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ALTRI DOCUMENTI
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1^ EDIZIONE:
EDIZIONE LETTA: luglio 1998
AUTORE:
Giovanni Carmelo Verga è nato il 2 settembre a Catania, appartenente alla nobiltà antica di un grosso borgo, egli è considerato il nostro più grande narratore che sia nato dopo il Manzoni. Esordì con romanzi a sfondo autobiografico. Verso i quarant'anni volse la sua visione alla vita della provincia.
Lasciati gli studi di legge per entrare nel 1861 nella Guardia Nazionale, manifesta fin da giovane un grande interesse per la letteratura, pubblicando a soli 22 anni il romanzo storico "I carbonari della montagna".
Fu a Roma, a Firenze, a Milano dove frequentò il famoso salotto della contessa Maffei e, ritirandosi a Catania, vi morì nel 1922, chiuso in austera solitudine, forse anche perché non era riuscito a conquistarsi la popolarità che meritava.
Verrà la gloria, ma dopo la sua scomparsa.
Gli scritti della sua prima giovinezza sono romanzi storici: "I carbonari della montagna" (ispirato ad un episodio di guerra contro Gioacchino Murat) e "Sulle Lagune" (1863) (che parla di Venezia soggetta all'Austria). Lo troviamo a Milano, dal 1866 al 1875, dove pubblica i romanzi ambientati nella vita dei salotti mondani, in cui Verga si dedica allo studio della vita borghese, romanzi tramanti torbidi amori come: "Storia d'una peccatrice" (1866); "Storia d'una capinera" (1871); "Eva" (1873); "Tigre reale" (1873); "Eros" (1875) e la raccolta "Primavera e altri racconti" (1876).
La svolta letterale si può datare 1874, l'anno in cui fu pubblicata "Nedda", l'ambiente non è più urbano ma rurale. La storia non è più ambientata al Nord ma in Sicilia. I protagonisti sono umili contadini. Da quel momento in poi la Sicilia contadina fu al centro del lavoro dello scrittore. Si apre così il doloroso ciclo dei vinti che prosegue con "I Malavoglia" e "Mastro don Gesualdo", due romanzi che costituiscono l'opera maggiore del Verga. Nel 1880 "Vita dei campi", nel 1882 "Il marito di Elena", nel 1883 le raccolte di novelle "Per le vie" e "Novelle rusticane" tutti racconti di gelosia, di sfrenata passione che si manifesta con episodi di eccezionale violenza. Nel 1884 vede rappresentata in teatro una sua novella contenuta in Vita dei campi, la "Cavalleria rusticana", tramutata poi in opera lirica nel 1890. La stessa opera "I Malavoglia" offrirono lo spunto per il film "La terra trema" (1948). Nel 1888 esce "Mastro don Gesualdo".
Altre opere conosciute sono "L'amante di Gramigna", "Rosso Malpelo", "Jeli il pastore", "Cos'il re", "Malaria", "La roba".
Raggiunta l'agiatezza economica e la tranquillità sentimentale nel 1894 si ritira a Catania e pubblica ancora una raccolta di novelle "Don Candeloro"; nel 1903 esce il dramma "Dal tuo al mio", nel 1911 inizia il terzo romanzo del ciclo dei vinti "La duchessa di Leyra" che però rimane fermo al primo capitolo.
Possiamo considerare Giovanni Verga il massimo esponente del verismo italiano. Dopo un periodo nel quale era rimasto prigioniero di temi convenzionali, sollecitato dalla nuova mani 757g69h era degli scrittori francesi, che avevano accolto i suggerimenti del positivismo, si orientò verso la tendenza di moda e creò i suoi capolavori. Il positivismo consigliava di studiare la realtà senza tradirla, il che significava non intervenire coi proprio sentimenti per non alterare la fisionomia dei personaggi, che andavano osservati per quello che erano nella realtà.
Il Verga volse così lo sguardo all'intera umanità, dannata alla sofferenza da un comune destino, per questo i personaggi dello scrittore siciliano hanno risonanza universale e dall'umile orizzonte di Aci Trezza, dai confini angusti di una zona della Sicilia essi fanno sentire la loro voce angosciata agli uomini di ogni terra ed età, perché il loro dramma investe tutti i mortali invano protesi alla conquista di un'introvabile felicità.
IL ROMANZO:
I Malavoglia è un romanzo del tutto diverso dagli altri romanzi. Con esso Verga passa dal romanzo storico e passionale ad un racconto di semplice orditura. Un cammino contrario a quello tenuto nella sua precedente vita letteraria.
Questo capolavoro uscì nel 1881, postumo. Il pubblico fece "accoglienze freddine" forse perché l'arte di Verga consentiva poco ai piaceri della libera immaginazione.
Verga stesso voleva che nel romanzo "la mano dell'artista rimanesse assolutamente invisibile" e che il romanzo stesse in piedi "per ragion propria".
Verga è uno scrittore sempre tormentato, porta spesso il suo lettore dentro un problema di teoria senza dare a quest'ultimo un modo per uscirne, non dà spiegazioni sul modo di ragionare che ha la società che lui descrive.
Nei Malavoglia nessun personaggio ha una storia individuale che lo distingue, ma un'unica vita sociale a cui ognuno si adegua tanto è vero che tutti sono posti sullo stesso piano: i famigliari Malavoglia come gli altri paesani.
Il romanzo testimonia come la miseria sia il fattore principale di tante rovine e il motivo per cui le famiglie si disgregano fino a dimenticarne gli effetti più sacri.
RIASSUNTO:
I Malavoglia volevano essere uno studio sincero e spassionato, come avverte l'autore nella prefazione, del nascere e dello svilupparsi delle prime inquietudini per il benessere, nell'anima della povera gente. L'insoddisfazione delle proprie umili condizioni, doveva trascinare una casa patriarcale di pescatori alla rovina. L'errore di uno solo segnerà la catastrofe di tutta la famiglia. Alle sventure dei poveri Malavoglia parteciperanno tutti quelli del paese, che fungono da coro.
La vicenda si svolge tutta attorno ad una famiglia di pescatori: c'è il vecchio padron 'Ntoni che comanda, uomo scarso di parole che si esprime per abitudine con motti e proverbi. Segue Maruzza, la nuora. 'Ntoni, suo figlio, senza vero amore per il lavoro. Poi vengono Luca e la Mena. Infine i due piccini Alessi e la piccola Lia.
Il primo colpo grave della sorte arriva quando il giovane 'Ntoni lascia la casa partendo per la leva di mare. Così da indebolire un po' la resistenza di ciascuno e rendere più difficile tutta la vita. Il vecchio padron 'Ntoni, in un momento critico, tenta un affare, comprando a credito dallo zio Crocifisso, l'usuraio del paese, un carico di lupini da vendere a Riposto. Una sera di sabato, la <<Provvidenza>>, ossia la barca dei Malavoglia, parte con il suo carico affidato a Bastianazzo e a Menico della Locca. L'indomani è una giornata d'inferno. Padron 'Ntoni e sua nuora sono senza pace. La gente comincia a circondare Maruzza di attenzioni insolite finché la sventurata comprende che Bastianazzo è morto nella provvidenza. Tutti sono presenti alle esequie di Bastianazzo in chiesa. Poi la visita di tutti i conoscenti. Alla fine tutti se ne vanno. La vedova, pallida, perde tutte le speranze ma padron 'Ntoni le dice di reagire e di non cedere fin che non sia stato pagato il debito allo zio Crocifisso.
I poveri Malavoglia, rovinati, vedono con terrore avvicinarsi il termine fissato per il pagamento del debito dei lupini. La Provvidenza viene ripescata e riportata a riva. Con questo ritrovamento e il ritorno di 'Ntoni da soldato, tutto sembra cambiato in meglio. Tornato 'Ntoni ha portato con se soltanto un gran desiderio di godere il più possibile della sua giovinezza: va in giro, in cerca d'avventure. Ma alla sera il nonno gli annuncia subito d'avergli trovato lavoro: la cosa non garba a 'Ntoni che riprende subito a brontolare, seccato della dura fatica. Intanto la famiglia si arrabatta in tutti i modi per far quattrini. Nonostante tutti gli sforzi, la miseria sembra sempre più nera e 'Ntoni non sopporta di dover lavorare notte e giorno solo per lo zio Crocifisso. Intanto costui minaccia l'usciere se non sarà pagato alla scadenza fissata. Intanto 'Ntoni pensa alla figliola del calafato, Barbara. Alla vigilia di Natale l'usciere viene realmente dai poveri Malavoglia, non per conto dello zio Crocifisso, ma del sensale Piedipapera, cui il primo ha finto d'aver venduto il suo credito, allo scopo di salvare la propria reputazione. I poveretti vanno allora da un avvocato che li assicura: non potranno prendergli nulla, perché la casa è dotale, e per la barca faranno il reclamo in nome di Mastro Turi Zuppiddo. Ma alla coscienza dei Malavoglia appare chiara una cosa sola: i lupini sono stati loro dati e bisogna pagarli. La soluzione è che Maruzza rinunci all'ipoteca della dote e il parere è subito accolto. Inducono lo zio Crocifisso ad aspettare fino a Pasqua. Luca parte per la leva. La Provvidenza viene rimessa in mare ed è giornata di festa per tutto il paese. Il solo che sembra non dividerne in pieno l'allegria è Alfio Mosca il quale sente che, tornata in mare la Provvidenza, padron 'Ntoni vorrà maritare la nipote, dandola, al figlio del ricco padron Cipolla.
Ma una sera, per chiacchiere fatte da Piedipapera sugli Zuppiddi, 'Ntoni, attaccabrighe, va ad aggredirlo. I Malavoglia temono più che mai l'usciere, giacché Pasqua è vicina, e dei denari del debito ne hanno raccolti appena una metà. Si prepara ormai una vera festa per i Malavoglia: quel matrimonio di Mena che dovrebbe dar sesto a tante cose. Padron Cipolla viene insieme al figliolo a far visita ai Malavoglia. Il giovanotto è contento e soddisfatto e così pure tutti gli altri, compreso padron 'Ntoni, più contento anzi degli altri. La stessa sera della visita Nunziata annuncia che compare Alfio se ne va domani. Mena si fa bianca e smette di tessere; ed ecco, poco dopo, Alfio in persona, venuto a congedarsi e a salutare i vicini. Più tardi la Mena esce di casa e parla con Alfio di tutto quello che da tanto tempo hanno in cuore l'uno per l'altra. Infine Mena se ne va a piangere sotto il nespolo. Padron 'Ntoni dopo aver pregato e ripregato i suoi creditori ottiene ancora una dilazione al pagamento del debito. Si giunge al fidanzamento. Ma un nuovo colpo terribile colpisce i poveretti che si credevano <<in porto>>. Proprio in quello stesso giorno, mentre in casa loro si ride e si canta, si sparge nel paese, portata da due marinai forestieri, la tragica notizia della battaglia di Lissa, dove c'era anche il figlio di Maruzza. Il povero Luca è morto infatti nella sconfitta. La povera madre ne viene a conoscenza dopo più di quaranta giorni dal disastro. Adesso la Zuppidda non vuol più sentire parlare di matrimonio di sua figlia Barbara con 'Ntoni, lo zio Crocifisso non vuole più aspettare di essere pagato e don Silvestro dà allora il gran consiglio a padron 'Ntoni di dargli la casa. Eppure Mena in mezzo alla povertà e alle disgrazie della sua famiglia, è tranquilla perché, mentre tutti voltano le spalle ai Malavoglia, ella, liberata da ogni legame, torna a sperare. Intanto però la Barbara ha definitivamente respinto 'Ntoni che si abbandona allo scoraggiamento, egli lavora adesso senza volontà, lasciandosi andare man mano all'ozio. Adesso è un periodo di relativa calma e serenità per i Malavoglia che, lavorando, vanno raggranellando di nuovo il gruzzolo sul quale fondano le loro speranze, fisse soprattutto sul miraggio del riscatto della casa. Ma il destino sembra accanirsi su quei valorosi. Viene un giorno in cui il mare va ad un pelo dall'inghiottirli tutti, durante una paurosa tempesta. Per vero miracolo, le guardie doganali hanno udito le voci dei naufraghi e accorrono così da render possibile la loro salvezza. Padron 'Ntoni è soltanto tramortito. Ma pochi giorni dopo, assalito da una febbre violentissima, sembra non possa riuscire a sopravvivere. Dopo essere arrivato proprio agli estremi egli torna come per miracolo alla vita. Per un pezzo si trascina a stento, al sole; poi chiede qualche lavoraccio e riprende a rattoppare le reti per passare il tempo, finché un bel giorno ritorna al mare. Così, vien pagato a mastro Turi l'ultimo rattoppo della Provvidenza e torna ad accumularsi il gruzzolo per la casa da riscattare, sogno continuo di padron 'Ntoni. Intanto due giovanotti che s'erano imbarcati qualche anno prima a Riposto, per andare a cercar fortuna, ritornano in condizioni di visibile benessere. In paese si accendono le invidie. Per 'Ntoni, questa è una provocazione fatale: lavorare per qualche tempo, lontano dal povero paese e godere poi per tutta la vita. Ma parlando col nonno, la madre e la sorella poi si convince a rimanere. A Catania c'era il colera che arrivò fino ad Acitrezza e colpì Maruzza. Ella se ne va così in poche ore, sola con i suoi cari dopo aver raccomandato a 'Ntoni di badare ai suoi fratelli. E la famiglia si sfascerà davvero questa volta. 'Ntoni parte a cercar fortuna. Ormai padron 'Ntoni è rimasto da solo con Alessi per il governo della barca, ed è costretto a prender qualcheduno a giornata. Quando, per pagare il suo aiutante, il vecchio si vede costretto ad intaccare il famoso gruzzoletto prende l'amara decisione di disfarsi della provvidenza che, sempre bisognosa di qualche riparazione, non rende nulla e si mangia le giornate di chi è stato preso in aiuto. Padron 'Ntoni ottiene che lo zio Crocifisso compri la povera vecchia barca. Deve poi chiedere a padron Cipolla di esser preso a giornata insieme ad Alessi. In casa dei Malavoglia almeno c'è l'ordine, la pace, l'armonia; Mena provvede a tutto e ora che non si toccano più i denari della casa tornano a fiorire le vecchie, tenaci speranze nel cuore di padron 'Ntoni: maritare le ragazze e ricomprare la casa e la barca e poi chiudere gli occhi contento. Intanto fiorisce l'amore fra Alessi e la Nunziata. 'Ntoni ritornerà più presto di quanto non si potesse prevedere, ma non nelle condizioni sperate, bensì senza scarpe ai piedi e amareggiato dalla propria sconfitta sempre più scontento della vita si affretta verso la propria rovina. I dolori del povero vecchio e delle sorelle, i richiami, il pensiero della vergogna non hanno poter ormai sopra di lui. Il povero padron 'Ntoni non osa più farsi vedere per le strade dalla vergogna, mentre le ragazze stesse vanno per la bocca di tutti per colpa del fratello. Qualcuno comincia a dire che don Michele vuol rubare la sorella a 'Ntoni. Lia cresce ma non come Mena che invano la riprende. Don Michele insiste nella sua opera di seduzione della Lia, intanto 'Ntoni è caduto ormai nel fondo, legandosi vergognosamente alla Santuzza, dalla quale si fa mantenere. È sempre all'osteria, adesso, con il pretesto che così non costa nulla ai suoi. Intanto lo zio Crocifisso ha sposato sua nipote la Vespa. Ma in mezzo a varie vicende del paese, emerge lo sviluppo del contrabbando, nel quale a poco a poco Rocco Spatu e altri riescono a trascinare anche 'Ntoni, attratto dalla prospettiva del guadagno. Don Michele ha già avvertito le ragazze Malavoglia della nuova, pericolosa attività del fratello, e le esorta a dirgli di fuggire da quella compagnia, 'Ntoni peraltro non ascolta nulla. Nega tutto e seguita a far come prima. Ma la Santuzza si stacca da lui. Infine ritorna a don Michele e scaccia 'Ntoni come un cane. Questi allora va a cercare un giorno don Michele nella stessa osteria, e i due si affrontano in una lotta furibonda, nella quale il giovane Malavoglia ha la peggio. Egli promette che gli darà il resto quando l'incontrerà. Era una notte che diluviava. Don Michele ha ripetuto a Mena di avvertire suo fratello affinché non vada di notte al Rotolo (dove dovevano ritirare della merce di contrabbando) con gli altri. Ma ecco che al posto di coloro che dovevano portare la merce arrivano le guardie e proprio 'Ntoni si trova faccia a faccia con don Michele che brandisce la pistola dalla quale parte un colpo in aria, ma il brigadiere stramazza, colpito al petto da una coltellata di 'Ntoni. I due più astuti fra i quattro compagni riescono a scappare mentre Malavoglia e il figlio della Locca vengono portati in caserma. Ritorna in ballo l'avvocato Scipioni. Padron 'Ntoni senza pensare più alla casa di cui ormai i Malavoglia "non hanno più bisogno" si mette a buttargli dietro, con avvocati, quei soldi. La scena si sposta a Catania dove ha luogo il processo. Quando l'avvocato esce a dire che don Michele se la intendeva con la Lia, padron 'Ntoni non ode più nulla e cade come colpito a morte. Il processo si conclude e 'Ntoni è condannato a cinque anni di carcere. Lia che si sentiva colpevole di chissà quale colpa ripete che vuole scappare, vuole andarsene. La sera stessa infatti, come portarono il nonno sul carro, e Mena era corsa ad incontrarlo, Lia uscì nel cortile e poi nella strada e se ne andrà davvero; e nessuno la vide più. Nulla più sembra interessare padron 'Ntoni: neppure il tenace arrabattarsi di Alessi che va a lavorare fuori del paese ritornando soltanto il sabato. Intanto ritorna al paese Alfio Mosca, che viene a trovare i Malavoglia, egli sa tutto, perfino dove si trova la Lia che ha veduto un giorno in città, passando davanti a un certo uscio, mentre ella diventava rossa, riconoscendolo. La malattia ha inchiodato padron 'Ntoni in letto dove "mangia i denari della settimana". Nonostante ciò si rifiutano di mandarlo all'ospedale sapendo come fosse questa cosa da lui temuta e ripugnante. Andare a vivere e morire lontano da casa. Essi non cedono; ma un giorno è lo stesso padron 'Ntoni che chiede ad Alfio Mosca di portarlo all'ospedale sul suo carro durante un'assenza di Mena. Alfio Mosca domanda alla Mena di accettarlo ora che ella non ha più nulla. La giovane però si rifiuta sempre. Alessi e la Nunziata sono ormai sposati da un pezzo e hanno già dei figlioli, dei quali Mena ha cura. Poi ella dice finalmente ad Alfio il vero motivo del suo rifiuto; se ella si maritasse la gente tornerebbe a parlare di sua sorella Lia, giacché nessuno oserebbe prendersela dopo tutto quello che è successo. Alfio dà ragione a Mena e accetta il consiglio di mettersi il cuore in pace. La casa del nespolo è stata riscattata e in essa ora vivono Alessi e la Nunziata con i loro piccini e la Mena. Ma il vecchio nonno non ha fatto in tempo a ritornarci sebbene abbia avuto la consolazione di sapere della resurrezione dei Malavoglia. Verrà un giorno il giovane 'Ntoni a ricercare i suoi, arriva sul tardi, al buio. Alessi che va ad aprirgli non lo riconosce, tanto è mutato e malandato. 'Ntoni si guarda intorno. Ora egli sa che non può rimanere con loro. È come un estraneo in quella casa. Egli sa che non deve rimanere. E se ne va col cuore stretto. Ma non lascerà , almeno finché le tenebre lo proteggono, il paese, il suo paradiso perduto, la marina che lo conosce. E così si strappa da tutto quello che avrebbe potuto essere suo e che non ha mai sentito suo come in quest'ora.
PERSONAGGI PRINCIPALI:
PADRON 'NTONI:Umile pescatore siciliano, patriarca onesto e laborioso, piccolo, sentimento che lo sorregge e che egli comunica agli altri finché ha forza e autorità. Uomo scarso di parole abituato ad esprimersi con motti e proverbi. Egli ha influito su tutti i famigliari, sulla nuora, sui nipoti, dove troviamo i proverbi prima sentiti pronunciare dal vecchio. Carattere piuttosto fisso, <<figura biblica>>, un po' remota. Rappresenta la tradizione domestica, Egli nella casa comanda, però non è prepotente bensì uno che sa comandare perché ha saputo a suo tempo ubbidire. Devoto alla casa e ai suoi cari. È il vero pater familias. Egli ha una sua meta dalla quale nulla e nessuno verrà a distoglierlo.
'NTONI:Mite e silenzioso, pigro, debole, ghiotto, laborioso ma non sempre, e senza vero amore per il lavoro, sognatore, vinto dall'ambiente d'egoismo individuale. E' veramente il grande infelice, la figura forse più drammatica tra gli altri "vinti" che lo circondano; perché solo in lui il destino è inesorabile e cattivo; egli non ha avuto soddisfazione né del lavoro, né della ricchezza, né dell'amore. 'Ntoni non ha mai ripudiato la famiglia, anzi l'ha sempre sentita come una necessità. Perciò nel pericolo e nella colpa ha guardato ad essa con la rassegnazione di chi se ne sente indegno e ormai irrimediabilmente lontano. Il suo cuore non è cattivo né insensibile, ma la pigrizia, l'avidità lo rendono egoista e gli tolgono la forza per ogni sentimento gentile.
PERSONAGGI SECONDARI:
MENA E ALFIO MOSCA:assistono alla distruzione della loro giovinezza senza la forza e il desiderio della ribellione.
ALESSI E LA NUNZIATA:due creature idilliche, la cui sofferenza è sempre serena perché accettata con bontà. Ad essi è serbata la gioia di ricostruire la fortuna dei Malavoglia.
MARUZZA:Vero tipo di donna siciliana del suo tempo (silenziosa, da un'instancabile laboriosità, dedizione assoluta di sé alla famiglia, amore sconfinato per ciascuno dei figlioli). Dedita in silenzio a tutte le necessità casalinghe. Buona massaia.
BASTIANAZZO:un taciturno esemplare lavoratore, ha abbastanza giudizio. Sta, senza lagnarsi, sottomesso in tutto al proprio padre. Buono, ubbidiente lavoratore, un colosso.
ALESSI:ha tutte le qualità di tenacia e di saggezza di padron 'Ntoni. E' il ritratto del nonno, lavora come un cane.
MENA:detta Sant'Agata per le sue virtù. Buona, laboriosa, il ritratto della madre, ubbidisce e si rassegna facilmente.
ZIO CROCIFISSO: l'usuraio del paese. Egoista, padrone di barche.
ALFIO MOSCA:il silenzioso innamorato di Mena, il vicino solitario che quasi tutti disprezzano per la sua povertà. Orfano ma un buon giovane.
LUCA:buon figliolo, intento solamente a compiere il suo dovere fino alla fine. Il ritratto del padre
LIA:è la più giovane dei Malavoglia, subirà senza saperlo l'influenza di 'Ntoni e ne seguirà l'esempio.
DON SILVESTRO: segretario comunale, astuto bellimbusto del villaggio.
LA VESPA: nipote dello zio crocifisso. Magra e bruna.
LA CUGINA ANNA: cugina di zio crocifisso, lavandaia, lavoratrice, coraggiosa e allegra.
ROCCO SPATU: (suo figlio) fannullone.
DON MICHELE: brigadiere delle guardie di finanza.
PIEDIPAPERA: sensale, arruffapopoli, maldicente, fannullone.
NUNZIATA:orfanella di madre una donna che lavora molto.
ANALISI STILISTICA:
Il romanzo non è di facile lettura soprattutto perché contiene molti richiami al dialetto siciliano. Ogni personaggio nella storia ha il suo nomignolo e i suoi connotati che lo distinguono, appena egli si fa sulla scena. Le altre figure che completano l'ambiente non giungono mai ad interessare vivamente il lettore e sono figure del tutto comiche. Verga si astiene volutamente da ogni commento e non entra affatto nei personaggi. Non fa inoltre nessun minimo sforzo per spiegare la mentalità delle sue creature.
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