|
|
arte
introduzione
Il protrarsi della civiltà egiziana per circa 3500 anni ha sempre dato l'impressione di un Paese soggetto ad una stabilità politica e ad una coerenza ideologica rimaste immutate con il passare dei secoli. Prova della sua apparente staticità sarebbe stata la sua capacità di sopravvivere alle esperienze politiche più diverse, perché ancorata alla tradizione, ritenuta culturalmente sempre valida.
È opinione corrente che l'espressione più evidente di questa sua presunta staticità sia fornita dall'arte. In realtà, pur conservando un denominatore comune, la civiltà egizia ha subito inevitabili e naturali trasformazioni, e la dialettica dei mutamenti è visibile ad un'analisi attenta dell'espressione artistica in tutte le sue manifestazioni.
realtà protodinastiche
L'analisi delle realtà locali, alla base della formazione dello Stato egiziano creatosi verso la fine del IV millennio a.C., è interessante per la ricostruzione storica sia della formazione dell'architettura urbana, con la dislocazione dei vari edifici, sia dell'affermazione di motivi rituali e simbolici costanti nella rappresentazione figurativa egiziana.
Lo sviluppo della civiltà egiziana fu dovuto ad un processo interno, lento ma ininterrotto, che comportò contatto con il mondo esterno vicino-orientale, ma che 212c27c seppe inglobarne gli effetti in un preciso contesto culturale locale.
Hierakonpolis
Questa città è un esempio del progressivo sviluppo e della trasformazione graduale di un modesto insediamento in un centro urbano complesso ed organizzato. Con l'affermarsi della centralizzazione, si assiste alla comparsa di strutture architettoniche monumentali, come il largo complesso con fondazioni in pietrisco, a circa 450 m a sud della città, databile alla seconda metà del IV millennio a.C. (Naqada II). Già in un'epoca così remota, dunque, si assiste ad un fenomeno di stratificazione sociale, che comportava da un lato una maggior concentrazione abitativa, dall'altro una gerarchizzazione del potere.
Al 3300-3200 a.C. risale lo spesso muro di mattoni crudi che circonda la città, di forma quadrangolare, al cui interno andarono progressivamente comparendo agglomerati di case divise da un reticolo di strette viuzze, una zona templare ed una palatina. Di quest'ultima si è scoperto il portale in mattoni crudi, inglobato in strutture posteriori, estremamente elaborato nella forma e nella decorazione "a nicchie". Tale motivo divenne un classico nella decorazione di strutture importanti; venne inoltre trasferito ad una serie di immagini collegate all'idea di palazzo/casa, come nella rappresentazione grafica del serekh (figurazione piana del palazzo, contenente il nome del re) o sulle pareti esterne dei sarcofagi (casa del morto).
Dall'area templare proviene una serie di ritrovamenti, tra cui due raffigurazioni del re Khasekhemui, della II dinastia, che utilizzano un'iconografia statuaria già definita secondo i canoni tradizionali, la cui elaborazione è molto più antica. Il re è seduto sul trono, avvolto nel mantello della festa giubilare Sed, con la corona bianca dell'Alto Egitto sul capo. Stessi caratteri si possono notare sulla statua di Sebekhotep (XIII dinastia), rinvenuta a Karnak, o sulla statua di Thutmosi III (XVIII dinastia) da Elefantina. Tra il primo ed il secondo esempio intercorrono circa 800 anni, e tra il primo ed il terzo 1200. Lo stile è cambiato ma non l'iconografia di base, che rimane fissa ed inalterata per poter consegnare all'eternità i simboli del potere regale. Il rispetto della tradizione non denota una carenza immaginativa o una povertà di espressione artistica, ma segnala la vitalità di un'ideologia che ha costituito per millenni la struttura portante dello Stato egiziano.
Abido
È il luogo dell'Alto Egitto che più di ogni altro ha fornito per l'età tinita notevoli testimonianze di architettura funeraria regale. La necropoli di Umm el-Qaab, scavata da Petrie alla fine dell'800, ha rivelato anche alcune tombe attribuibili sicuramente a sovrani della dinastia 0. Dal punto di vista della storia dell'arte, ciò significa che bisogna rivedere la tradizionale visione della comparsa di strutture funerarie complesse in concomitanza con la nascita di uno Stato unitario, dopo la "riunificazione" dell'Alto e del Basso Egitto.
Lo sviluppo dell'ideologia dell'Aldilà, connessa con la figura del re, e l'articolazione della struttura architettonica atta ad esprimerla, sono molto antiche e affondano le radici in realtà locali. Queste antichissime tombe si presentano come edifici caratterizzati da una progressiva tendenza all'ampliamento delle dimensioni ed all'utilizzo del simbolismo architettonico. La camera sepolcrale, situata al fondo di un pozzo scavato nella piana desertica, era sormontata inizialmente da un tumulo di sabbia e ghiaia, contornato da un muro. Analoga struttura è stata notata nelle sepolture dei re di Buto, nel Delta. La regalità del monumento era sottolineata da un paio di stele recanti il nome Horo del sovrano.
Oltre alla tomba vera e propria, vi era un secondo elemento dislocato lungo i margini della terra coltivata, nei pressi della città, che consisteva in un'ampia corte recintata, di forma rettangolare, forse una sorta di "palazzo funerario", prototipo del grande complesso di Djoser a Saqqara (III dinastia). La più imponente di queste strutture è la Shunet ez-Zebib, appartenente al re Khasekemuy (fine della II dinastia), che si presenta come una corte circondata da un duplice muro in mattoni crudi. Il muro interno presenta una decorazione "a nicchie", come nel palazzo urbano di Hierakonpolis. In questo recinto si espletavano i riti connessi con la festa Sed per il rinnovamento del potere temporale del re.
Elefantina
La città si sviluppò su un'isola in mezzo al Nilo, all'altezza della I cateratta, e la sua origine risale all'epoca predinastica (Naqada II). La sua ricchezza si basava sulla pietra: granito e vari altri tipi di rocce cristalline multicolori.
La sua posizione segnava il limite tra cultura egiziana e cultura nubiana, ma la recente analisi dell'abitato più antico ha permesso di stabilire che Elefantina fu fin dall'inizio concepita come un insediamento egiziano. La presenza di una fortezza, che lasciava fuori gran parte dell'abitato e il tempio, segnala che si trattava di un sito militarizzato non tanto per la difesa, quanto per il controllo del transito.
Il tempio dedicato alla dea locale, successivamente designata come Satet, ha conservato per secoli la sua struttura primitiva, inserita in una nicchia formata da enormi blocchi di granito, sfruttando le asperità naturali del luogo. Costruito in mattoni crudi, esso non presenta alcuno dei caratteri monumentali visibili nelle architetture della grande tradizione di corte.
L'arte sotto Djoser
Il complesso funerario di Djoser a Saqqara si presenta come una struttura articolata di difficile interpretazione. Il complesso è così ricco di spunti, di richiami simbolici, di trovate tecniche e decorative, che non solo devono poggiare su di una tradizione espressiva e ideologica ben consolidata e sperimentata, ma presenta una tale ricchezza di suggestioni che non può non aver influenzato lo sviluppo futuro dell'architettura funeraria regale. Dopo l'esperienza di Djoser, infatti, si approda ai grandi complessi piramidali.
Le scoperte archeologiche in Alto Egitto, nella necropoli abidena, hanno cominciato a mettere in luce una serie di esperienze costruttive che evidenziano l'esistenza di un rapporto tra l'architettura funeraria regale delle prime due dinastie ed il complesso di Djoser, in particolare i grandi recinti rettangolari in mattoni crudi ad Abido, i più antichi dei quali risalgono ai primi re della I dinastia (fine del IV millennio a.C.). I recinti della I dinastia avevano l'accesso dislocato presso l'angolo orientale, come nel recinto di Djoser, che si presenta come un'enorme struttura rettangolare in calcare, esternamente articolata in torri e decorata "a nicchie" su ogni lato. Anche se il tipo di decorazione "a nicchie" trova antecedenti nei recinti abideni, la combinazione con torrioni e falsi ingressi sembra essere un'innovazione dell'epoca di Djoser.
Al centro del temenos s'innalza la piramide a gradoni, nata per una serie di successivi ingrandimenti della base e sovrapposizioni di mastabe (sei in totale). Presenta una pianta non perfettamente quadrata e si eleva per 60 m. L'inclinazione delle facciate verso l'interno è data dal posizionamento inclinato dei blocchi squadrati di calcare. L'accesso all'appartamento funerario sotterraneo avveniva da una rampa sul lato nord. Di particolare interesse, sia tecnico, sia decorativo, appaiono i sotterranei rivestimenti parietali in fa ence blu e gialla, che imitano steli vegetali legati fra loro a formare dei graticci.
Sul lato nord sorgeva anche il tempio funerario con accanto il serdab, un piccolo edificio completamente sigillato, con la faccia settentrionale inclinata verso la sommità, contenente una grande statua del re seduto davanti a due fessure praticate nella muratura in corrispondenza degli occhi, così da permettere al sovrano di guardare verso il cielo. Sotto la V dinastia, infatti, verrà esplicitata la teoria eliopolitana del destino stellare del re (Testi delle Piramidi), il quale, asceso al cielo, diverrà una delle stelle fisse circumpolari. La presenza di una statua di grandezza naturale, che per la mentalità egiziana "è" la persona stessa del sovrano, segna l'inizio della grande statuaria in pietra; l'iconografia del sovrano avvolto nel mantello è già nota e la si ritrova espressa sia nella statuaria sia nella raffigurazione piana. Innovativo appare il velo nemes, che copre parzialmente la parrucca.
Il lato meridionale del temenos è dominato da uno spazio aperto dove avveniva parte della celebrazione del giubileo regale, ovvero la corsa cerimoniale, grazie alla quale il sovrano percorreva simbolicamente l'intero territorio egiziano, riappropriandosi dell'autorità e del dominio del suolo. Gli elementi marcatori di confine, a forma di B, sono visibili sul terreno e sono le stesse mete che appaiono sulla mazza cerimoniale di Narmer, da Hierakompolis (I dinastia), o sulla placchetta lignea di Den, da Abido (I dinastia), testimonianze dell'antichità del rituale.
Il complesso di Djoser era dunque una struttura che travalicava i meri significati funerari, relegati alla piramide ed al lato settentrionale dell'area. L'espressione architettonica come affermazione politica è ancora più evidente sul lato orientale del temenos, lungo il quale si snoda una fila di edifici raccolti intorno ad una corte, connessi alla cerimonia Sed. Si tratta di una duplice serie di cappelle in calcare, la cui forma trae origine da edifici arcaici d'impianto temporaneo e rappresentativi del Nord e del Sud. All'estremità meridionale della corte è visibile il duplice podio, destinato a sorreggere i troni dell'Alto e del Basso Egitto. Queste cappelle non esplicano alcuna funzione pratica, poiché sono costruzioni piene e prive di ambienti interni, con porte e cancelli scolpiti nella pietra. Il loro scopo era quello di essere presenti alla cerimonia.
Molti aspetti di questo complesso rimangono oscuri nella loro finalità e nella loro interrelazione. La ricchezza delle implicazioni simboliche che si è tradotta per la prima volta in una compiuta struttura in pietra, è chiaramente percepibile, così come è evidente la straordinaria capacità tecnica nella lavorazione della pietra ed il gusto armonico e maturo nella scelta e nell'accostamento degli elementi decorativi, fattori orchestrati dall'architetto Imhotep.
Il complesso di Djoser si pone sia come sintesi e definitiva codificazione di forme, decorazioni, simbolismi rituali e ideologici, sia come fondamento per il nuovo sviluppo attuatosi sotto la IV dinastia, che vide una scissione tra architettura funeraria e architettura-manifesto politico.
L'arte di corte
Le piramidi
Con la IV dinastia si assiste ad un cambiamento nella struttura architettonica funeraria regale. La piramide a gradoni si trasforma in una piramide piena, che non sorge più al centro di un complesso ed articolato sistema di edifici dalle diverse funzioni, ma appare come elemento apicale e conclusivo di una lunga struttura lineare.
Le piramidi conosciute sono numerose, riunite a gruppi dinastici e dislocate lungo la sponda occidentale del Nilo o comunque nell'area d'influenza menfita. Dalla IV alla VI dinastia, si assiste a modificazioni nell'assetto sia dell'appartamento funerario vero e proprio all'interno della piramide, sia nella distribuzione degli ambienti del tempio funerario che sorgeva a ridosso della parete orientale della piramide, ma senza accesso ad essa, sia nel tempio a valle, collegato al precedente da una rampa coperta, il quale serviva all'accoglimento del corteo funebre ed all'espletamento di alcune cerimonie, tra cui l'imbalsamazione del faraone.
Comune a tutti i complessi piramidali è la forma geometrica a pianta quadrata della tomba, rivestita da un mantello di blocchi in calcare, posizionati parallelamente al suolo e lavorati ad ugnatura. Nelle piramidi menfite si assiste ad una rivoluzione costruttiva, grazie alla quale fu possibile raggiungere altezze vertiginose, evitando la concentrazione del peso dei blocchi sul centro della struttura. L'ugnatura consisteva nel taglio obliquo di una faccia del blocco, così che l'inclinazione della facciata della piramide era data dalla sequenza armonica e successiva dei tagli, e non dall'inclinazione dei blocchi. La sapienza e l'ingegnosità costruttiva, che prevedeva l'uso di rampe e piani inclinati, si manifesta nella cura dei dettagli: la perfezione nel posizionamento dei monoliti in granito, la tecnica di ancoraggio tra i blocchi, il rigore geometrico di alcuni edifici privi all'interno di decorazione (tempio a valle di Chefren).
In tutti questi complessi si osserva l'assenza dell'ideologia politica, che in Djoser si manifesta con la corte del giubileo, e che mette in primo piano la figura del re quale supremo detentore del potere sul territorio. Gli spazi dedicati a questo cerimoniale spariscono dai complessi piramidali successivi alla III dinastia. L'attenzione si concentra sulla figura del sovrano, sublimata in una manifestazione del Sole, tanto che dalla V dinastia il titolo di "Figlio di Ra" entra a far parte del protocollo regale. L'architettura funeraria e la piramide tendono ad enfatizzare questo aspetto divino.
La crescita dell'ideologia del potere implica una crescita dell'architettura monumentale compenetrata di simbolismo e ritualità. Il re viene legittimato nel suo ruolo attraverso un processo di divinizzazione, ed ogni elemento che compone la sua sepoltura è testimonianza di questa sua natura divina ed espressione del suo soverchiante potere terreno. Il tempio funerario non è solo il luogo dove si celebrano i riti dell'offerta per la sopravvivenza del sovrano nell'Aldilà, ma diventa una manifestazione del potere regale, dotato di proprio personale e di rendite autonome, un centro di ridistribuzione economica, un punto di riferimento amministrativo con un proprio archivio (come il caso dei papiri di Abusir, trovati nel tempio funerario di Neferirkara, della V dinastia).
Le grandi imbarcazioni, smontate e seppellite in fosse presso le piramidi, sono state variamente interpretate: barca solare per il percorso nell'Aldilà; mezzo utilizzato per il funerale regale; barca da parata. Tra di esse, la più famosa è la barca di Cheope, lunga 40 m, del peso di 40 tonnellate, realizzata con legno di cedro del Libano.
Il senso della potenza illimitata del re si manifesta in ogni campo. Il re deve imporsi per il suo essere al di sopra dell'uomo, e questo non solo nella scelta dei materiali o nella dimensione delle sue opere, ma soprattutto nella ricerca di astrazione ora di forme e simbologie, ora di innovazioni espressive (sfinge, Testi delle Piramidi).
La sfinge che sorge sulla piana di Giza, accanto al tempio in valle di Chefren, è una statua colossale di 72 m di lunghezza x 20 m d'altezza, che sfrutta come struttura interna una montagnola di calcare scolpita e rivestita di blocchi. La figura rappresenta un ibrido a corpo di leone e testa maschile regale. Il corpo segna la potenza del personaggio, mentre la testa indica la presenza dell'umano nel divino, cioè l'apparenza esteriore del re dietro a cui si cela la sua divinità. Antropomorfismo e zoomorfismo si trovano coniugati per rendere la molteplicità delle funzioni degli dei, ma in questo caso l'obiettivo è quello di rappresentare il potere del re sui vivi e sui morti.
La sfinge è testimonianza di un'ideologia politica il cui ricordo si perde nel corso del tempo, tanto che nel Nuovo Regno il monumento assume significati diversi (connotati solari ed assimilazione ad Harmachis).
Stessa simbologia del potere divino si può notare nella statua di Chefren, rinvenuta nella favissa del suo tempio in valle. La pietra è un tipo di diorite proveniente da una lontanissima cava nel Deserto Occidentale nubiano, a nord-ovest di Abu-Simbel. Straordinaria appare la codificazione dei dettagli iconografici regali, come straordinaria è la suggestione del divino impersonato dal falco Horo, che allarga le sue ali sulla nuca del re.
I templi solari
Sotto la V dinastia compaiono dei complessi architettonici noti con il nome di templi solari. Si trovano nell'area di Abu Ghurab, sulla sponda occidentale del Nilo, a poca distanza dai complessi piramidali di Abusir; restano le testimonianze archeologiche di solo due strutture, edificate da Userkaf e Niuserra, ma in origine dovevano essere più numerose. Si è ipotizzato che tali costruzioni, connesse con i templi funerari, avessero un significato funerario.
Dal loro nome di "Potenze di Ra" e "Gioia di Ra", appare evidente la relazione con il culto del Sole, ma è probabile che esse fossero legate alla celebrazione di cerimonie di rivitalizzazione e rinascita, come la festa Sed. Nelle epoche più antiche, tale festa era celebrata in aree adiacenti a quelle funerarie, ed aveva una doppia valenza: serviva al re sia in vita, sia da morto. È presumibile che le teologia eliopolitana avesse già elaborato degli agganci tra la festa giubilare del re e la nascita del sole: infatti, sulle pareti di un corridoio interno, sono conservate scene che riguardano non solo i cicli stagionali ("Camera delle Stagioni"), ma anche la festa Sed.
Le costruzioni appaiono molto articolate nell'impianto generale. Sono precedute da un tempio in valle, collegato al temenos da una lunga rampa. All'interno del recinto, oltre a magazzini ed aree adibite alle offerte, si ergeva l'obelisco. La sua forma è ricavabile solo dalle rappresentazioni geroglifiche, che ne evidenziano la struttura tozza, poggiata su una larga base tronco-piramidale. L'origine di questo monumento è stata variamente ipotizzata: riproduzione geometrica del monolito benben, conservato nel tempio eliopolitano; oppure collina primordiale da cui si sarebbe elevato il sole nel momento della creazione.
Le tombe dei privati
La cultura di corte si esprime non solo direttamente, attraverso la manifestazione del potere regale, ma anche mediante la testimonianza di tutte quelle persone che tale corte hanno costituito e fatto funzionare. In ambito funerario, i funzionari trasferiscono lo stesso rapporto vissuto nella vita reale, di dipendenza e di attaccamento all'istituzione regia.
Le mastabe dei privati, dunque, ruotano intorno ai grandi complessi funerari regali, ordinate in schemi geometrici precisi. Si presentano come parallelepipedi chiusi, con un pozzo per l'accesso all'appartamento funerario ricavato nel sottosuolo, ed una serie di vani a livello del piano di campagna, destinati al culto del defunto ed alle cerimonie connesse ai rituali dell'offerta. Sulle pareti si snodano, su più registri e in una "prospettiva appiattita", scene varie, in rilievo ed a colori, che propongono tematiche riprese dalla vita quotidiana. Nella prima parte dell'Antico Regno si nota un equilibrio decorativo tra immagini e testi, poi le figurazioni diventano preminenti e i testi si riducono a semplici didascalie. La scelta dei temi figurativi è in relazione con la figura del defunto, così come l'andamento di "lettura", che doveva rispondere ad un ordine programmato.
Il villaggio operaio di Giza
Accenni decorativi si ritrovano nella necropoli operaia scoperta nei pressi delle piramidi di Giza. Le tombe sono adiacenti ad un insediamento pensato per l'alloggiamento degli operai e degli artigiani dediti alla costruzione dei complessi regali. L'organizzazione del villaggio evidenzia un abitato molto semplice ma dotato di strutture d'appoggio e di botteghe artigiane. Accanto fu impiantata la necropoli, con tombe rupestri modeste, ma accompagnate da iscrizioni e decorazioni.
Il tutto denota la credenza nell'Aldilà anche da parte dei non privilegiati, in contrasto con l'esclusività ultraterrena del re e della sua corte.
La statuaria privata
L'architettura funeraria privata si accompagna ad una vasta produzione di statuaria, che non è solo la rappresentazione del defunto, ma "è" il defunto stesso, grazie a due elementi: l'apposizione del nome in geroglifico, che personalizza l'immagine, ed il rito dell'apertura della bocca, con cui l'immagine viene dotata di vita.
Viene privilegiata la raffigurazione del nucleo familiare di base, la coppia, a cui vengono affiancate le raffigurazioni dei figli. Questa tipologia è dettata dall'esigenza del singolo di definire la propria identità, la propria posizione nell'ambito delle gerarchie e delle relazioni sociali.
Nelle statue di scriba si può osservare, oltre al gusto per una maggiore articolazione della figura nello spazio, la necessità di fissare per l'eternità la funzione espletata. Le statue, dunque, perpetuano ciò che il defunto è stato e ha fatto.
Le statue rivelano una concezione spaziale analoga a quella che sovrintende l'architettura funeraria: senso della massa chiusa e piena, delineata nei contorni, geometricamente semplificata e policroma. La funzione metafisica della statua funeraria ne esalta il senso di estraneità in una serena ed atemporale indifferenza al mondo.
l'arte periferica
L'egemonia culturale menfita sembra interessata a sottolineare solo alcuni lati dell'immagine che vuole e deve dare di se stessa: privilegia centri di culto regali al posto di realtà templari locali, lasciate alle definizioni delle singole comunità urbane.
La città di Ayn Asil, nell'area nord-orientale dell'oasi di Dakhla, nel deserto libico, ebbe origine nell'Antico Regno e conobbe il suo sviluppo maggiore durante la VI dinastia, raggiungendo un'estensione di 40 ettari. Il quartiere meridionale ha rivelato un vasto complesso palatino, composto da due grandi corpi articolati in sale chiuse colonnate e cortili porticati, ed un settore amministrativo, in cui è stato ritrovato un buon numero di tavolette d'argilla con impresse iscrizioni geroglifiche. Si tratta di un sistema di registrazione differente da quello usato nella Valle, che ricorda modelli mesopotamici.
Le mastabe dei governatori sono situate in un'area poco distante dalla città. Esse sono state concepite secondo uno schema che si distacca dai modelli menfiti: si presentano architettonicamente diverse sia nella concezione degli spazi interni e nell'articolazione degli ipogei, sia nella scelta di innovative soluzioni tecnico-costruttive.
La cultura locale era dunque forte e sicura nelle sue scelte, pronta ad emergere negli spazi lasciati liberi dal potere dominante.
il nomarcato nell'arte funeraria
L'arte periferica riprende visibilità nel I Periodo Intermedio. La presenza nei nomoi di personaggi e famiglie localmente autorevoli, conduce ad un notevole sviluppo dell'architettura rupestre e ad un modo più personale e diretto di gestire la decorazione interna, slegata dagli schemi tradizionali. La decorazione pittorica delle tombe dei principi di Asiut dimostra un'attenzione verso i caratteri individuali e le capacità del singolo, con una più immediata e libera resa delle figure, di cui sono predilette le riprese in movimento. Maggiore plasticità si nota anche nella statuaria, che impiega massicciamente il legno, forse per l'impossibilità di raggiungere le cave di pietra pregiata.
Sintomatica è l'assenza dell'azione del nomarca in ambito templare. I templi continuano ad esistere e prosperare secondo le varie esigenze locali, avvalendosi sporadicamente dell'intervento del re in campo edilizio, mentre le autorità del luogo tendono a concentrare i loro sforzi su costruzioni private. È indicazione di una situazione politica confusa, che dal punto di vista artistico stimola i singoli ad esprimersi con forza e vivacità, nel tentativo di sottolineare la propria individualità.
le innovazioni tra la fine del III e l'inizio del II millennio
L'esperienza individualistica ed autonoma che si è andata manifestando durante il I Periodo Intermedio segna l'arte della fine del III millennio. Con l'avvento della XII dinastia, che ristabilisce una politica tesa a sviluppare un programma di riorganizzazione burocratica dello Stato, di radicamento sul territorio e di espansione oltre i confini, la prospettiva artistica appare cambiata. Si nota la creazione di una rete di interrelazioni e la consapevolezza della presenza di destinatari reali del messaggio figurativo.
Arte militare in Nubia
Uno degli aspetti architettonici più imponenti e innovativi del Medio Regno è costituito dalla serie di fortezze costruite in mattoni crudi lungo il Nilo della Nubia. Alcune sono forse di epoca precedente (Buhen nord), ma nel Medio Regno vengono modificate, ingrandite ed articolate. Il sistema è stato pensato come una successione di punti di difesa posizionati lungo il fiume, dalla I alla III cateratta, adatti sia a prevenire attacchi dal deserto, sia a controllare il traffico fluviale e le piste carovaniere. Il forte di Quban, eretto a sud della I cateratta, aveva la funzione di sorvegliare l'accesso allo uadi Allaqi, ricco di miniere aurifere. Il forte di Semna, a sud della II cateratta, presenta una serie di difese posizionate lungo il lato meridionale, da cui si prevedeva la possibilità di assalti.
L'impianto è diverso per ogni forte, e la planimetria sfrutta la topografia accidentata dei luoghi, ma per tutti esistono dei criteri di base: doppia cinta muraria con mura merlate poggianti su fondamenta in pietra, ragguardevoli per dimensioni, articolate in bastioni e contrafforti, precedute da fossati. L'interno prevede alloggiamenti ordinati ed allineati per la guarnigione, magazzini e granai, abitazioni di supporto e un'area templare.
L'edificazione di un forte era un'impresa architettonica ragguardevole. Inoltre, la versatilità nella scelta delle soluzioni costruttive e l'ingegnosità nella ricerca di nuove proposte difensive danno l'idea che il sistema fosse complesso: la sua creazione deve essere inquadrata in un grandioso progetto politico che prevedeva una totale riorganizzazione dello Stato, per garantire un nuovo controllo politico sul territorio. Era la nascita dell'impero.
Il "Labirinto" di Hawara
Alla nuova concezione dello Stato va ricollegato il complesso di Hawara nel Fayyum. Presso la piramide di Amenemhat III sono stati individuati pochi resti di un edificio in pietra che, per dimensioni e complessità, venne definito dai Greci un "labirinto". Erodoto lo descrive come un'enorme struttura composta di 1500 vani, articolati in gruppi di tre o sei riuniti intorno ad una corte a peristilio, e poggianti su di un sotterraneo altrettanto vasto.
È probabile che esso sia nato come un grande centro palatino-amministrativo con risvolti cerimoniali (celebrazione del giubileo regale). La fisionomia documentata dai visitatori greci è probabilmente il risultato di trasformazioni subite nel corso dei secoli. Rimane comunque un documento del progetto pianificatore che ha contraddistinto la politica della XII dinastia.
Innovazioni nella statuaria
La statuaria regale presenta particolarità notevolissime nella concezione dell'identità del sovrano, che viene sottolineata, oltre che dal nome, anche dalla caratterizzazione fisionomica. Risale all'epoca di Sesostri II la presentazione del sovrano con un volto che rispecchia l'età reale della persona. Viceversa, la resa del corpo segue i canoni tradizionali, ed è raffigurato in modo idealizzato, giovane e perfetto. La dicotomia tra le due caratteristiche, che coesistono nella stessa rappresentazione, ne sottolinea la drammaticità. La testa rappresenta la realtà, il corpo la funzione, con i caratteri dell'immutabilità del potere regale. Il volto esprime l'umanità del sovrano, con le rughe dell'invecchiamento ed i segni del decadimento e della sofferenza.
Viene così acquisita una dimensione nuova della regalità, che non teme di farsi vedere anche nell'aspetto più umano dell'incarnazione del potere, e che verrà ripresa nell'iconografia amarniana di Amenhotep IV.
La statuaria privata risente di questa ricerca del vero; tuttavia, ne risente in ritardo rispetto alla scultura di corte, ed i primi esempi si datano alla fine della XII dinastia.
Si assiste anche all'evoluzione di forme tendenti sempre di più alla semplificazione, fino a raggiungere astrazioni geometriche. Emblematica è l'evoluzione della figura maschile seduta a terra con le ginocchia ripiegate e coperte dalla lunga gonna, che diventa un cubo (da qui la definizione di "statua cubo").
aspetti artistici nel nuovo regno
L'arte del Nuovo Regno è presente con una serie numerosissima di testimonianze provenienti da ogni parte dell'Egitto. In questo periodo, si va delineando una separazione tra le varie forme espressive che precedentemente apparivano riunite o interrelate. Anche topograficamente si assiste ad un'organizzazione per blocchi separati: da una parte le necropoli, dall'altra i grandi centri religiosi, e tra i due le strutture palatine.
Questa suddivisione rispecchia la divisione amministrativa interna che in quel periodo sembra articolarsi in tre settori: civile/militare, regale e religioso. Il tutto era controllato dal sovrano, anche se in ogni ripartizione il potere effettivo era esercitato da un ristretto organo di controllo.
La città del re
Il sovrano del Nuovo Regno era dotato di varie residenze sparse per l'intero Paese, ma soggiornava principalmente nelle capitali nazionali: Tebe in Alto Egitto e Menfi in Basso Egitto. In età ramesside, con la costruzione di Pi-Ramesse, se ne aggiunse una terza.
Il palazzo di Amenhotep III
Dalle rovine di Malgata risulta evidente che questa residenza era stata progettata non solo per accogliere il re, la sua famiglia, parte della corte e dell'amministrazione palatina, ma anche per essere il luogo in cui si celebrava la cerimonia più importante per la stabilità della monarchia, la festa Sed.
Esso sorgeva sulla sponda occidentale, in una zona limitrofa a quella destinata ai morti. Il binomio tomba/tempio funerario e luogo di celebrazione del giubileo regale risale ad un'antichissima tradizione, risalente al complesso di Djoser a Saqqara.
Nell'ambito della cerimonia era prevista una corsa rituale per la riconferma del dominio sul territorio, che all'epoca di Amenhotep III si era trasformata in una navigazione entro un circuito acquatico; la barca, infatti, era considerata il mezzo di trasporto delle divinità. A questo scopo fu costruito un immenso bacino artificiale a forma di T, che raggiungeva 2 km di lunghezza e 1 km di larghezza; i detriti di risulta dello scavo sono ancora oggi visibili, allineati in monticoli ai margini della piana desertica.
Il complesso palatino, costruito in mattoni crudi e riccamente decorato in policromia, comprendeva due distinti palazzi, annessi abitativi, magazzini, un tempio ed una piattaforma accessibile tramite una scalinata di 30 gradini. Era una città in miniatura, fatta per il re.
I palazzi di Amenhotep IV
Gli edifici palatini di Tell el-Amarna costituirono il nucleo intorno ai quali si organizzò l'insediamento urbano, sviluppatosi come corollario della città del re. La residenza privata del sovrano si trovava a nord, in una zona isolata, era fortificata ed autosufficiente grazie alla presenza di un grande complesso di magazzini. Lo scheletro della città era costituito dalla "strada regale", che correva da nord verso sud. Su quest'asse si articolavano al centro della città gli edifici principali, che il sovrano raggiungeva percorrendo la strada sul suo cocchio. Il fulcro era costituito dai due templi di Aton, con la piccola casa regale, utilizzata dal re nell'espletamento delle sue funzioni, e dal grande palazzo di rappresentanza parzialmente costruito in pietra. Questi due edifici, che sorgevano ai lati opposti della strada, erano collegati da un ponte in mattoni, e al grande palazzo fu aggiunta, sotto il successore Semenekhkara, una sala a colonne con pareti rivestite di mattonelle smaltate.
La città, che si estende sulla sponda orientale per circa 13 km, riflette nel suo impianto la concezione del ruolo preminente del re. Gli edifici sono stati innalzati non per il dio, anche se il nome della città, Akhetaton, "Orizzonte di Aton", potrebbe indurre a crederlo, quanto in funzione del sovrano, che è l'unico interlocutore della divinità. Il culto delle immagini regali ha sempre fatto parte dell'ideologia egiziana, ma ad Akhetaton si rafforza a tal punto da diventare il tema dominante. Le immagini venerate nelle abitazioni private sono raffigurazioni del re e della sua famiglia in adorazione di Aton. Il re è un dio egli stesso, e mitici sono anche i gesti della sua vita quotidiana, che per la prima volta vengono apertamente rappresentati. La sua irraggiungibilità divina viene sottolineata dal suo vivere isolato dal mondo, prediligendo un'area appartata quale luogo di residenza.
La città del dio
Nel Nuovo Regno si assiste allo sviluppo dell'edilizia templare. A Tebe, che sotto la XVIII dinastia era la città dinastica per eccellenza, ogni sovrano si sentì quasi obbligato a lasciare tracce visibili del suo interessamento, contribuendo all'arricchimento architettonico del grande tempio di Amon, sulla sponda orientale (Karnak).
Particolarità nel tempio di Karnak
Il complesso destinato al culto di questa divinità è un esempio di struttura in accrescimento: la sua fisionomia non fu mai definitiva, ma partendo da un nucleo originario composto da un pilone, una corte d'accesso, una sala ipostila ed un sacrario, andò sviluppandosi nel tempo, con l'aggiunta di altri piloni, obelischi, nuove sale e cappelle per la barca sacra. Di quest'opera continua di mutamento, restano segni tangibili nei riempimenti dei piloni, che venivano costruiti riutilizzando materiali provenienti dalla demolizione di edifici più antichi.
Dal III pilone, ad esempio, sono stati recuperati i blocchi che componevano la cappella destinata alla barca, eretta da Hatshepsut, chiamata "cappella rossa". L'edificio, realizzato in bicromia, con blocchi di quarzite rossa e bruna, è stato ricostruito in un'area museale all'aperto, ricavata nello stesso temenos di Karnak. È un esempio non solo di precisa tecnica costruttiva, ma anche di scioltezza ed eleganza decorativa. La preziosità della pietra è esaltata dall'armonica linearità della struttura e dalla raffinatezza del rilievo ad incavo, che alterna scene di culto di tipo tradizionale ad altre più personali.
Allo stesso modo sono state ricostruite la "cappella bianca" di Sesostri I, testimonianza di un culto già affermatosi nel Medio Regno, e la cappella in alabastro di Amenhotep I, degli inizi della XVIII dinastia.
Importante per la storia del complesso monumentale è stato il ritrovamento di migliaia talatat (blocchetti in arenaria), utilizzate come riempimento del IX pilone e nelle sostruzioni del pavimento della grande ipostila. I blocchetti con rilievo policromo ad incavo provengono dallo smantellamento di quattro edifici fatti costruire per Aton da Amenhotep IV, a ridosso del muro orientale del temenos ammoniano; la loro costruzione precede la fondazione della città di Akhetaton, e risalgono dunque ai primi anni del regno del sovrano. Ciò significa che la riforma religiosa era già in corso di attuazione al momento dell'ascesa al trono del sovrano, e che, per poter essere applicata immediatamente, doveva poggiare su di un'idea ben delineata, sviluppatasi quando il padre, Amenhotep III, era ancora in vita.
I segni di rottura con il passato sono evidenti non solo sul piano ideologico, ma soprattutto su quello architettonico e figurativo. Sul terreno sono state identificate tracce delle antiche costruzioni, rase al suolo, che hanno fornito una serie di immagini colossali di Amenhotep IV, innovative dal punto di vista stilistico. La rottura con la tradizione figurativa è drammatica ed esasperata: si delineano le tematiche ed i modi della rappresentazione che saranno propri dell'arte amarniana. Il messaggio sta nella visibilità del cambiamento, che deve risultare in modo evidente ed essere immediatamente percepibile ad ogni livello culturale.
Questa prima attestazione del nuovo culto di Aton si trova proprio nel cuore del culto ammoniano, il più importante di tutto l'Egitto del Nuovo Regno: Amenhotep IV manifesta dunque non solo una volontà di rinnovamento religioso, ma soprattutto una presa di posizione politica contro lo strapotere del clero ammoniano.
Il tempio rupestre di Abu Simbel
Un edificio che si distingue per la sua singolarità e che costituisce il prototipo di una serie di templi rupestri costruiti in una sorta di catena lungo il Nilo della Nubia, è il grande tempio di Abu Simbel, noto per essere stato oggetto di un grandioso programma di salvataggio quando le acque del lago Nasser, formatosi dopo la costruzione della diga di Assuan, minacciavano di sommergerlo. Negli anni '60, l'edificio fu smontato e ricostruito più in alto, all'interno di una collina artificiale.
Il tempio risale a Ramesse II, ed è un esempio di trasposizione di una planimetria templare tradizionale in un ambiente chiuso, scavato nella roccia. Si ritrovano, dunque, la facciata esterna sagomata a pilone, l'atrio ipostilo a pilastri osiriaci, con decorazioni parietali di carattere militare (la battaglia di Qadesh contro gli Hittiti), il duplice vestibolo con scene liturgiche, ed il sacrario con le statue di Harmachis, Amon-Ra e Ptah, a cui è affiancata quella del sovrano. Il re domina anche l'ingresso con le sue quattro gigantesche raffigurazioni, che ripropongono analoghe statue poste, ad esempio, davanti al pilone del tempio di Luxor, e che sottolineano il carattere monumentale del complesso.
Tre elementi sono di particolare interesse: la dislocazione del tempio, che sorge in un'area desertica; il senso del gigantesco; il culto del re/dio. Le tre componenti sono interconnesse e dipendono dalla concezione della regalità così come si era andata affermando in età ramesside. La divinità del sovrano viene ribadita attraverso la dimensione, che ne deve rispecchiare la grandezza ultra-umana. Oltre alle strutture architettoniche, anche le statue sono gigantesche, e questo rivela la necessita di un destinatario umano del messaggio visivo. Nell'età ramesside, il re agisce sul palcoscenico del mondo, e l'autocelebrazione anche in aree di confine è un'esigenza fondamentale per l'affermazione della supremazia dinastica.
Al contrario, nella statuaria privata, si assiste ad un ripiegamento sul privato, ad una celebrazione delle qualità individuali, sia nell'ambito familiare sia in quello religioso.
La città dei morti
Il Nuovo Regno ci ha tramandato una quantità enorme di documentazione relativa sia alle tombe private e regali, sia ai templi funebri.
I templi funerari
La novità introdotta nell'articolazione dei complessi funerari regali prevede una distinzione tra luogo adibito alla sepoltura e luogo destinato al culto ed alla liturgia funeraria. I templi, inoltre, diventano centri di amministrazione e ridistribuzione delle risorse, con un complesso sistema di raccolta, registrazione ed immagazzinamento (ad esempio, il sistema di appoggio amministrativo del Ramesseo, tempio funerario di Ramesse II). Accanto al tempio appare anche un edificio palatino di rappresentanza, di dimensioni ridotte, adatto ad accogliere temporaneamente il re durante le cerimonie religiose. Il tempio funerario del Nuovo Regno appare dunque più attivo e partecipe della vita quotidiana di quanto non fosse in precedenza.
Le tombe regali
Viceversa, la tomba regale continua ad essere concepita come la dimora del morto, che non solo deve essere completamente isolata dal resto del mondo, ma deve essere nascosta. L'appartamento funerario è ipogeo, ricavato o nella struttura muraria, o nella roccia, e l'accesso è celato. L'occultamento della tomba non è solo dettato da una necessità, quella di salvaguardare la sepoltura dall'azione di ladri e saccheggiatori, ma va inteso come una condizione indispensabile per garantire la serenità del percorso di rinascita del re morto. Il mondo del sovrano defunto deve essere bloccato ed invisibile: lo spazio oltremondano dei sovrani è chiamato ora "mondo nascosto".
La struttura superiore, la piramide, è sostituita nel Nuovo Regno da un elemento naturale ancora più possente, la montagna.
l'età del rinnovamento
Gli studi sul periodo etiopico (XXV dinastia), saitico (XXVI dinastia) e tolemaico (da Alessandro Magno all'età romana) stanno dimostrando la ricchezza e la vitalità della cultura egiziana del I millennio a.C. L'Egitto, infatti, si apre ad esperienze nuove, dovute in parte alla presenza di elementi stranieri nel Paese, ma soprattutto ad una nuova concezione dell'universo.
Dopo l'esperienza ramesside, l'uomo egiziano tende a prendere in considerazione l'alterità ed a ritenere valide anche soluzioni difformi dalla tradizione. La tradizione, tuttavia, non viene negata o dimenticata: viene recuperata, studiata ed elaborata con sensibilità rinnovata e sotto angolature diverse. Ne sono un esempio le riprese di antichi motivi architettonici riadattati a edifici di diversa funzione, così come i rilievi templari e funerari, che ad un'estrema raffinatezza esecutiva affiancano la ricercatezza delle tematiche testuali e figurative.
I nuovi stili della statuaria regale
La statuaria del I millennio esprime chiaramente l'evidenza del cambiamento. Nella statuaria regale, si può notare un'evoluzione stilistica notevolissima, non solo formale, ma indice di una profonda evoluzione del concetto di regalità. Le immagini di Taharqa (XXV dinastia), re proveniente dall'ambiente africano di Napata, città sorta alla IV cateratta del Nilo, presentano un carattere massiccio ed una voluta ruvidità di contorni, badando alla sostanza e nulla concedendo all'estetica. Ad esse si oppongono le successive raffigurazioni di Amasi (XXVI dinastia), re proveniente da una città del Nord, Sais nel Delta, idealizzanti, ricche di dettagli calligrafici ed arcaicizzanti, che rivelano il gusto per la citazione di modelli antichi, in un estremo tentativo di affermazione della cultura aulica. Infine, le statue regali tolemaiche si presentano da un alto ripetute secondo i canoni greci, dall'altro secondo quelli egiziani: la duplicità delle raffigurazioni è un segnale della dicotomia culturale che dilaga nel Paese e che segna la fine dell'idea tradizionale della regalità.
Caratteri della statuaria privata
Anche la statuaria dei privati è ricchissima di nuovi spunti ed interessi, pur mantenendo intatto il senso della massa chiusa e certi modi di guardare la figura umana. L'innovazione è visibile soprattutto nella resta della testa e dei tratti fisionomici. La statua di Horsitutu (prima metà del III secolo a.C.) e le teste di vecchio del Museo di Vienna (III secolo a.C.), di Boston (II secolo a.C.) e di Berlino (I secolo a.C.) sono legate da un unico filo conduttore, che è l'interesse sull'uomo, sui suoi caratteri personali, in una ricerca ritrattistica. È la negazione dell'antico concetto egiziano di statua come realtà che esiste, e l'affermazione del concetto di immagine come realtà che appare.
Privacy |
Articolo informazione
Commentare questo articolo:Non sei registratoDevi essere registrato per commentare ISCRIVITI |
Copiare il codice nella pagina web del tuo sito. |
Copyright InfTub.com 2024