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Iliade - LIBRO I, II, III, IV, V

greco



Iliade


Gli episodi narrano le vicende di una cinquantina dei giorni dell'ultimo anno della guerra di Troia, che nel suo complesso durò dieci anni.

I primi venti libri sono dedicati alle battaglie di quattro giorni.

Gli argomenti che precedono questa narrazione si trovano nei poemi del cosiddetto Ciclo troiano. Queste opere si erano già diffuse in forma orale prima della stesura dei poemi omerici.

Il cosiddetto casus belli era tale: durante le nozze della dea marina Teti e di Peleo, Discordia, non invitata al banchetto, lanciò una mela destinata alla più bella. A Paride venne rimesso il giudizio tra Era, Afrodite ed Atena. Afrodite, che gli aveva promesso l'amore di Elena, moglie del re spartano Menelao. In seguito al ratto di Elena da parte di Ettore,  Agamennone, re di Micene e fratello di Menelao, organizzò la spedizione contro Troia.

In realtà, però, la guerra era stata voluta dagli dei per ovviare alla sovrappopolazione della Terra, sofferente perché oppressa da troppi uomini.

Agamennone e Menelao riuniscono gli eserciti achei in Aulide (Beozia); qui avvenne il sacrificio di Ifigenia, figlia del sovrano miceneo, operato per placare l'ira di Artemide e per avere venti favorevoli alla navigazione. Partiti e dopo aver devastato alcune coste dell'Asia Minore, si stabi 313g62d lirono a Tenedo e diedero inizio all'assedio.




LIBRO I

Il poeta invoca la dea per aiutarlo a narrare gli effetti rovinosi provocati dal ritiro di Achille. Apollo era sceso dall'Olimpo ed aveva scagliato dardi infuocati scatenando panico tra gli Achei. Al decimo giorno di epidemia, Achille, esortato da Era, aveva convocato assemblea e l'augure Calcante aveva affermato che l'ira di Apollo era stata causata dalla non restituzione da parte di Agamennone di Criseide al padre Crise. In cambio di ciò, l'Atride voleva Briseide, schiava di Achille, che sentendo la proposta s'indigna. Achille si rivolge in lacrime alla madre Teti: le narra l'accaduto e la prega di intercedere presso Zeus, affinché conceda vittorie ai Troiani costringendo gli Achei al ritiro. Odisseo, intanto, consegna Criseide al padre. Crise prega il dio di bloccare il morbo. Quando Teti riesce a parlare con Zeus, egli acconsente con un cenno del capo, che fa tremare l'Olimpo. Era si accorge di ciò e scoppia un litigio tra gli dei; Zeus intima la dea di obbedire. Efesto prega la madre di non reagire. Gli dei banchettano.


LIBRO II

Nella notte Zeus ordina al Sogno Ingannatore di recarsi da Agamennone e di comandargli di sferrare l'attacco finale ai Troiani, poiché gli dei volevano la vittoria dei Greci. Il Sogno appare all'Atride nelle vesti di Nestore e gli comunica il messaggio del Cronide. Al risveglio, Agamennone convoca l'assemblea, ma prima espone al Consiglio degl'Anziani il sogno ed il suo voler comunicare ai soldati il ritiro da Troia per metterli alla prova.

I soldati si affollano sulla spiaggia  e viene loro comandato di sedere ed ascoltare da parte dei nove araldi. Agamennone, impugnato lo scettro, afferma di essersi ingannato e considera vergognoso non aver preso Troia in nove anni di assedio con un esercito dieci volte superiore a quello dei Teucri. Dopo l'invito di Agamennone a tornarsene in patria, gli Argivi si dirigono alle navi. Era manda, però, Atena a ristabilire l'ordine tra gli Achei. La dea, trovando Odisseo scoraggiato presso al sua nave, lo rimprovera e lo esorta a trattenere i Greci. L'eroe, riconosciuta la dea, riunisce l'assemblea e, preso lo scettro dell'Atride, esorta i soldati a restare ed a non provocare l'ira di Agamennone. Intanto percuote con lo scettro tutti i soldati in cui s'imbatte.

Ma Tersite, zoppo deforme e petulante, protesta ancora ed accusa Agamennone di egoismo ed avidità; esorta, quindi, i compagni a tornare a casa. Odisseo colpisce lo spudorato e ricorda, pur comprendendo il desiderio di ritorno degl'Argivi, il prodigio accaduto alla partenza in Aulide: durante i sacrifici un serpente aveva divorato una nidiata di otto passeri più la madre. Calcante aveva allora affermato che la vittoria sarebbe arrivata la nono anno, che non era ancora terminato.

Anche Nestore ricorda un fulmine di Zeus proveniente da destra alla partenza e suggerisce ad Agamennone di dividere gli eserciti per tribù, in modo che si possano distinguere quelli che si comporteranno da vili. L'Atride apprezza le parole del saggio, spera che ritorni la concordia con Achille ed ordina di preparare le armi. I guerrieri con un boato d'approvazione si recano a pranzare ed a fare riti propiziatori. Anche i capi fanno riti attorno ad un toro, pregando Zeus per la vittoria. Gli araldi chiamano a raccolta l'esercito. Atena, munita dell'egida, marcia in mezzo ai combattenti ed infonde coraggio. Dalla pianura si diffondono i bagliori delle armi bronzee, come le fiamme di un incendio lontano e gli Achei procedono a migliaia come stormi d'uccelli, lungo le rive dello Scamandro. I capi li ordinano per schiere, come greggi. Agamennone risplende in mezzo a tutti, come il toro in mezzo alla mandria.

Il poeta si rivolge ancora alle Muse, perché lo aiutino a ricordare i capi dei Danai ed in seguito enumera tutti gli eserciti, i capi e le navi dei Greci.

Zeus manda Iride all'assemblea dei Troiani, cui appare nelle vesti di Polite (figlio di Priamo) ed annuncia l'arrivo dell'esercito nemico. Ettore, compreso che era stata una dea a parlare, ordina di correre alle armi; si schierano su una collina vicino alla città. Si distinguono Ettore (figlio di Priamo), Enea (figlio di Anchise), Pandoro (con l'arco donatogli da Apollo). Vengono passati in rassegna gli alleati, tra cui Glauco e Sarpedone (capi dei Lici).

LIBRO III

Gli eserciti si dirigono l'uno contro l'altro. Paride (troiano) dirige il suo esercito come un dio, ma quando Menelao gli si lancia contro, si ritira impaurito. Ettore insulta il fratello per l'accaduto e per la temuta rovina di Troia. Chiedendo Paride di affrontare Menelao in duello, Ettore propone che chi avrebbe vinto, avrebbe portato con sé Elena e Greci e Troiani avrebbero stipulato una pace. Menelao è d'accordo ma esige che sia Priamo a stipulare il patto.

Elena, informata da Iride, nelle vesti di una cognata, su quanto accade, si reca alle porte Scee, dove viene ammirata per la bellezza dagli anziani della città. Qui ha un colloquio con Priamo, che si rivolge a lei con tenerezza. La donna rimpiange i suoi cari. Poi scrutano i Greci, che sostano nella pianura sottostante, e distinguono Agamennone, Odisseo, Aiace, Idomeneo. Non vede Castore e Polluce, già morti a Sparta a sua insaputa.

Giunto un araldo presso Priamo ad annunciare la proposta, il re esce dalla città e giunge presso gli eserciti, intenti nei preparativi di un sacrificio per stipulare il patto. Ettore tira a sorte l'elmo di chi lancerà per primo l'asta di bronzo: Paride. I due guerrieri indossano armature, elmo e armi e si dispongono nel campo designato da Ettore. Non avendo successo nessuno dei due con le lance, passano alle spade.

Paride sta per avere la peggio, ma Afrodite lo avvolge in una nebbia e lo porta nella sua stanza da letto. La dea va da Elena e la esorta ad andare da Alessandro, ma ella, riconoscendo Afrodite e rifiutando, viene minacciata. Elena giunge da Paride e lo rimprovera per la sua viltà; poi si concedono alle gioie dell'amore. Menelao cerca il rivale, ma, non trovandolo, viene riconosciuto vincitore: egli avrà Elena e le sue ricchezze.


LIBRO IV

Gli dei seduti a banchetto decidono che la guerra deve continuare: Atena farà in modo che i Troiani tradiscano i patti. Nelle sembianze di Laodoco la dea si avvicina a Pandoro (arciere licio) e lo esorta a scagliare una freccia contro Menelao. Egli scocca la freccia e la dea la devia sulla cintura: l'eroe è ferito solo superficialmente. Agamennone s'avvicina la fratello e lo affida al medico Macaone. I Greci accerchiano l'Atride, mentre i Troiani si armano.

Agamennone esorta i suoi soldati restii al combattimento e riceve parole d'incoraggiamento dal cretese Idomeneo. In seguito trova i due Aiaci (Oileo e Tolamoio) pronti a combattere e li loda. Intanto Nestore fornisce ai Pilii indicazioni strategiche per bloccare l'individualismo ed esaltare la collettività; l'Atride gli rivolge parole d'ammirazione. Agamennone rimprovera Menesteo ed Odisseo per non aver fatto ancora partire le loro schiere di Ateniesi e Cefallenii. Accusa Diomede di indugiare e di non essere coraggioso come il padre Tideo.

Achei, guidati da Atena, e Troiani, da Ares, si muovono uno contro l'altro e la Furia getta odio tra i due eserciti. Lo scontro delle schiere provoca strepito, come quello di due torrenti in piena. Molti muoiono, inasprendo odio e vendetta.


LIBRO V

I due dei, dopo aver salvato alcuni eroi prediletti, si ritirano per non condizionare l'esito dello scontro. I Danai respingono i Troiani ed ogni condottiero acheo uccide un nemico. Diomede, irrompendo come un fiume gonfiato dalle piogge di Zeus nelle schiere troiane, viene colpito da una freccia di Pandaro. L'eroe greco infuriato si lancia all'attacco con l'aiuto di Atena ed uccide molti nemici. Enea cerca Pandaro per caricarlo su un carro e partire all'inseguimento di Diomede, sospettato aiutato da un dio o dio egli stesso. Quest'ultimo attende impavido l'arrivo dei due troiani ed esorta Stenelo ad impadronirsi dei cavalli di Enea. Pandaro scaglia una lancia, ma pur colpendo il Tidide (=Diomede figlio di Tideo), non lo ferisce. L'acheo colpisce il licio in pieno volto con l'ausilio di Atena e lo uccide. Enea balza giù dal cocchio per difendere il corpo del compagno, ma Diomede gli lacera i tendini con un masso. Stenelo s'impadronisce dei cavalli. Afrodite avvolge Enea in un peplo, ma l'eroe greco la insegue e la ferisce alla mano: ella fa cadere il troiano, che viene protetto da Apollo. Iris la porta in salvo e la dea umiliata chiede ad Ares i cavalli per fuggire sull'Olimpo, dove viene consolata dalla madre Dione, che le ricorda episodi in cui gli dei soffrirono per i colpi inferti loro dagli uomini. Atena commenta con sarcasmo e Zeus le spinge a tenersi lontano dalla guerra. Apollo sottrae il figlio di Anchise a Diomede e lo porta nel suo tempio sulla rocca di Pergamo. Il dio costruisce un simulacro di Enea da mettere sul campo e si lamenta della tracotanza del Tidide con Ares, che riaccende gli animi troiani.

Il vero Enea torna in battaglia. I duelli infuriano nuovamente. Si distinguono Ettore ed Enea tra i Troiani e Menelao, Odisseo, Aiace e Diomede tra gli Achei. Sarpedone uccide Tlepolemo, ma viene a sua volta ferito. Era, approntando il carro, ed Atena, afferrando le armi, decidono di intervenire per contrastare Zeus. Atena si mostra a Diomede, che si medica delle ferite infertegli da Pandaro, lo rassicura sulla sua presenza e lo esorta a colpire Ares. Aiutato dalla dea il Tidide balza sul carro e colpisce Ares, costringendolo alla fuga verso l'Olimpo. Peone cura il dio ferito, raggiunto con Zeus da Era ed Atena.


LIBRO VI

Mentre i Troiani stanno per aver la peggio,Ettore ed Enea, su consiglio dell'augure Eleno, esortano i soldati e impediscono loro di entrare in città. Ettore entra nelle mura ed invita le anziane sacrificare promesse e doni ad Atena. Sul campo si trovano di fronte Glauco (licio) e Diomede (acheo). Il Timide chiede il nome e la stirpe dell'eroe che sta per affrontare; quello risponde che le stirpi degli uomini sono caduche come le foglie e che, comunque, era nobile, originaria di Efira, discendente di Bellerofonte, l'eroe che dovette combattere contro Chimera ed affrontare dure prove, per una colpa che non aveva commesso. Diomede pianta l'asta a terra e ricorda i legami di ospitalità tra il suo avo Oineo e Bellerofonte: i due eroi si scambiano le armi e decidono di non affrontarsi.

Ettore passato oltre le porte Scee incontra le donne, che chiedono notizie dei mariti. Poi giunge alla reggia e prega la madre Ecuba perché rechi offerte e voti al tempio di Atena. In seguito s'avvia alla casa di Paride e lo rimprovera per non essere in battaglia; Elena accoglie benevolmente Ettore e deplora la propria infedeltà nei confronti di Menelao e la follia di Alessandro.

Ettore sale sulla torre di Ilio, dove trova Andromaca ed Astianatte ed osserva la ritirata dei Troiani. La moglie piange esprimendo il timore che il marito venga ucciso; tutti i suoi congiunti erano stati trucidati da Achille a Tebe Ipoplacia. Ettore, pur invitato a schierarsi in un luogo sicuro, rifiuta di defilarsi dalla battaglie e ricorda alla moglie che, anche se schiava, sarà ricordata come moglie di un valoroso guerriero. Toltosi l'elmo, che terrorizza Astianatte, l'eroe saluta il figlio e si augura che diventi forte come il padre. Ettore si congeda ed Andromaca torna alla reggia, dove con le ancelle inizia il doloroso lamento funebre. Paride indossa le armi lucenti e si appresta a tornare in battaglia; il fratello lo elogia.

LIBRO VII

Ettore ed Alessandro tornano in campo. Atena scende dall'Olimpo in difesa degli Achei, ma Apollo, scortala, la raggiunge: i due si accordano per far sfidare Ettore contro il migliore dei Danai, per evitare ulteriori spargimenti di sangue. L'augure Eleno, percepite le voci divine, suggerisce al fratello di sfidare un guerriero acheo. Ettore lancia la sfida, ma nessuno la raccoglie. Gli Atridi e Nestore apostrofano l'esercito con parole indignate e, convincendo nove eroi a presentarsi, viene sorteggiato Aiace di Salamina. Quest'ultimo, armatosi, si dirige impavido verso il nemico, impaurendolo anche un po'. Dopo uno scambio di battute, i due si affrontano scagliando una prima volte le lance. Quella di Ettore trapassa lo scudo di Aiace, rimanendo conficcata nell'ultimo dei sette strati di pelle, mentre quella dell'acheo trapassa lo scudo del troiano lacerandogli la tunica. Nel secondo lancio Ettore viene ferito al collo. Si prosegue con lanci di pietre, fino all'arrivo degli araldi Ideo (troiano) e Taltibio (acheo), che invitano a smettere per la calata della notte. Gli eroi, scambiandosi doni, si separano.

Gli Achei presso le navi immolano un bue a Zeus e banchettano. Nestore suggerisce di chiedere una tregua per seppellire i morti, dopo averli bruciati su una pira, e per costruire fortificazioni in pianura, in difesa di tende e navi. Al palazzo di Priamo si svolge un'assemblea ed il saggio Antenore propone di restituire Elena ai Greci; Paride indignato accetta solo di restituire le ricchezze rubate ad Argo e di aggiungere una specie di riscatto. Ideo viene mandato all'accampamento acheo per comunicare la proposta di Alessandro e la richiesta di tregua per seppellire i morti. Gli Achei non sono disposti ad accordi con Paride, ma accettano una sosta. All'alba, sul campo i due eserciti si mischiano per recuperare i morti e, bruciati questi sulle rispettive pire, ritornano gli uni a Troia e gli altri alle navi. Più tardi un gruppo di Greci torna sul campo ad elevare un tumulo sulla pira ed a costruire attorno un muro con torri, porte e fossato. Poseidone critica gli Achei per aver costruito un monumento senza aver offerto ecatombi agli dei. Zeus rassicura il fratello che potrà distruggere il muro appena partiti gli Achei. Alla sera sia Danai che Troiani banchettano, ma, dal momento che il Cronide continua a tuonare preannunciando sventure, essi libano fino a quando prendono sonno.


LIBRO VIII

Zeus, in un consiglio di dei, ordina di non aiutare nessuno degli eserciti; concede solo ad Atena di consigliare i Greci. Ritiratosi sull'Ida, Zeus osserva la battaglia e, pesate sulla bilancia le sorti di questa, vede vincitori i Troiani. Con un fulmine semina terrore tra gli Achei, che scappano disordinatamente. Diomede salva Nestore, lasciato isolato, caricandolo sul carro. Il Tidide cerca Ettore, ma viene fermato dai fulmini del Cronide. I Troiani tentano di scalare il muro acheo; Agamennone, ispirato da Era, si aggira fra le navi e tenta di spronare i compagni. Grazie ad un segno favorevole di Zeus, i Greci si rianimano. Teucro (arciere greco) uccide i Troiani uno dopo l'altro, senza riuscire a colpire Ettore. Ucciso il suo cocchiere, l'eroe troiano ferisce l'acheo con una pietra alla clavicola. Questo viene soccorso e portato alle navi, dove confluiscono anche gli altri Danai, incalzati da Ettore.

Era ed Atena, avendo deciso di portare aiuto ai Greci, scendono con un carro fiammante sul campo. Zeus, visto ciò, invia Iris con un messaggio minaccioso, per farle desistere da tale azione. Esse, spaventate, tornano sull'Olimpo, dove il Cronide le rimprovera con ironia e ribadisce la sua onnipotenza. Scende la sera. Ettore, convocata l'assemblea, ordina ai guerrieri di apprestarsi a passare la notte presso l'accampamento acheo, pronti ad opporsi a fughe improvvise o a combattere il giorno dopo. Fatte portare vacche, pecore, vino e pane, accendono fuochi, splendenti come le stelle nel cielo.


LIBRO IX

Agamennone, convocata l'assemblea, annuncia il ritiro dalla guerra, ma Diomede sdegnato lo accusa di viltà e dichiara di voler restare per combattere. Nestore cerca di rappacificare gli animi e consiglia Agamennone di restare e di riunire il consiglio degli anziani, dopo aver mandato dei soldati in avanguardia tra le mura ed il fossato. L'Atride comunica agli anziani il dispiacere per aver causato il ritiro di Achille e la sua volontà di farlo tornare, restituendogli Briseide ed altri doni, quali sua figlia in sposa, sette città in dote e metà del bottino se Troia sarà presa. Aiace ed Odisseo, preceduti da Fenice, si recano alla tenda di Achille come messaggeri. Il Pelide sta suonando la cetra con Patroclo ed invita i due ospiti a banchettare con lui.

Odisseo porge ad Achille un discorso ben articolato, riportandogli le offerte di Agamennone ed esortandolo a tornare sul campo per aiutare i Danai in difficoltà. Subito brindano all'anfitrione, ringraziando per l'ospitalità ed accennando la generosità dell'Atride; poi Odisseo parla della guerra e riconosce l'inferiorità dei Greci per l'assenza del Pelide; infine elenca le offerte di Agamennone.

Achille rifiuta le offerte, ricordando di aver sempre combattuto e rischiato senza ricever mai nulla, a differenza del suo compagno. Rinfaccia il torto patito per l'esser stato privato della schiava a lui più cara e si rifiuta di trattare con un uomo impudente come Agamennone sia di sposarne la figlia: tutto è possibile comprare eccetto la vita di un uomo perché torni indietro. Esorta gli Achei ad escogitare nuove strategie, non potendo più contare sul suo aiuto.

Il vecchio Fenice dichiara di non voler abbandonare Achille, affidatogli fin da fanciullo dal padre, perché lo guidasse a Troia e gli insegnasse l'arte della guerra e della politica. Egli non lascerebbe il Pelide neanche potendo tornar giovane, quando sedusse la concubina del padre per vendicare la madre tradita, scappò e si rifugiò presso Peleo. Ricorda ad Achille di considerarlo come un figlio, non potendo averne avuti per maledizione del padre. Gli ricorda che gli dei si possono placare con preghiere ed offerte e di non disprezzare queste perché potrebbero vendicarsi. Anche a lui l'eroe risponde con durezza.

Aiace rimprovera Achille per il suo comportamento poco solidale nei confronti dei compagni. Quindi, i due messaggeri tornano all'assemblea e comunicano il fallimento della loro missione. Calata la sera, Diomede invita i guerrieri a riposarsi per riprendere energicamente la guerra il giorno seguente.


LIBRO X

Menelao, insonne, giunge di notte alla tenda del fratello, in veglia, ed i due decidono di chiamare uno i sovrani achei e l'altro Nestore. Il re di Pilo approva la decisione di convocare un consiglio notturno e collabora a chiamare altri eroi. In poco i sovrani sono pronti ed armati, Nestore propone di mandare spie tra i nemici per conoscere i loro piani ed offre lauta ricompensa ai volontari. Diomede si dichiara disponibile e sceglie Odisseo come compagno, per il suo animo generoso e per il favore di cui gode presso Atena. Trascorsi due terzi della notte i due guerrieri vengono rivestiti di armi prestate ai compagni.

Incamminatisi, odono il grido di un airone, buon auspicio mandato da Atena, Odisseo, rincuorato, prega la dea ed invoca la sua protezione; anche Diomede prega e promette un ricco sacrificio. Nel campo Troiano Ettore ha convocato i capi per cercare un volontario, che si rechi a spiare gli Achei: solo l'araldo Dolone si offre. Ettore gli promette il cocchio e di cavalli di Achille. Questo, però, viene intercettato da Odisseo e Diomede; quest'ultimo scagli una lancia ed il troiano si arrende impaurito, implorando di risparmiarlo in cambio di un riscatto. Quello catturato confessa i piani troiani e la loro disposizione; inoltre comunica i punti deboli dell'accampamento. Odisseo gli taglia comunque la testa e la appende, ripromettendosi di portarla via al suo ritorno in dono ad Atena Predatrice.

Giunti agl'accampamenti nemici fanno strage di Traci dormienti; Odisseo porta via carro e cavalli del re Reso, mentre Diomede continua la furia sanguinaria, ma, richiamato da Atena, desiste. Apollo, accortosi dell'intervento della dea, sveglia il consigliere dei Traci, che dà l'allarme. Per tutto il campo si leva il compianto. I due Achei, recuperato il corpo di Dolone, tornano all'accampamento sul magnifico carro, suscitando ammirazione degli altri sovrani. Lavatisi in mare e ristoratisi con un bagno, siedono a pranzo e libano ad Atena vino dolce come miele.


LIBRO XI

Al sorgere dell'Aurora, Zeus manda la Furia a lanciare il suo grido per l'accampamento acheo, dalla tenda di Achille a quella di Aiace. I guerrieri si armano ed Agamennone indossa la sua splendida armatura ed impugna lo scudo, su cui spicca una Gorgonie; Era ed Atena lo salutano con tuoni. Per tutta la mattina scoppia una violenta battaglia. A mezzogiorno, l'ora in cui il legnaiolo torna a casa stanco per il pranzo, i Danai rompono il fronte e fanno strage. Agamennone uccide molti guerrieri ed i Troiani si ritirano tra le mura, incalzati dall'Atride, come giovenche che fuggono da un leone. Iris su ordine di Zeus comunica ad Ettore di non affrontare Agamennone finché non lo vedrà ferito e, quindi,  avrà la forza di uccidere. L'Atride, ferito al braccio, si ritirano ed i Troiani si riprendono d'animo.

Gli Achei devono sfuggire alla furia di Ettore, ma Diomede ed Odisseo fermano la ritirata. Zeus bilancia bene le sorti della guerra. Grazie ad Apollo, Ettore sfugge alla morte per una lancia tiratagli da Diomede, che non riesce a perforare l'elmo. Ma Paride ferisce il Tidide al piede con una freccia. Odisseo, rimasto solo, pur incalzato dai nemici e colto da timore, non indietreggia. Colpito da una lancia, chiama aiuto, mentre i Troiani si lanciano su di lui. Menelao ed Aiace lo salvano, mettendo in fuga i nemici. Menelao porta via Odisseo, mentre l'altro uccide molti Troiani, impetuoso come un fiume in piena che porta via con sé alberi e fango. Ettore accorre a salvare i compagni, mettendo in fuga Aiace, spaventato.

Achille, osservando la lotta dalla nave, vede Nestore portare in salvo sul cocchio il medico Macaone e manda Patroclo ad informarsi sullo stato del ferito. Il re pilio deplora che Achille rimanga isolato, dopo che molti suoi compagni siano stati feriti: quando l'esercito sarà sbaragliato Achille godrà da solo del proprio valore. Nestore esorta Patroclo ad assistere Achille con la sua saggezza


XI

Zeus manda la furia a svegliare l'esercito acheo, che si arma. A mezzogiorno i Danai fanno strage di nemici. I Troiani si ritirano. Ettore viene esortato a non scontrarsi contro Agamennone fino a quando sarà ferito. Agamennone viene ferito al braccio e si ritira. I Troiani si riprendono. Ettore incalza, ma Diomede ed Odisseo fermano la ritirata. Il Troiano sfugge alla morte. Diomede viene ferito. Odisseo rimane solo e viene ferito. Menelao ed Aiace corrono in suo aiuto. Ettore accorre a salvare i compagni. Nestore porta in salvo Macaone; Patroclo va dal re di Pilo, per ordine di Achille. Colloquio tra Patroclo e Nestore. Patroclo incontra Euripilo.

XII

I Troiani avanzano oltre i fossato, contro le mura. L'aquila con un serpente nel becco da sinistra sull'esercito troiano è cattivo auspicio per questi. Polidamante invita Ettore a desistere, ma egli si rifiuta. Sarpedone si lancia all'attacco, esortando l'amico Glauco a seguirlo. Glauco è ferito. Sarpedone apre un varco nelle mura. Ettore sfonda una porta in legno. Gli Achei fuggono verso le navi.

XIII

Zeus si ritira. Poseidone, sotto le spoglie di Calcante, va ad infondere coraggio agli Argivi, che, riconosciuto il dio, riprendono a combattere. Idomeneo e Merione fanno strage di nemici. Vi sono molti morti da entrambe le parti. Ettore attacca le navi, trattenuto a stento da due schiere di Achei. Le file dei Troiani vengono sbaragliate e Polidamante invita Ettore a retrocedere, per decidere sul datarsi. Egli raduna i capi, muove contro le schiere nemiche e viene attaccato da Aiace.

XIV

Nestore esce dalla tenda, dov'era Macaone, scopre la distruzione del muro ed il ferimento di Odisseo, Diomede ed Agamennone. L'Atride vuole aspettare la notte per salire sulle navi e prendere il largo. Odisseo lo biasima. Diomede esorta i compagni a tornare in campo per incitare i soldati. Essi tornano in battaglia, accompagnati da Poseidone, nelle sembianze di un vecchio. Era tenta di distogliere Zeus dalla battaglia, così si lava, si profuma, si agghinda. Da Afrodite ottiene un reggiseno con incanti, da Sonno di addormentare Zeus dopo che avrà goduto le gioie d'amore. I due sposi divini si abbracciano in un amplesso.

XV

Al risveglio Zeus s'adira: minaccia Era e le ordina di tornare sull'Olimpo per comandare agli dei il suo volere: Iris intimerà Poseidone di allontanarsi ed Apollo assisterà Ettore, caduto a terra. Zeus vuole esudire il desiderio di Teti: Ettore ucciderà Patroclo, inducendo Achille a tornare ed a vendicarsi. Allora il fato seguirà il suo corso. Gli Achei si ritirano, ma i Troiani abbattono le mura. Ettore infuria. Zeus rende vani gli attacchi achei. Aiace esorta i propri uomini. Intorno alla nave di Protesilao i due schieramenti combattono corpo a corpo. Aiace impedisce l'incendio delle navi. 

XVI

Patroclo, in lacrime, va da Achille, che si rifiuta di tornare in battaglia, ma gli presta le armi. Ettore incendia una nave. Patroclo indossa l'armatura del Pelide ed ordina ad Automedonte di aggiogare i cavalli immortali. Achille schiera i propri uomini e liba a Zeus perché Patroclo cacci i Troiani e torni salvo. I Troiani sono spaventati alla vista di Patroclo, credendolo Achille. Sarpedone cade per mano di Patroclo. Glauco prega Zeus di alleviare i dolori delle ferite, cosicché possa combattere; così chiama a raccolta Lici e Troiani e la battaglia s'infuria attorno al cadavere, sottratto da Apollo. Zeus diffonde una nebbia. Patroclo continua la strage, ma mentre sta per saltare sul cadavere di Cebrione, Ettore lo affronta: fino al tramonto la lotta è furibonda. Apollo, nascosto in una nebbia, distrugge l'armatura di Patroclo. Euforbo lo ferisce con una lancia, ma fugge. Patroclo cerca rifugio, ma Ettore lo raggiunge e lo uccide.

XVII

Menelao difende il cadavere di Patroclo ed uccide Euforbo. Automedonte, richiamato da Apollo, piomba su Menalo con tutti i Troiani. Alla vista di Aiace, Ettore si allontana. Glauco lo redarguisce e decide di indossare l'armatura di Achille per impossessarsi del corpo di Patroclo, riscattando così quello di Sarpedone. Zeus infonde vigore ad Automedonte, che si lancia coi cavalli nel mezzo della battaglia, e concede ad Atena di portar aiuto agli Achei. Le sorti si volgono a favore dei Troiani. Antiloco va a comunicare la triste notizia ad Achille. Alcuni Achei riescono a portar via la salma di Patroclo, mentre la battaglia infuria, arginata dai due Aiaci.

XVIII

Achille disperato viene raggiunto dalla madre, che lo consola. Il Pelide decide di tornare a combattere. Teti va da Efesto, che prepara una nuova armatura. Iris, mandata da Era all'insaputa di Zeus, invita Achille a mostrarsi ai Troiani, anche se disarmato: con un urlo semina il terrore. Calata la notte, in assemblea, Ettore respinge la proposta di Polidamante di ritirarsi in città e dichiara di restare per affrontare Achille. Nelle tende achee si eleva il compianto funebre. Per volere di Achille, le esequie si celebreranno dopo la vendetta. Efesto va da Teti, che narra le tristi vicende del giovane. Così il dio fabbrica uno scudo e lo istoria, una corazza, un elmo e gli schinieri.

XIX

All'aurora, Teti porta l'armatura al figlio, che le affida il corpo di Patroclo e convoca l'assemblea. Agamennone riconosce il torto inflitto e si giustifica chiamando in causa gli dei, che lo avrebbero accecato. Su suggerimento di Odisseo, si organizza un pranzo per i soldati e vengono portati alla tenda del Pelide i doni promessi da Agamennone. Achille, digiuno, piange per la sorte del padre, che non rivedrà più, e dell'amico morto. Nevica ed Achille si arma. Automedonte aggioga i cavalli. Xanto, con voce resa umana da Era, gli profetizza prossima fine per opera di un uomo d di un dio e che a colpire Patroclo è stato per primo Apollo, come aveva stabilito la Moira.

XX

Col consenso di Zeus, Era, Atena, Poseidone ed Efesto affiancano gli Achei; Ares, Apollo, Artemide, Latona ed Afrodite i Troiani. Apollo, nelle visti di Licaone, esorta Enea. Achille si scontra verbalmente con Enea. Poi il Troiano scaglia la lancia,  cogliendo lo scudo. Poseidone, ingannato da Apollo, interviene in difesa di Enea e lo invita ad evita un futuro scontro col Pelide. Achille infuria tra i Troiani. Uccide Polidoro. Ettore lo affronta, ma non avviene un duello. Achille si lancia su altri nemici.

XXI

Achille combatte i Troiani rifugiatisi nel fiume Xanto. Il Pelide uccide Licaone e, poi, Astereopeo. Il fiume assume sembianze umane ed intima ad Achille di proseguire altrove i combattimenti. Il fiume tenta di salvare i Troiani rimasti straripando e buttando fuori Achille, che fugge in pianura. Il Pelide chiede aiuto agli dei: Era ordina ad Efesto di far scoppiare un incendio sulle rive del fiume, che asciuga. Ares, colpito da Atena, viene portato via da Afrodite, Artemide fugge da Zeus colpita da Era. I Troiani fuggono in città, mentre Apollo distrae Achille nelle sembianze di Agenore.

XXII

Achille riconosce il dio. Priamo ed Ecuba tentano senza successo di convincere Ettore, fermo davanti alle porte, ad entrare. All'arrivo di Achille, l'eroe troiano fugge impaurito. Compiono tre volte il giro della città, alla quarta Zeus pesa i loro destini. Apollo si allontana. Atena invita Achille a riposarsi e, sotto le spoglie di Deifobo, esorta Ettore a combattere. Si scagliano lance senza successo. Ettore s'accorge dell'inganno e si lancia su Achille, che lo colpisce dove l'armatura presa da Patroclo lo lascia scoperto. Ettore prega inutilmente la restituzione del suo corpo ai genitori. Achille lega il cadavere al carro e lo trascina per il campo. Andromaca, udendo la suocera, si lancia alle mura e sviene.

XXIII

Gli Achei all'accampamento danno inizio alle esequie ed ai sacrifici in onore di Patroclo. Ma Achille s'addormenta in riva la mare e sogna Patroclo, che lo invita a seppellirlo, perché possa scendere nell'Ade. Achille tenta di abbracciarlo, ma l'anima scende sottoterra come fumo. Patroclo viene posto su una pira. All'alba le ossa vengono poste in un'urna d'oro e sepolte. Si svolgono i giochi funebri presieduti da Achille.

XXIV

Achille continua ad oltraggiare il cadavere di Ettore. Apollo ripara il corpo con uno scudo. Gli dei ordinano a Teti di comandare al figlio di restituire il cadavere e mandano Iris per suggerire a Priamo di recarsi da Achille. Il vecchio prende ricchi doni, liba a Zeus e si dirige all'accampamento dei Mirmidoni. Intanto incontra Ermes, nelle vesti dello scudiero di Achille, che lo accompagna. Arrivati, la guida scompare. Priamo si getta alle ginocchia di Achille. Entrambi piangono. Il Pelide ordina al vecchio di smettere le lacrime. Fa preparare dalle ancelle il cadavere ed allestisce un banchetto, nascondendo la presenza del re troiano agli altri Greci. Concede una tregua di undici giorni per celebrare le esequie dell'eroe. Mentre gli Achei dormono, Ermes invita Priamo ad andar via. Arrivato in città, la folla si accalca ed Andromaca abbraccia il corpo del marito defunto. Ecuba prosegue il lamento, accompagnata da Elena. Per nove giorni i Troiani raccolgono legna ed al decimo cremano il corpo di Ettore, raccolgono le ossa in un'urna d'oro, che viene sepolta.





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