia, persino a un'altitudine di 200 km, l'atmosfera è sufficientemente densa da rallentare i satelliti artificiali per attrito aerodinamico; di conseguenza i satelliti a lunga vita operativa devono avere orbite più alte.

Radiazione nello spazio

Secondo il senso comune, lo spazio è vuoto. Esso, invece, contiene minute quantità di gas come l'idrogeno e piccoli corpi come i meteoroidi e la polvere meteoritica. Tutte le radiazioni elettromagnetiche, dai raggi X all'ultravioletto, alla luce visibile, all'infrarosso, attraversano lo spazio. Vi sono inoltre i raggi cosmici, che sono fasci di particelle ad alta velocità, costituiti prevalentemente da protoni, particelle alfa e nuclei di elementi pesanti.


La gravità

La legge di gravitazione universale stabilisce che due corpi qualsiasi dotati di massa si attraggono con una forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Come conseguenza di ciò, l'attrazione gravitazionale esercitata dalla Terra su qualunque corpo nell'universo, inclusi i veicoli spaziali, diminuisce con l'aumentare della distanza dal nostro pianeta. Il campo gravitazionale, tuttavia, si estende teoricamente fino a una distanza infinita. Si dice che gli oggetti che si trovano in un veicolo spaziale in orbita non hanno peso, perché non subiscono il normale effetto della forza di gravità; in quella situazione la forza gravitazionale è infatti molto meno intensa e gli oggetti fluttuano liberamente all'interno della navicella.

L'uomo nello spazio



Lo spazio è un ambiente ostile all'uomo per diversi motivi: l'assenza di aria impedisce di respirare; il vuoto può distruggere il corpo umano per decompressione esplosiva; la temperatura nella zona d'ombra di un pianeta è prossima allo zero assoluto, mentre sotto la diretta esposizione alla luce solare raggiunge valori estremamente elevati; inoltre, le radiazioni ad alta energia provenienti dal Sole e dallo spazio risultano fatali per una persona che non sia adeguatamente protetta. Queste condizioni ambientali estreme possono influire anche sugli strumenti di bordo delle navicelle, che devono infatti essere progettate e costruite con materiali adatti. In molti esperimenti viene simulata l'assenza di peso, al fine di verificare quali conseguenze essa possa avere, se protratta per lunghi periodi di tempo, sui viaggiatori interplanetari.

Vi sono diverse tecniche per proteggere l'uomo dalle avverse condizioni dell'ambiente spaziale: gli astronauti sono protetti da cabine pressurizzate e da tute ermetiche condizionate, all'interno delle quali viene ricreata un'atmosfera simile a quella terrestre per quanto riguarda la temperatura e l'umidità. Superfici assorbenti e riflettenti all'esterno delle navicelle regolano il calore al quale esse sono sottoposte; inoltre, le missioni nello spazio sono pianificate in modo da evitare che i veicoli attraversino le intense fasce di radiazione che circondano la Terra.

Per i lunghi viaggi interplanetari del futuro, saranno necessari pesanti schermature per proteggersi dalla radiazione solare. Gli effetti negativi dell'assenza di peso, sia per i viaggi di lunga durata sia per le lunge permanenze in orbita, potranno essere ridotti facendo ruotare i veicoli in modo da fornire una forza di gravità artificiale; a questo scopo la forma delle navicelle dovrà essere opportunamente studiata.

Storia

L'uomo ha sognato i viaggi nello spazio per millenni: i miti greci di Dedalo e Icaro riflettono il desiderio di volare e le più antiche testimonianze di questa aspirazione si trovano già in testi babilonesi che risalgono al 4000 a.C. Nel II secolo d.C., l'autore greco Luciano scrisse di un viaggio immaginario verso la Luna. Per tutto il XIX secolo la fantasia di scrittori, scienziati e filosofi alimentò racconti di fantastici viaggi nello spazio e di evolute civiltà extraterrestri.

Primi sviluppi

Le nostre conoscenze del sistema solare, delle stelle, dell'atmosfera terrestre e, in generale, dello spazio che circonda il nostro pianeta sono il frutto di una ricerca durata secoli. I popoli antichi, non disponendo di strumenti di osservazione e non avendo alcun modo di osservare direttamente la forma della Terra, attribuirono al nostro pianeta la forma di un disco circondato dall'oceano e limitato dalla cupola del firmamento. La sfericità della Terra venne riconosciuta nel VII e nel VI secolo a.C. dai filosofi greci Talete e Pitagora. Già nel III secolo a.C. l'astronomo Aristarco di Samo sostenne che il nostro pianeta fosse in orbita attorno al Sole, formulando un'ipotesi che a quel tempo non ricevette il credito meritato. Nel II secolo a.C. Ipparco compì accurate osservazioni del cielo ed effettuò il primo tentativo di classificare le stelle. Nel II secolo d.C. Tolomeo collocò la Terra al centro del sistema solare, in un modello dei cieli che oggi è noto come sistema tolemaico.

Scoperte scientifiche


Circa 1400 anni dopo, l'astronomo polacco Niccolò Copernico, negando la validità del sistema tolemaico fino ad allora universalmente accettato, dimostrò che il moto apparente degli astri poteva essere spiegato assumendo che tutti i pianeti, inclusa la Terra, orbitassero intorno al Sole percorrendo traiettorie circolari non complanari. L'ipotesi copernicana trovò in Galileo uno dei più audaci sostenitori. Le leggi che regolano il moto planetario furono enunciate da Keplero sulla base dei dati raccolti dall'astronomo Tycho Brahe; si tratta di leggi empiriche, che trovarono una spiegazione teorica con la legge di gravitazione universale pubblicata nel 1687 da Isaac Newton. Contributi importanti furono forniti da Edmund Halley, William Herschel e James Jeans.

Nel 1654 il fisico tedesco Otto von Guericke dimostrò che è possibile ottenere il vuoto, ponendo fine a un lungo dibattito scientifico e filosofico.

La conoscenza del sistema solare crebbe enormemente con i viaggi spaziali, che divennero possibili solo quando le scoperte del XX secolo fornirono le basi per gli sviluppi della propulsione a razzo e dei sistemi di guida e di controllo dei veicoli spaziali.

La propulsione a razzo


Il principio teorico della propulsione a razzo era noto da lungo tempo; gli annali riportano infatti che nel 1232 la città di Kaifeng, in Cina, fu difesa dall'attacco dei mongoli con l'uso di razzi che utilizzavano come carburante polvere da sparo. Inoltre, vi sono diversi riferimenti all'uso militare, effettivo o teorico, di razzi anche nelle guerre europee.

Il primo razzo a propellente liquido venne lanciato con successo il 16 marzo 1926 dal fisico statunitense Robert Goddard. Nello stesso periodo accurati studi sulla propulsione a razzo, anche applicati all'esplorazione dello spazio, vennero condotti da fisici e scienziati di molte parti del mondo. Il primo missile moderno venne realizzato da Wernher von Braun e trasformato immediatamente nella terribile arma da guerra divenuta tristemente famosa con il nome di V2.

Un considerevole impeto per lo sviluppo di razzi suborbitali a grande gittata fu dato dalla seconda guerra mondiale. Gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica, la Gran Bretagna e la Germania svilupparono contemporaneamente vari razzi a scopo militare, una parte dei quali venne utilizzata al termine del conflitto per voli sperimentali. Vedi Missili guidati.

Veicoli spaziali


I veicoli spaziali senza uomini a bordo possono avere forme e dimensioni diverse, variando da pochi centimetri a parecchi metri di diametro, secondo gli scopi per i quali sono progettati. Sono sempre dotati di un sistema trasmittente, sia per inviare sulla Terra i dati e le informazioni raccolte, sia per segnalare la loro posizione.

Le navicelle con equipaggio umano devono naturalmente soddisfare richieste molto più restrittive rispetto alle sonde automatiche: sono progettate per fornire agli astronauti aria, cibo e acqua; sono dotate di strumenti per la navigazione e la guida, di spazi per il riposo e per la notte, nonché di apparecchi di comunicazione utilizzati per trasmettere e ricevere informazioni. Una caratteristica distintiva dei veicoli con equipaggio è lo schermo contro il calore, che li protegge nella fase di rientro nell'atmosfera.

Propulsione

I motori dei razzi, utilizzati per il lancio di veicoli spaziali, sono principalmente di due tipi: a propellente solido e a propellente liquido. I primi impiegano prodotti chimici che bruciano in modo simile alla polvere da sparo, mentre nel secondo caso vengono usati carburanti liquidi e ossidanti in serbatoi separati.

Poiché la tecnologia di costruzione dei vettori spaziali è molto simile a quella dei missili balistici a lunga gittata, tra il 1957 e il 1965 gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica furono i soli due paesi ad avere la possibilità di lanciare satelliti. Negli anni seguenti la Francia, il Giappone, l'India e la Cina progettarono e costruirono satelliti sempre più sofisticati e, nel maggio del 1984, l'Agenzia spaziale europea, con tredici stati membri, iniziò il proprio programma di lanci dal centro spaziale di Kourou, nella Guayana Francese.

Lancio e rientro


I veicoli spaziali vengono lanciati da apposite rampe, dopo essere stati accuratamente ispezionati insieme ai razzi propulsori. Per effettuare il lancio, i motori dei razzi vengono accesi e il veicolo decolla.

Il rientro pone numerosi problemi; in particolare è necessario rallentare la navicella in modo che essa possa atterrare sulla Terra senza essere distrutta dal calore sviluppato per effetto dell'attrito con l'atmosfera. Nelle navicelle statunitensi Mercury, Gemini e Apollo il problema della protezione della superficie venne brillantemente risolto per mezzo di uno schermo, appositamente progettato, di metallo, plastica o ceramica: durante il rientro questi materiali fondevano e vaporizzavano, dissipando il calore in eccesso senza danni per la capsula o per gli astronauti. Il nuovo schermo contro il calore sviluppato per lo Space Shuttle consiste di una copertura di piastrelle di ceramica cementate sullo scafo.

In orbita attorno alla Terra





L'orbita di una navicella attorno alla Terra può essere circolare oppure ellittica. Un satellite artificiale in orbita circolare viaggia a velocità costante: maggiore è l'altitudine, minore è la velocità del suo moto relativo rispetto alla superficie terrestre. Un satellite situato a un'altezza di 35.800 km sull'equatore descrive un'orbita geosincrona (ovvero alla stessa velocità della Terra) in 24 ore, e rimane quindi sulla perpendicolare di un luogo fisso dell'equatore; per questo motivo è detto geostazionario. La maggior parte dei satelliti per comunicazioni è collocata in orbite di questo tipo.

Al contrario, la velocità di un oggetto che descrive un'orbita ellittica intorno alla Terra non è costante in tutti i punti della traiettoria, e raggiunge il valore massimo in prossimità del perigeo (il punto più vicino al nostro pianeta) e quello minimo all'apogeo (il punto più lontano). Un'orbita ellittica può giacere su qualunque piano che passi per il centro della Terra; in particolare, essa viene detta polare oppure orbitale, se il piano contiene rispettivamente l'asse terrestre o l'equatore. L'angolo tra il piano orbitale e l'equatore prende il nome di inclinazione dell'orbita.

Osservata da un satellite in orbita polare, la Terra compie una rotazione completa ogni 24 ore. Come conseguenza di ciò, un satellite meteorologico che descriva un'orbita di questo tipo e che trasporti telecamere televisive e a infrarossi, può in un solo giorno osservare le condizioni meteorologiche dell'intero globo, da polo a polo. Un'orbita diversamente inclinata permette invece l'osservazione diretta di una porzione più ridotta della superficie terrestre.

Un oggetto in orbita nello spazio percorre la sua traiettoria senza bisogno di spinta propulsiva, dal momento che non si manifestano forze di attrito che rallentino il moto. Al contrario, se esso attraversa l'atmosfera terrestre, parte della sua energia viene dissipata per effetto dell'attrito e il corpo rallenta, fino a cadere gradualmente ad altitudini sempre minori e a bruciare come meteora.

Programmi spaziali senza equipaggio

La lunga storia del sogno di conquistare lo spazio, espresso nei miti e nella letteratura così come nella scienza, culminò il 4 ottobre 1957, con l'emozionante lancio del primo satellite artificiale orbitante, lo Sputnik 1, da parte dell'Unione Sovietica.

Primi satelliti artificiali

Lo Sputnik 1 era una sfera di alluminio di 58 cm di diametro e pesante 83 kg. Orbitava attorno alla Terra in 96,2 minuti, compiendo una traiettoria ellittica che portava il satellite a un apogeo di 946 km e a un perigeo di 227 km. La sfera conteneva strumenti che per 21 giorni consecutivi trasmisero dati riguardo ai raggi cosmici e alle meteoriti, e fornirono informazioni sulle condizioni di densità e di temperatura dei gas che compongono l'alta atmosfera. Dopo 57 giorni il satellite rientrò nell'atmosfera terrestre e venne distrutto dal calore sviluppato per effetto dei fenomeni di attrito.

Il secondo satellite artificiale, lo Sputnik 2, venne lanciato il 3 novembre 1957 con a bordo una cagnetta di nome Laika, che permise di effettuare i primi studi sugli effetti del volo in orbita su organismi viventi. Lo Sputnik 2 rientrò nell'atmosfera terrestre e si distrusse dopo 162 giorni di volo.

Il 31 gennaio 1958, mentre lo Sputnik 2 era ancora in orbita, gli Stati Uniti lanciarono il loro primo satellite, l'Explorer 1. La sonda, un cilindro di 15 cm di diametro, lungo 203 cm e del peso di 14 kg, effettuò per 112 giorni precise misure dei raggi cosmici e dei micrometeoroidi; fornì inoltre i primi dati da satellite che condussero alla scoperta delle fasce di radiazione di Van Allen.

Il 17 marzo 1958 gli Stati Uniti posero in orbita il Vanguard 2, che per oltre sei anni trasmise segnali utilizzando solo energia solare; lo studio preciso delle variazioni della sua traiettoria fornì preziosi dati sulla forma del nostro pianeta. Il Vanguard 2 fu seguito dall'Explorer 3, lanciato il 26 marzo 1958, e dallo Sputnik 3 sovietico, lanciato il 15 maggio. Quest'ultimo, del peso di 1327 kg, effettuò misurazioni della radiazione solare, dei raggi cosmici, del campo magnetico terrestre e di altri fenomeni astronomici, finché la sua orbita decadde nell'aprile del 1960.

Missioni lunari senza equipaggio

La Luna fu l'obiettivo di molte missioni spaziali, tuttavia i primi tentativi di inviare nello spazio sonde lunari non ebbero successo. La sonda sovietica Lunik 2, lanciata il 12 settembre 1959, cadde sulla Luna dopo 36 ore e, pochi mesi dopo, il Pioneer 4 degli Stati Uniti sfiorò la superficie del nostro satellite. Da quel momento vennero effettuati numerosi lanci, con risultati diversi. Le prime fotografie della faccia lunare nascosta furono scattate dalla sonda Lunik 3, che venne lanciata dall'Unione Sovietica il 4 ottobre 1959. Uno dei successi più eclatanti fu la missione del Ranger 7, lanciato dagli USA il 28 luglio 1964: prima di cadere sull'emisfero della Luna rivolto verso il nostro pianeta, il satellite trasmise 4316 immagini della superficie lunare, riprese da una quota variabile tra i 1800 km e i 300 m, dando all'umanità le prime fotografie ravvicinate.

Il 31 gennaio 1966 l'URSS lanciò il Lunik 9, che effettuò il primo atterraggio morbido. A questa missione, il 30 maggio fece seguito il lancio del Surveyor 1, che atterrò sulla superficie lunare e trasmise alla Terra 11.150 immagini ravvicinate del nostro satellite naturale.

Oltre alla raccolta di informazioni scientifiche, le missioni lunari nell'ambito del programma statunitense ebbero come obiettivo fondamentale quello di riuscire a portare l'uomo sulla Luna. A questo scopo vennero effettuati moltissimi altri lanci di sonde automatiche, tra le quali Surveyor 3 e 5, che nel 1967, dopo un viaggio di circa due giorni, inviarono alla Terra un gran numero di fotografie della superficie del satellite. Il Surveyor 3 raccolse campioni del suolo e li esaminò per mezzo di una telecamera. Il Surveyor 5 analizzò chimicamente la superficie lunare, sfruttando la tecnica di diffusione delle particelle alfa e compiendo così la prima analisi in sito di un corpo extraterrestre.

Nel 1966 e nel 1967 le sonde trasportate dalla navicella statunitense Lunar Orbiter orbitarono attorno alla Luna, inviando alla Terra migliaia di fotografie, che vennero in seguito utilizzate per scegliere i luoghi per l'allunaggio dell'Apollo.

Negli stessi anni due progetti lunari di un certo rilievo furono portati avanti dall'Unione Sovietica. La sonda Lunik 16, lanciata il 12 settembre 1970, si posò sulla Luna e stivò circa 113 g di suolo lunare, poi analizzati nei laboratori terrestri. La Lunik 17, lanciata il 10 novembre 1970, depositò sulla superficie del satellite un veicolo automatico di esplorazione (rover) denominato Lunokhod 1, dotato di una telecamera e alimentato a batterie solari. Nel corso di dieci giorni lunari il veicolo, controllato dalla Terra, percorse 10,5 km, effettuando riprese televisive e misure scientifiche. Nel 1973 la Lunik 21, con il Lunokhod 2, ripeté la stessa esperienza.

Satelliti scientifici

Una grande quantità di satelliti venne realizzata quando si resero disponibili vettori di lancio e strumenti di misura più affidabili. Ciò permise di effettuare studi accurati del Sole, delle altre stelle, della Terra e degli altri corpi celesti e di raccogliere dati che non potevano essere ottenuti dalla superficie terrestre a causa degli effetti schermanti dell'atmosfera.

Molti satelliti astronomici vennero lanciati dagli Stati Uniti. Fin dal 1962, ad esempio, gli osservatori solari orbitanti (OSO) hanno effettuato ricerche sulle radiazioni ultraviolette, X e gamma, emesse dal Sole. Satelliti pionieristici studiarono la radiazione cosmica di fondo, il vento solare e le caratteristiche elettromagnetiche dello spazio. Gli osservatori astronomici orbitanti (OAO) furono dedicati all'analisi delle emissioni elettromagnetiche delle stelle e gli osservatori geofisici orbitanti (OGO) ricostruirono le relazioni tra l'ambiente del Sole, della Terra e dello spazio. Il satellite IRAS (Infrared Astronomy Satellite, cioè satellite per astronomia infrarossa), lanciato nel 1983 su progetto anglo-statunitense, esplorò la nostra galassia nella banda di lunghezze d'onda dell'infrarosso.

Il telescopio spaziale Hubble venne lanciato nel 1990 dalla navetta Discovery; presentava un difetto nelle ottiche che fu riparato in orbita dagli astronauti dell'Endeavour, nel dicembre del 1993. Tuttavia, anche prima della riparazione questo strumento fornì delle immagini eccezionali.

Satelliti applicativi

I satelliti applicativi sono stati sviluppati per applicazioni particolari e si dividono in quattro grandi classi: satelliti per telecomunicazioni, meteorologici, per lo studio delle risorse terrestri e per la navigazione.

I satelliti meteorologici permettono di raccogliere dati precisi sulle condizioni atmosferiche di tutto il pianeta. In particolare, i satelliti in orbita geostazionaria inviano immagini di grandi aree della superficie terrestre a intervalli di circa 30 minuti, rendendo possibile quindi una costante verifica dei modelli di previsione. Due satelliti geostazionari sono sufficienti a coprire un intero continente e le aree oceaniche adiacenti.

I Landsat statunitensi e il satellite europeo SPOT (Système Probatoire pour l'Observation de la Terre) osservano la Terra con sofisticati scanner ottici multispettrali e trasmettono i dati alle stazioni terrestri. Una volta ricostruiti in immagini a colori, questi dati forniscono informazioni sulle caratteristiche del suolo, sulle quantità di acqua e ghiaccio, sul vapore acqueo in prossimità delle coste, sulla salinità e sulla presenza di insetti dannosi per i raccolti e le foreste; persino gli incendi possono essere rivelati dall'orbita. Le osservazioni delle faglie e delle fratture della crosta terrestre sono invece utilizzate per identificare giacimenti di petrolio e di minerali.

I satelliti per l'osservazione della superficie terrestre vengono utilizzati da molti paesi per raccogliere informazioni di importanza militare, come la presenza di rampe di lancio di missili balistici in una determinata zona, il verificarsi di esplosioni nucleari nell'atmosfera e nello spazio, e i movimenti di navi e di truppe. Negli anni Ottanta sorsero numerose controversie riguardo all'iniziativa degli Stati Uniti di sviluppare un sistema di difesa satellitare contro i missili balistici, basato sull'uso di tecnologie laser (vedi Scudo di difesa spaziale).

I satelliti per la navigazione forniscono un punto di osservazione fisso sull'orbita terrestre, che viene utilizzato dalle navi e dai sottomarini per determinare la propria posizione con una precisione di pochi metri. È oggi disponibile un satellite statunitense per la marina commerciale che può misurare lo spostamento Doppler del segnale del satellite stesso; inoltre, un complesso sistema di satelliti, detto Navstar, viene impiegato per uso militare e commerciale.

Studio dei pianeti


Oltre che per le missioni lunari, furono progettate sonde per l'esplorazione di Marte, Venere e Giove; molti satelliti orbitanti vennero invece dedicati allo studio degli altri pianeti del sistema solare e delle comete.

Marte


A partire dal 1965 numerose sonde statunitensi e sovietiche furono lanciate nello spazio per l'esplorazione del cosiddetto "pianeta rosso". Alcuni dati vennero trasmessi dalle due sonde Mars 2 e 3, lanciate nel maggio del 1971 dall'Unione Sovietica, e oltre 7000 immagini vennero trasmesse dalla sonda statunitense Mariner 9, che orbitò attorno a Marte dal novembre del 1971 all'ottobre del 1972. L'esplorazione del pianeta giunse al culmine nell'agosto e settembre del 1975, quando le sonde Viking 1 e 2 iniziarono i rispettivi viaggi. Ciascuna di esse era formata da un modulo (Orbiter) destinato a rimanere in orbita intorno a Marte e da una sezione (Lander) destinata a posarsi sul suolo marziano ed equipaggiata con laboratori chimici, telecamere a colori, strumenti meteorologici e sismologici e un braccio meccanico retrattile, lungo tre metri, che poteva essere manovrato dalla Terra.

Nell'agosto 1973 vari problemi tecnici provocarono il fallimento dei voli delle sonde Mars 4, 5, 6 e 7. Nel 1988, l'Unione Sovietica inviò altre due sonde, Phobos 1 e 2, progettate per raggiungere Phobos, uno dei satelliti di Marte; tuttavia, la prima venne dispersa a causa di un errore umano, mentre con la seconda si interruppe il contatto radio. Dopo altre missioni fallite (la sonda statunitense Mars Observer del 1993, dispersa pochi giorni prima di immettersi in orbita attorno a Marte, e la sonda sovietica Mars 96, con la quale si sono persi i contatti poche ore dopo il lancio), nel dicembre 1996 sono state lanciate due nuove sonde: la Mars Global Surveyor, destinata a effettuare una mappatura completa di Marte, e la Pathfinder, che all'inizio di luglio del 1997 ha depositato sulla superficie del pianeta un rover capace di compiere escursioni intorno al luogo dello sbarco.

Venere

Il programma sovietico che mirava a immettere alcune sonde all'interno della densa atmosfera venusiana ebbe grande successo. La Venera 7, lanciata nell'agosto del 1970, sopravvisse per circa 23 minuti nell'atmosfera di Venere, inviando precisi dati alle basi terrestri. Il progetto proseguì con la missione della Venera 8, lanciata nel 1972, che trasmise informazioni riguardanti la superficie del pianeta ed effettuò una dettagliata analisi del suolo. Nell'ottobre del 1975 due sonde, che si posarono sul suolo venusiano scattando le prime fotografie, vennero sganciate dalle Venera 9 e 10. Nel 1978 le sonde Venera 11 e 12 registrarono una pressione di 88 atm e una temperatura superficiale di 460 °C. Il 1° e il 5 marzo 1982 le Venera 13 e 14 scesero sulla superficie del pianeta e analizzarono la composizione chimica dell'atmosfera e del suolo. Il 10 e il 14 dicembre del 1983 le Venera 15 e 16 entrarono in orbita attorno a Venere inviando alla Terra immagini radar; infine, nel giugno del 1985, le Vegas 1 e 2, in viaggio verso la cometa di Halley, sganciarono quattro sonde nell'atmosfera venusiana.

La Pioneer Venus 1, un orbiter, e la Pioneer Venus 2, che era dotata di cinque sonde, vennero lanciate il 20 maggio e l'8 agosto del 1978 e raggiunsero Venere, rispettivamente, il 5 e il 9 dicembre dello stesso anno. L'orbiter registrò una mappa di quasi tutta la superficie venusiana e le sonde analizzarono la composizione e i movimenti dell'atmosfera, nonché la sua interazione con il vento solare. La sonda Magellano venne lanciata verso Venere da uno Space Shuttle nel 1989 e iniziò a trasmettere immagini radio della superficie nell'agosto del 1990.

Mercurio

Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, venne esplorato dalla sonda statunitense Mariner 10. Nel corso del suo viaggio verso l'interno del sistema solare, la sonda sorpassò Venere nel febbraio del 1974 e sfruttò la gravità di questo pianeta per entrare in orbita attorno al Sole; in marzo arrivò a 692 km da Mercurio, fornendo la prima visione della superficie craterizzata del pianeta. Durante il suo secondo avvicinamento a Mercurio, in settembre, la sonda rivelò un campo magnetico del tutto inaspettato.

Giove e Saturno

Le sonde statunitensi Pioneer 10 e 11, lanciate nel 1972 e nel 1973, superarono senza danni la fascia degli asteroidi situata oltre l'orbita di Marte e raggiunsero Giove, rispettivamente nel dicembre 1973 e nel dicembre 1974. Le due sonde, pesanti ciascuna 260 kg circa, sorvolarono il pianeta gigante a distanze di 130.400 km e 46.700 km. Il Pioneer 10, prima sonda a uscire nello spazio interstellare, continuò il proprio viaggio verso l'esterno del sistema solare: incontrerà la prima stella tra circa 80.000 anni. Il Pioneer 11 raggiunse Saturno nel settembre 1979, aprendo la strada ai Voyager 1 e 2.

Questi ultimi, lanciati nel 1977, entrarono nel sistema di Giove rispettivamente nel marzo e nel luglio 1979; effettuarono varie misure e scattarono fotografie straordinarie. Nel novembre 1980 e nell'agosto 1981 le due sonde raggiunsero il sistema di Saturno.

Urano

Dopo aver superato Saturno, il Voyager 2 fu diretto verso Urano. Nel gennaio del 1986 passò a una distanza di 80.000 km dal pianeta, scoprendo quattro nuovi anelli e dieci nuovi satelliti. La sonda si avvicinò a una delle lune, Miranda, trasmettendo bellissime immagini del corpo ghiacciato. Nell'agosto 1989 il Voyager 2 si avvicinò a Nettuno, scoprendo sei nuovi satelliti, e infine uscì dal sistema solare.

I due Voyager, tuttora operativi, solcheranno intorno al 2000 il confine tra il sistema solare e lo spazio interstellare e raccoglieranno dati sulla complessa struttura dell'interfaccia fra i due ambienti, prima di dedicarsi finalmente allo studio del mezzo interstellare.

Missioni spaziali con equipaggio


Appena un anno dopo il successo dei primi satelliti artificiali, sia gli Stati Uniti sia l'Unione Sovietica svilupparono dei programmi mirati a portare l'uomo nello spazio. Le missioni con equipaggio umano furono precedute da esperimenti che impiegavano navicelle con a bordo animali per studiare l'effetto dell'assenza di peso sugli esseri viventi.

Programmi Vostok e Mercury

Il 12 aprile 1961 l'Unione Sovietica raggiunse l'obiettivo del volo orbitale umano con la missione della navicella Vostok 1, che trasportava il cosmonauta Jurij A. Gagarin. Durante il volo, durato 1 ora e 48 minuti, egli raggiunse un apogeo di 327 km e un perigeo di 180 km, atterrando con successo in Siberia. Nei due anni seguenti vennero lanciate altre cinque Vostok, l'ultima delle quali compì 48 orbite attorno alla Terra pilotata dalla cosmonauta Valentina Tereskova.

Contemporaneamente gli Stati Uniti svilupparono il programma statunitense Mercury per sperimentare le condizioni di volo in orbita. Il 5 maggio 1961 Alan B. Shepard, Jr. effettuò una traiettoria balistica a bordo della navicella Freedom 7, compiendo un volo suborbitale di 15 minuti. Una missione simile venne ripetuta il 21 luglio da Virgil I. Grissom. Il 20 febbraio 1962 John H. Glenn, Jr. compì tre orbite attorno alla Terra. Nel medesimo periodo si svolsero altri tre voli Mercury, pilotati da M. Scott Carpenter, Walter M. Schirra e Leroy Gordon Cooper.

Programmi Voskhod e Gemini

La navicella Voskhod, un'evoluzione della Vostok, fu progettata per ospitare due o tre cosmonauti. Il 12 ottobre 1964 Vladimir M. Komarov, Boris B. Yegorov e Konstantin P. Feoktistov effettuarono un volo di 15 orbite a bordo della Voskhod 1. La Voskhod 2 venne lanciata il 18 marzo dell'anno successivo con un equipaggio formato dagli astronauti Pavel I. Belyayev e Aleksei A. Leonov; durante la missione Leonov effettuò la prima "passeggiata" nello spazio, cioè la prima attività extraveicolare (EVA), uscendo dalla navicella e rimanendovi attaccato tramite un cavo.

La navicella statunitense Gemini venne progettata per sperimentare la tecnologia richiesta per raggiungere la Luna e per verificare le possibilità di manovra nello spazio di veicoli in grado di ospitare un equipaggio composto da più di un astronauta. Nel maggio del 1961 venne istituito il programma Apollo, con l'obiettivo di portare un uomo sul suolo lunare e farlo ritornare sulla Terra "prima della fine del decennio". Questo ambizioso proponimento produsse una serie intensa di voli pilotati e, nel corso degli anni successivi, vennero effettuate circa dieci missioni nell'ambito del progetto Gemini.

Durante il volo della Gemini 4, Edward H. White effettuò un'attività extraveicolare durata 21 minuti, utilizzando un dispositivo pressurizzato a getti di gas. Nel dicembre 1965 le Gemini 6 e 7 si avvicinarono l'una all'altra fino a una distanza inferiore al metro. La prima di esse atterrò dopo un volo di circa 20 ore, con i cosmonauti Schirra e Thomas P. Stafford. La Gemini 7, il cui equipaggio era formato da Frank Borman e James A. Lovell, Jr., rimase invece in orbita per 334 ore, fornendo importanti dati medici sulla permanenza dell'uomo nello spazio e verificando l'affidabilità del sistema di propulsione a idrogeno e ossigeno. Nel corso dei voli delle Gemini 10, 11 e 12 vennero effettuati avvicinamenti e agganci ripetuti a un veicolo bersaglio messo preventivamente in orbita.

Programmi Soyuz e Apollo

L'anno 1967 fu segnato da tragici incidenti per entrambe le nazioni che si proponevano il traguardo dell'esplorazione della superficie lunare. Il 27 gennaio, durante un test della navicella Apollo a Cape Kennedy, si sviluppò un incendio nel modulo di comando; a causa dell'atmosfera interna pressurizzata con ossigeno puro, le fiamme divamparono all'istante e i tre astronauti Grissom, White e Roger B. Chaffee persero la vita. Il programma Apollo venne ritardato di oltre un anno per rivedere il progetto del veicolo e i materiali utilizzati.

Il 23 aprile dello stesso anno venne lanciato nello spazio il cosmonauta Komarov a bordo della Soyuz, una nuova navicella sovietica che poteva ospitare tre astronauti ed era dotata di un modulo di lavoro separato, accessibile attraverso un portello. L'incidente mortale si verificò durante il rientro nell'atmosfera terrestre, quando i cordoni per l'apertura del paracadute di atterraggio si attorcigliarono.

Nell'ottobre del 1968 venne lanciato il primo Apollo con equipaggio. Gli astronauti Schirra, R. Walter Cunningham e Donn F. Eisele effettuarono 163 orbite, durante le quali controllarono le prestazioni della navicella, scattarono numerose fotografie della Terra e trasmisero immagini televisive. Nel dicembre del 1968 l'Apollo 8, che portava a bordo gli astronauti Borman, Lovell e William A. Anders, compì dieci giri intorno alla Luna, quindi atterrò regolarmente. Lo sgancio, l'avvicinamento e il riaggancio del modulo lunare (LEM) vennero provati nel corso delle 151 orbite terrestri dell'Apollo 9, con gli astronauti James A. McDivitt, David R. Scott e Russell L. Schweickart. L'Apollo 10 effettuò una prova generale di allunaggio, durante la quale gli astronauti Stafford e Cernan si trasferirono dal modulo di comando al LEM e scesero fino a circa 16 km dalla superficie lunare. Durante l'operazione essi provarono l'avvicinamento e il riaggancio del LEM, quindi si trasferirono di nuovo nel modulo di comando, nel frattempo affidato all'astronauta Young. Con questa missione il progetto Apollo era pronto per portare l'uomo sulla Luna.

Nello stesso periodo, l'Unione Sovietica lanciò la Zond, una navicella senza equipaggio che effettuò numerose riprese e alcuni importanti esperimenti biologici. Nell'ottobre del 1968 l'astronauta Georgi T. Beregovoi effettuò una missione di 60 orbite con la Soyuz 3, e nel gennaio dell'anno successivo le Soyuz 4 e 5 si incontrarono in orbita; mentre le due navicelle erano attaccate, i cosmonauti Aleksei S. Yeliseyev e Yevgeny V. Khrunov, utilizzando delle tute spaziali, si trasferirono dalla Soyuz 5 alla Soyuz 4, che era pilotata da Vladimir A. Shatalov. Nell'ottobre del 1969, le Soyuz 6, 7 e 8, lanciate a un giorno di distanza l'una dall'altra, si incontrarono in orbita senza però agganciarsi. Nel giugno del 1970 la Soyuz 9, con un equipaggio di due cosmonauti, effettuò un volo record di quasi 18 giorni.

Uomini sulla Luna




Nel 1969 l'umanità raggiunse l'obiettivo di effettuare lo sbarco sulla Luna. Il volo storico dell'Apollo 11 iniziò il 16 luglio. Dopo essere entrati in orbita lunare, Edwin E. Aldrin, Jr. e Neil A. Armstrong si trasferirono nel LEM, il modulo per l'allunaggio, mentre il modulo di comando era affidato al pilota Michael Collins. Il modulo lunare toccò la superficie del satellite il 20 luglio, nei pressi del margine del Mare della Tranquillità e poche ore dopo Armstrong mise piede sul suolo lunare, con le parole: "Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigante per l'umanità". L'astronauta venne raggiunto da Aldrin e insieme camminarono due ore sulla superficie della Luna, sperimentando una forza di gravità pari a un sesto di quella terrestre; raccolsero 21 kg di campioni del suolo, scattarono fotografie e installarono un apparato sperimentale per l'analisi del vento solare, un riflettore laser e un laboratorio per misure sismiche; issarono quindi una bandiera statunitense e comunicarono, via satellite, con il presidente Richard Nixon, mentre milioni di persone seguivano in diretta la trasmissione. Armstrong e Aldrin lasciarono il nostro satellite utilizzando lo stadio superiore del LEM e sfruttando quello inferiore come rampa di lancio. Il modulo di risalita venne abbandonato dopo l'aggancio con il modulo di comando e i due astronauti si trasferirono di nuovo nella navicella. Il volo di ritorno dell'Apollo 11 non presentò inconvenienti e la navicella ammarò il 24 luglio nell'oceano Pacifico, vicino alle Hawaii, dove venne facilmente recuperata.

Benché la possibilità di contaminazione da parte di organismi viventi lunari fosse remota, gli astronauti indossarono indumenti isolanti prima di lasciare la navicella e vennero sottoposti a un periodo di quarantena, senza tuttavia presentare problemi di salute.

Apollo 12

La successiva missione di allunaggio iniziò il 14 novembre 1969, quando venne lanciato l'Apollo 12 con a bordo gli astronauti Charles Conrad Jr., Richard F. Gordon Jr. e Alan L. Bean. Dopo l'entrata in orbita lunare, Conrad e Bean si trasferirono nel LEM, quindi sbarcarono sulla superficie del satellite a nord dei monti Riphaeus, ad appena 180 m dal luogo dove due anni prima si era posata la sonda Surveyor 3.

I due astronauti esplorarono la zona circostante in due fasi, ciascuna di circa quattro ore, durante le quali essi effettuarono esperimenti scientifici, scattarono numerose fotografie, prelevarono campioni del suolo lunare e raccolsero alcuni pezzi del Surveyor 3 perché fossero esaminati sulla Terra. Dopo il decollo dalla Luna e il rendez-vous con il modulo di comando pilotato da Gordon, ammararono felicemente il 24 novembre.

Il successo dell'Apollo 12, che presentava caratteristiche tecniche notevolmente migliori rispetto all'Apollo 11, in particolare per quanto riguardava la precisione nello sbarco, indusse a stabilire per l'Apollo 13 un sito di allunaggio più irregolare.

Apollo 13

L'11 aprile 1970 venne lanciato l'Apollo 13, con a bordo gli astronauti Lovell, Fred W. Haise, Jr. e John L. Swigert, Jr. Una grave avaria durante il volo, prodotta dalla rottura di un serbatoio di ossigeno, costrinse gli astronauti a cancellare il piano di allunaggio. Utilizzando l'energia e i sistemi di sopravvivenza del LEM, essi girarono attorno alla Luna e ammararono nell'oceano Pacifico meridionale, a sud di Pago Pago, il 17 aprile.

Apollo 14 e 15

La missione fallita dell'Apollo 13 venne portata a compimento dall'equipaggio dell'Apollo 14, lanciato il 31 gennaio 1971, dopo alcune modifiche apportate alla navicella per evitare l'inconveniente occorso alla precedente. Gli astronauti Shepard, ormai veterano dello spazio, ed Edgar D. Mitchell allunarono con il LEM nell'irregolare regione di Fra Mauro, mentre Stuart A. Roosa rimase nel modulo di comando in orbita lunare. Shepard e Mitchell esplorarono per oltre nove ore un'area che si credeva contenere alcune delle rocce più vecchie mai studiate, raccogliendo circa 43 kg di campioni geologici e predisponendo delle apparecchiature per esperimenti scientifici. Il 9 febbraio 1971 gli astronauti tornarono sulla Terra senza incidenti.

L'Apollo 15 venne lanciato il 26 luglio 1971, con a bordo il comandante Scott, il pilota del LEM James B. Irwin e il pilota del modulo di comando Alfred M. Worden. Scott e Irwin rimasero 2 giorni e 18 ore sulla superficie lunare ai margini del mare Imbrium, in prossimità della scarpata profonda 366 m di Hadley e degli Appennini lunari, una delle catene più alte. Nel corso della loro esplorazione, gli astronauti percorsero più di 28,2 km nella zona del monte Hadley, servendosi di un rover elettrico a quattro ruote. Prepararono inoltre una complessa serie di strumenti scientifici e raccolsero circa 91 kg di rocce, tra cui un frammento di circa 4,6 miliardi di anni che venne ritenuto un costituente della crosta cristallina originale del satellite. Una telecamera lasciata al suolo riprese la partenza di Scott e Irwin dalla superficie della Luna; prima che l'equipaggio lasciasse l'orbita lunare per ritornare verso la Terra, venne lanciato un "subsatellite" di 35,6 kg, progettato per trasmettere dati sui campi gravitazionale, magnetico e di alta energia dell'ambiente lunare. Nel corso del viaggio di ritorno, Worden fece una passeggiata spaziale di 16 minuti quando la navicella si trovava a circa 315.400 km dalla Terra, un record di distanza per l'EVA. Gli astronauti dell'Apollo 15 ammararono senza incidenti il 7 agosto, circa 530 km a nord delle Hawaii.

Apollo 16 e 17

Il 16 aprile 1972 gli astronauti Young, Charles Moss Duke, Jr. e Thomas Kenneth Mattingly vennero lanciati verso la Luna a bordo dell'Apollo 16, per esplorare le colline di Cartesio e le pianure di Cayley. Il 20 aprile, mentre Mattingly li attendeva in orbita, gli altri due astronauti effettuarono l'allunaggio nell'area prevista, dove rimasero 20 ore e 14 minuti, eseguendo numerosi esperimenti, percorrendo circa 26,6 km con il rover e prelevando oltre 97 kg di campioni di rocce.

Le missioni verso la Luna programmate dagli Stati Uniti si conclusero con il volo dell'Apollo 17, tra il 6 e il 19 dicembre 1972. Nel corso della missione di 13 giorni, l'astronauta Cernan e il geologo Harrison H. Schmitt rimasero 22 ore sul suolo lunare, percorsero 35 km con il rover ed esplorarono la regione della valle di Taurus-Littrow, mentre al comandante Ronald E. Evans era affidato il modulo di comando.

Stazioni spaziali

La Salyut e lo Skylab furono le prime navicelle progettate come stazioni spaziali, perché orbitassero attorno alla Terra per lunghi periodi con alternanza di equipaggi. A bordo di tali stazioni possono essere condotti esperimenti nuovi e osservazioni astronomiche estremamente precise.

Stazioni sovietiche


La stazione spaziale sovietica Salyut 1, dal peso di 18.600 kg, venne lanciata il 19 aprile 1971. Tre giorni dopo fu agganciata dalla Soyuz 10, ma per ragioni ignote i cosmonauti si sganciarono e tornarono sulla Terra senza essere entrati nella stazione. Nel giugno dello stesso anno la Soyuz 11 si agganciò alla Salyut 1, e i tre uomini di equipaggio vi rimasero per la durata record di 24 giorni, durante i quali vennero condotti moltissimi esperimenti sulle risorse del nostro pianeta. Durante il viaggio di ritorno si verificò un guasto e i tre cosmonauti Georgi T. Dobrovolsky, Vladislav N. Volkov e Viktor I. Patsayev (che non indossavano tute spaziali) vennero trovati senza vita dopo l'atterraggio, vittime della fuga dell'aria attraverso una valvola. Il programma spaziale sovietico subì un lungo ritardo. La Salyut 2 venne lanciata nell'aprile del 1973, ma andò fuori controllo e perse alcune sezioni in orbita.

Il programma sovietico proseguì con le Salyut 3 (giugno 1974 - gennaio 1975), 4 (dicembre 1974 - febbraio 1977), 5 (giugno 1976 - agosto 1977), 6 (settembre 1977 - luglio 1982) e 7 (aprile 1982). Le ultime due stazioni vennero visitate da numerosi equipaggi internazionali, composti da cosmonauti cubani, francesi e indiani. Una delle missioni più interessanti della serie Salyut/Soyuz fu compiuta nel 1984, quando i cosmonauti Leonid Kizim, Vladimir Solovyov e Oleg Atkov rimasero 237 giorni a bordo della Salyut 7 prima di fare ritorno sulla Terra. La Salyut 7 è tuttora in orbita, ma non è operativa.

La stazione spaziale Mir, destinata a succedere alla serie Salyut, venne lanciata il 19 febbraio 1986. Descritta dai sovietici come il nucleo centrale della prima stazione spaziale abitata permanentemente, ha sei portelloni di aggancio e può ospitare due cosmonauti. Nel 1987 Yuri Romanenko rimase 326 giorni a bordo della Mir, segnando il record di volo spaziale più lungo. Il 12 aprile 1987 venne realizzato l'aggancio tra la Mir e il Kvant, un modulo per esperimenti di astrofisica, pesante complessivamente circa 18.000 kg, che portava a bordo quattro telescopi per rilevare i raggi X emessi durante l'esplosione di una supernova nella Grande Nube di Magellano. Negli anni 1987-1988 i cosmonauti sovietici Vladimir Titov e Musa Manarov stabilirono il nuovo record di permanenza nello spazio con 366 giorni.

Stazioni


Il programma statunitense ebbe inizio il 25 maggio 1973 con il lancio dello Skylab da un vettore Saturno 5; la stazione, che pesava circa 88.900 kg, servì come laboratorio orbitante e venne utilizzata per studi astronomici sul Sole, per studi medici sull'effetto dell'ambiente spaziale sugli uomini dell'equipaggio, per osservazioni intensive e multispettrali della Terra e per vari esperimenti scientifici e tecnologici, come la crescita di cristalli metallici in assenza di gravità.

Lo Skylab venne danneggiato durante il lancio, ma fu rapidamente riparato dall'equipaggio, composto dagli astronauti Conrad, Joseph P. Kerwin e Paul J. Weitz, i quali complessivamente rimasero nello spazio per circa 28 giorni. Con le due missioni che seguirono, il progetto Skylab ebbe completo successo; vennero impiegate oltre 740 ore in osservazioni solari e vennero raccolte 175.000 immagini del Sole e 64.000 della superficie terrestre. L'11 luglio 1979, durante la sua orbita numero 34.981, lo Skylab precipitò sulla Terra, spargendo frammenti su un'area scarsamente popolata dell'Australia e sull'oceano Indiano.

Gli Stati Uniti, la Russia, il Canada, il Giappone e i 13 stati europei membri dell'Agenzia spaziale europea stanno attualmente progettando una stazione spaziale permanente da assemblare nello spazio, chiamata Alpha, che dovrebbe essere completata nel 2002.

Programmi correnti e futuri

All'inizio degli anni Ottanta, lo scopo principale del programma statunitense era la realizzazione di un veicolo spaziale riutilizzabile più volte; lo Space Shuttle divenne quindi il maggiore progetto di ricerca.

Space Shuttle



Lo Shuttle, un'astronave multiuso pilotata, venne progettato per trasportare un equipaggio costituito da sette persone e un carico massimo di circa 30 tonnellate. La parte superiore della navetta ospita l'equipaggio e può essere riutilizzata fino a 100 volte prima di essere guidata nel rientro attraverso l'atmosfera terrestre. Per le sue caratteristiche di flessibilità, per la possibilità di trasportare, posizionare in orbita ed eventualmente riparare in loco i satelliti, lo Shuttle rappresenta un passo decisivo nell'esplorazione dello spazio.

La prima missione dello Space Shuttle, pilotato da John W. Young e Robert Crippen a bordo della navetta Columbia, iniziò il 12 aprile 1981; si trattava di un volo di prova senza carico. Durante la prima missione operativa, tra l'11 e il 16 novembre 1982, gli astronauti del Columbia trasportarono due satelliti commerciali per comunicazioni. Tra le successive operazioni particolarmente significative vi sono il nono volo (tra il 28 novembre e l'8 dicembre 1983), che trasportava il primo Spacelab dell'Agenzia spaziale europea; l'undicesimo (7-13 aprile 1984), durante il quale un satellite venne recuperato, riparato e rilanciato in orbita; il quattordicesimo (8-14 novembre 1984), quando due satelliti in avaria vennero recuperati e riportati sulla Terra.

Malgrado questi successi, lo Shuttle ha fallito i programmi di lancio previsti ed è stato utilizzato sempre di più per scopi militari. Il 28 gennaio 1986 si verificò inoltre il più tragico incidente nella storia delle esplorazioni dello spazio. Il Challenger si disintegrò circa un minuto dopo il lancio, a causa dell'avaria di una guarnizione in uno dei razzi a carburante solido; il razzo entrò in collisione con il serbatoio principale a idrogeno e ossigeno liquidi, provocando un'esplosione quasi istantanea e la distruzione dell'intera navetta. Nel disastro morirono sette astronauti: il comandante Francis R. Scobee, il pilota Michael J. Smith, gli specialisti di missione Judith A. Resnik, Ellison S. Onizuka e Ronald E. McNair, lo specialista del carico utile Gregory B. Jarvis e Christa McAuliffe. Quest'ultima era stata selezionata l'anno precedente per rappresentare il primo passeggero non specialista del programma Shuttle. La tragedia provocò un'immediata sospensione dei lanci per permettere un'analisi e una riprogettazione di tutti i sistemi. Un'apposita commissione capeggiata dall'ex segretario di stato William Rogers e dall'ex astronauta Neil Armstrong sottolineò la responsabilità del sistema amministrativo della NASA e il suo fallimento nel tentativo di mantenere un sistema efficiente di controllo.

Dopo il disastro del Challenger, le guarnizioni incriminate vennero ridisegnate per evitare che quel guasto si ripetesse. Il programma di lanci dello Shuttle riprese il 29 settembre 1988, con il volo della navetta Discovery con cinque astronauti a bordo. Nel corso di questa missione, venne messo in orbita un satellite per comunicazioni della NASA, il TDRS-3, e vennero svolti molti esperimenti. Il successo di questa ventiseiesima missione incoraggiò la ripresa della piena attività. Nel 1990 venne messo in orbita da uno Shuttle, dopo molti ritardi, il telescopio spaziale Hubble, un progetto da un miliardo e mezzo di dollari.

Prospettive

Con il contrattempo del telescopio spaziale e anche per la mancanza di linee per il rifornimento di idrogeno, il programma Space Shuttle non riuscirà probabilmente a raggiungere gli obiettivi prefissati entro la fine del XX secolo. Oltre alla stazione spaziale abitata, un altro risultato da raggiungere è la costruzione dell'X-30, progettato per modificare radicalmente i voli spaziali utilizzando potenti motori propri per raggiungere l'orbita. Programmi più ambiziosi, come l'installazione di una base lunare o l'esplorazione umana di Marte, richiederanno molti anni per essere realizzati. Un progetto attuale, che vanta numerose prospettive, è invece l'esplorazione del Sole, iniziata alla fine del 1995 con il lancio del SOHO (Solar and Heliospheric Observatory), frutto della collaborazione tra l'ESA (European Space Agency) e la NASA. A differenza delle sonde precedenti posizionate su orbite terrestri, il veicolo spaziale è in orbita intorno al Sole e può pertanto compiere con continuità osservazioni dirette, rivelando preziosi dettagli sui cicli di attività e sulle caratteristiche del campo magnetico della nostra stella.





Privacy




Articolo informazione


Hits: 9744
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024