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MUTAZIONI GENETICHE E NEOPLASIE

medicina



MUTAZIONI GENETICHE E NEOPLASIE


Le mutazioni somatiche sono molto frequenti nell'uomo, infatti i tassi di mutazione nell'uomo variano da 10-5 a 10-7 per gene per generazione e, poiché il nostro corpo è costituito da circa 1014 cellule, ne consegue che ciascuno di noi deve essere un mosaico somatico per innumerevoli malattie genetiche. In realtà solo se una mutazione somatica produce un clone consistente di cellule mutanti ci può essere un rischio per l'intero organismo. Ciò può verificarsi in due modi:

  1. la mutazione causa l'anomala 434d34e proliferazione di una cellula che normalmente si replicherebbe poco o nulla, generando così un clone di cellule mutanti.
  2. la mutazione si verifica durante le prime fasi embrionali, interessando una cellula progenitrice di una parte consistente dell'intero organismo.

Una mutazione somatica in una cellula può avere successo sulle altre cellule, cioè la cellula mutata prolifera a scapito di quelle normali, solo se la mutazione conferisce alla cellula un vantaggio riproduttivo. Le sue discendenti potranno prendere il controllo dell'organismo senza che ciò venga impedito dai meccanismi di controllo superiori che si sono evoluti a vantaggio dell'intero organismo. Il tumore è il risultato finale di questa selezione tra cellule somatiche. Nel corso di un'evoluzione durata un miliardo di anni gli organismi pluricellulari hanno evoluto molti e sofisticati livelli di controllo, per cui si arriva al cancro solo dopo che sono andati persi più controlli indipendenti. Tra i livelli di controllo superiore il principale è un meccanismo per mezzo del quale le cellule potenzialmente cancerose si suicidano con una morte cellulare programmata (apoptosi). La trasformazione di una cellula normale in una cellula di un tumore maligno richiede circa sei mutazioni specifiche in quella stessa cellula. Con i tipici tassi di mutazione di 10-6 per gene per cellula è estremamente improbabile che una stessa cellula debba subire così tante mutazioni. Il cancro, ciò nonostante si verifica attraverso la combinazione di due meccanismi:



  1. alcune mutazioni aumentano la proliferazione cellulare, creando una popolazione espansa di cellule bersaglio per la mutazione successiva.
  2. altre mutazioni intaccano la stabilità dell'intero genoma, facendo aumentare il tasso di mutazione complessivo.

Studi recenti hanno identificato tre gruppi di geni che risultano frequentemente mutati nelle neoplasie:

    • gli oncogeni sono geni la cui azione promuove positivamente la proliferazione cellulare. Le versioni normalmente non mutate sono chiamate proto-oncogeni.
    • I geni soppressori di tumore (TS), i cui prodotti inibiscono la proliferazione cellulare. Le versioni mutanti che si trovano nelle cellule tumorali hanno perso la loro funzione.
    • I geni mutatori sono responsabili del mantenimento dell'integrità del genoma e della fedeltà nel trasferimento dell'informazione. La perdita di funzione di entrambi gli alleli espone la cellula a commettere errori; tra i vari possibili errori possono esserci le mutazioni di oncogeni e geni TS.

Per analogia con un autobus si possono immaginare gli oncogeni come l'acceleratore e i geni TS come il freno. Se si preme sull'acceleratore (una mutazione con acquisizione di funzione in un oncogene) o se si hanno i freni rotti (una mutazione con perdita di funzione in un gene TS) si perderà il controllo dell'autobus.

Da molti anni si sa che negli animali e nell'uomo alcune forme di leucemia, di linfomi e di altri tumori sono causate da virus. I virus tumorali rientrano in tre ampie classi:

  • I virus a DNA normalmente infettano le cellule con modalità litiche. L'integrazione del menoma virale in quello della cellula ospite innesca i segnali di attivazione della trascrizione o di replicazione del virus e scatena la proliferazione cellulare.
  • I retrovirus hanno il genoma a RNA e si replicano mediante un intermedio di DNA, che viene prodotto usando la trascrittasi inversa, questi virus normalmente non uccidono la cellula ospite (l'HIV costituisce un'eccezione) e solo raramente la trasformano.
  • I retrovirus a trasformazione acuta sono particelle retrovirali che, a differenza dei normali retrovirus, trasformano rapidamente la cellula ospite. I loro genomi comprendono un gene aggiuntivo, l'oncogene, che solitamente sostituisce uno o più geni virali essenziali; pertanto per replicarsi devono crescere in cellule infettate simultaneamente con un virus helper, che svolge le funzioni mancanti.

Gli oncogeni cellulari (c-onc) e gli oncogeni virali (v-onc) sono equivalenti tra loro, anche se i v-onc differiscono dai loro equivalenti c-onc (proto-oncogene) per sostituzione o tagli di amminoacidi che servono ad attivare il proto-oncogene. Gli oncogeni o proto-oncogeni attivati causano iperproliferazione cellulare, perciò possono essere suddivisi in cinque classi principali:

  1. fattori di crescita secreti (ad esempio SIS)
  2. recettori sulla superficie cellulare (ad esempio ERBB, FMS)
  3. componenti di sistemi intracellulari di traduzione del segnale (ad esempio la famiglia RAS, ABL)
  4. proteine nucleari che si legano al DNA, compresi i fattori di trascrizione (ad esempio MYC)
  5. componenti del circuito delle cicline, chinasi ciclina-dipendenti e inibitori delle chinasi che governano la progressione del ciclo cellulare

L'attivazione di un proto-oncogene implica l'acquisto di una funzione. Questa può essere quantitativa (aumento della produzione di un prodotto non modificato) o qualitativa (produzione di un prodotto leggermente modificato in seguito ad una mutazione). Questi cambiamenti sono dominanti e normalmente interessano uno solo degli alleli di un gene. Negli oncogeni, a differenza che nei geni TS, le mutazioni attivanti sono quasi invariabilmente eventi somatici; mutazioni costituzionali sarebbero letali. Si conosce solo un caso in cui un oncogene attivato può essere ereditato e causare una neoplasia di tipo famigliare. Si tratta del gene RET, implicato nella neoplasia endocrina multipla e nel cancro della tiroide di tipo famigliare. Molte cellule cancerose contengono più copie di oncogeni strutturalmente normali (amplificazione). Nei tumori del seno si trova spesso amplificato ERBB e talvolta MYC. Le copie soprannumerarie possono essere presenti o come piccoli cromosomi indipendenti (double minutes) o come inserzioni nei cromosomi normali (HSRs - regioni a colorazione omogenea). Alcuni oncogeni possono essere attivati da mutazioni puntiformi. E' il caso del gene HRAS appartenente alla famiglia dei geni ras, che codificano tutti le proteine RAS coinvolte nella traduzione del segnale dal recettore. Specifiche mutazioni puntiformi nei geni ras si trovano frequentemente nelle cellule di numerosi tumori tra cui i tumori al colon, mammella, polmone e vescica. Queste determinano sostituzioni amminoacidiche, che fanno diminuire l'attività ATPasica della proteina RAS. Come risultato il segale GTP-RAS viene inattivato più lentamente, determinando da parte della cellula un'eccessiva risposta al segnale proveniente dal recettore. Anche le traslocazioni cromosomiche possono creare nuovi geni chimerici cancerogeni. Tipicamente le cellule tumorali hanno cariotipi alterati, con diversi cromosomi in più o in meno, molte traslocazioni, dovuti ad un generica instabilità del genoma, che è una componente normale della carcinogenesi. Finora sono stati riconosciuti più di 150 punti di rottura tumore-specifici. Il riarrangiamento tumore specifico più conosciuto produce il cromosoma Filadelfia, un piccolissimo cromosoma acrocentrico, che si trova nel 90 dei pazienti con leucemia mieloide cronica. Questo cromosoma è prodotto da una traslocazione reciproca 9;22. Il punto di rottura sul cromosoma 9 si trova dentro un introne dell'oncogene ABL, perciò la traslocazione congiunge la maggior parte della sequenza genomica di ABL col gene BCR sul cromosoma 22, creando un gene nuovo. Questo gene chimerico di fusione viene espresso e produce una tirosino-chinasi, ma con anomale proprietà trasformanti. Gli oncogeni possono anche essere attivati mediante trasposizione in un dominio di cromatina attiva. Ne è un esempio il linfoma di Burkitt, un tumore infantile comune nelle regioni malariche dell'Africa centrale. In tutti i pazienti sono presenti traslocazioni che pongono l'oncogene MYC in un contesto cromatinico attivamente trascritto nei linfociti B. Privato dei suoi normali elementi di controllo a monte e posto in un dominio di cromatina attiva, MYC viene espresso a livelli esageratamente elevati.

La tumorigenesi non coinvolge solo oncogeni attivati dominanti, ma anche mutazioni recessive con perdita di funzioni in altri tipi di geni. Questi geni sono i geni soppressori di tumore TS. Per cambiare il comportamento di una cellula devono essere inattivati entrambi gli alleli di un gene TS, perciò spesso la tumorigenesi dovuta ai TS avviene in due stadi. Un esempio di tumore dovuto a perdita di funzione dei geni TS e che avviene in due stadi è il retinoblastoma, un tumore infantile che colpisce la retina. Solitamente la prima mutazione (ereditata) è una mutazione puntiforme, o comunque piccola, confinata al gene TS. Spesso, tuttavia, avviene una seconda mutazione, che implica la perdita di tutto o parte del cromosoma, causando l'inattivazione di entrambi gli alleli. Molti geni TS sono coinvolti nel controllo della progressione del ciclo cellulare come regolatori negativi; tra questi i più importanti sono RB e TP53. Il gene RB codifica una proteina nucleare (pRb),che gioca un ruolo chiave nel controllo della proliferazione cellulare. La sua funzione, infatti, consiste nel legare e inattivare il gruppo dei fattori cellulari della trascrizione. Nelle cellule normali pRb è in genere attivata, ma viene inattivata dalla fosforilazione prima che la cellula entri nella fase S. Nelle cellule cancerose pRb è sempre inattiva o a causa di una mutazione con perdita di funzione del gene RB1 o a causa di proteine virali che degradano pRb. Anche TP53 è un gene TS e produce la proteina p53 la cui funzione è quella di bloccare cellule che stanno replicando un DNA danneggiato. Le cellule normali con un DNA danneggiato si arrestano in fase G1/S finché il danno non è stato riparato, mentre le cellule prive di p53 o che ne contengono una forma mutata, non si arrestano in G1. La replicazione del DNA danneggiato porta presumibilmente a cambiamenti genetici casuali, alcuni dei quali oncogeni. Inoltre p53 è responsabile del controllo della morte cellulare e le cellule prive di tale proteina non subiscono l'apoptosi. Le mutazioni degli oncogeni e dei TS creano cloni espansi di cellule, che fungono da bersagli per successive mutazioni. Invece i geni mutatori hanno un ruolo generale nell'assicurare l'integrità dell'informazione genetica. Le mutazioni di questi geni conducono a un'inefficiente replicazione o riparazione del DNA. Come le mutazioni dei geni TS, le mutazioni dei geni mutatori sono recessive e per manifestare il loro effetto richiedono un meccanismo a due stadi.

Mutazioni somatiche nelle malattie non tumorali: la maggioranza delle mutazioni cui le nostre cellule vanno spesso incontro sono, però, prive di conseguenze. Infatti se una mutazione somatica che non conferisce alcun vantaggio si verifica in una fase embrionale sufficientemente precoce e in una popolazione di cellule staminali sufficientemente piccola, si possono avere comunque individui clinicamente normali (mosaici). Per esempio la maggior parte di noi ha delle imperfezioni sulla pelle e alcune di queste rappresentano mosaicismi somatici.





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