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Chiesa magistrale della Steccata Parma
Per chiunque si rechi a visitare la città di
Parma , sicuramente, sentirà nominare dai Parmensi
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L'origine della chiesa della Steccata affonda
le radici nell'apparizione, nel 1392, di un'immagine di S.Giovanni Battista sul
muro di una casa di strada S.Barnaba, l'attuale via Garibaldi, dove oggi si
trova la chiesa: il culto per questa immagine fece sorgere un oratorio e poco
dopo una congregazione di laici ed eccelsiastici preposta alla gestione della
piccola chiesa. Solo alla fine del Quattrocento apparì , sul muro dell'oratorio, l'immagine di
una Madonna che allatta il Bambino e che tuttora è conservata
sull'altare della Steccata:
L'interno fu affrescato secondo un
piano iconografico mariano preciso e tuttora di non facile né dettagliata
decifrazione. Spiccano, oltre al sottarco orientale dipinto da
Parmigianino, la cupola con l'Assunzione di Maria dipinta da Barnardino
Gatti (1560); le dodici scene dal Vecchio Testamento tra gli Apostoli
del tamburo e il fregio sotto la cornice (del Gatti e di Lattanzio Gambara); i
catini dei nicchioni sud con l'Adorazione dei Pastori" e nord con
In questi anni fu realizzato uno dei
capolavori di ebanisteria della chiesa,
Nel 1718, Clemente XI sottrasse la chiesa della Steccata alla Congregazione che l'aveva fondata, per donarla al duca di Parma e Piacenza Francesco Farnese, che ne fece chiesa conventuale dell'Ordine Costantiniano di S.Giorgio, un ordine cavalleresco di sedicente provenienza bizantina acquisito per farne l'ordine equestre della famiglia ducale di Parma.
L'organo in presbiterio fu costruito nel 1572 da Benedetto Antegnati, ampliato nel 1592 da Costanzo Antegnati, ulteriormente ampliato a metà Settecento ed elettrificato nel 1970 dalla ditta Tamburini.
All'ingresso della chiesa si trova il Monumento funerario ad Adam von Neipperg, marito morganatico della duchessa Maria Luigia d'Austria e primo ministro del Ducato, proveniente dall'ex cappella ducale di S.Ludovico, e una Pietà in onore di Maria Luigia, entrambi in marmo bianco.
Nella cripta della chiesa, visitabile, riposano dal 1823 le salme di quattordici principi e duchi farnesiano-borbonici, ivi compresi Alessandro Farnese, Ranuccio I e II Farnese, Francesco Farnese, Filippo di Borbone.
Il visitatore di Santa Amria della Steccata oggi si trova, quindi, davanti ad un grandioso edificio sacro riccamente decorato all'interno da una serie di sculture, di dipinti e di affreschi che portano la firma dei più prestigiosi artisti rinascimentali che operarono al tempo del Ducato di Parma e Piacenza. Tra questi si possono ricordare: Michelangelo Anselmi, Bernardino Gatti, Girolamo, Bedoli Mazzola e il Parmigianino.
La ricchezza e l'unicità di Santa Maria della
Steccata non si riducono, però, alle sole opere pittoriche ad affresco o su
tela. La chiesa possiede, infatti, un vero e proprio tesoro composto da
paramenti e arredi sacri come calici, candelabri, croci, piviali, ostensori,
turiboli, ecc.che dal XVII al XIX secolo fecero da contrappunto al già
importante patrimonio pittorico testimoniando, così, l'antica devozione dei
Parmensi verso
Storia della Costruzione dalle origini al 1525
La chiesa della Steccata, splendido esempio dell'architettura rinascimentale parmense, sorse su un terreno già anticamente venerato per una popolare tradizione religiosa.
Qui infatti esisteva fin dal 1392 un oratorio eretto per ospitare una miracolosa immagine di S. Giovanni Battista; questo oratorio era affidato ad una Confraternita religiosa che si riuniva in una casa vicina sulla cui facciata era dipinta una immagine della Vergine allattante il Bambino.
Già verso la fine XV secolo correva voce che questa immagine
compisse numerosi miracoli per cui fu necessario, per salvaguardarla dalla
folla che sostava in preghiera, mettere a sua protezione uno steccato.
Da questa religiosità popolare deriva quindi il nome della successiva grande
chiesa edificata per onorare e custodire degnamente la preziosa immagine.
La costruzione del monumento fu iniziata nel 1521, secondo il progetto di Giovan Francesco Zaccagni e di Bernardino suo padre che già aveva fornito una valida prova della propria abilità di costruttore e della piena maturità del suo stile nella costruzione della chiesa di San Giovanni Evangelista.
I lavori, avviati dapprima piuttosto lentamente, procedettero
speditamente dal 1522 al 1524, anno in cui sorse una difficile polemica con i D'Agrate
(a cui erano stati affidati i particolari) circa la costruzione della
loggia esterna.
Portata la questione davanti ad una commissione giudicatrice, gli Zaccagni riuscirono
ad avere ragione, ma tuttavia verso la fine del 1525 vennero licenziati e i
lavori proseguirono sotto la direzione di Giovan Francesco d'Agrate che
modificò in parte l'originale iconografia bramantesca del progetto dello Zaccagni,
senza tuttavia alterare profondamente la fisionomia dell'edificio.
Ancora altre trasformazioni si ebbero dietro suggerimento di Antonio di
Sangallo ed infine la chiesa, oramai terminata, fu consacrata il 24
febbraio 1539.
Ulteriori modifiche furono apportate con la costruzione di successive sagrestie, fino all'edicazione della "sagrestia nobile" e con l'allungamento, alla fine del XVII secolo, del nicchione meridionale per ospitare il grande coro. Autori della sistemazione sia interna che esterna furono Mauro Oddi e, dal 1702, Edelberto della Nave.
Nell'Ottocento è soprattutto da rilevare la sistemazione del
sotterraneo adattato a sacrario dei Farnese e dei Borbone per volere di Maria
Luigia d'Austria. Durante questo secolo il monumento è stato più volte
restaurato e ricondotto all'antico aspetto, dopo i danni subiti durante
l'ultima guerra.
Il 4 aprile 1521, nello stesso anno in cui Francesco Guicciardini, in nome di
Leone X, prendeva possesso di Parma, contesa e alternatamente occupata in quel
tempo dai Francesi, dai duchi di Milano e dalla chiesa. Nicolò Urbani, vescovo
di Lodi e suffraganeo dell'ordinario parmense, collocava solennemente la prima
pietra della chiesa di Santa Maria dello Steccato, così detta perché sorta sul
luogo di un oratorio, detto di "San Giovanni Battista della Steccata"
e fondato nel 1392, per accogliere l'immagine, ritenuta miracolosa, di S.
Giovanni Battista, già sul muro di una casa e protetta da una steccata.
In questo oratorio era anche un affresco con la "Madonna
allattante", che ebbe anch'esso grande fama, per cui già nel
Fu dato incarico per la costruzione dagli "Ufficiali" della
Confraternita, a Giovan Francesco Zaccagni, architetto, e a Bernardino
suo padre, capomastro. Il lavoro, in quell'anno, non andò oltre le
fondamenta, mentre i successivi, dal 1522 al 1524, furono fecondi e proficui,
come si rileva dai numerosi pagamenti testimoniati dai documenti dell'archivio
di Santa Maria della Steccata.
La chiesa - che rispecchia la concezione di edificio a pianta
centrale ispirata dal bramantesco San Pietro a Roma - doveva essere a croce
greca, con cupola incassata fra quattro torri chiuse.
Sulle quattro absidi, tre delle quali dovevano avere una porta, correva
all'esterno un giro di logge e vi si innestavano piccole cappelle
semicircolari; quanto al materiale da usarsi era previsto il cotto per la
struttura ed il marmo per gli elementi decorativi.
Questi, che consistevano in ornati di finestre e porte, capitelli, paraste, e
transenne, vennero affidati esclusivamente ai D'Agrate, soprattutto a
Giovan Francesco che, nel 1524, si oppone agli Zaccagni per la
costruzione della loggia esterna. Scelto come arbitro il priore Brianza, invano
Giovan Francesco Zaccagni sostiene con Marcantonio Zucchi le ragioni del
suo progetto, ispirato a necessità costruttive ed estetiche, in quanto senza il
loggiato "non saria il carico uguale" e "la dicta fabrica averia
del nano"; dopo lunghe dispute, nonostante che l'arbitrato fosse stato a
lui favorevole, riuscì invece vittorioso il D'Agrate; ma per tutto il
1525 gli Zaccagni continuano a lavorare alla fabbrica e solo alla fine
di quell'anno vengono licenziati, forse a causa di alcune lesioni che si
verificarono nella chiesa.
Storia della costruzione dal 1525 ad oggi
Nel 1525, licenziati gli Zaccagni, il primitivo progetto venne in parte alterato in quanto si decise di togliere le nicchiette interne, di consolidare le torri e le absidi, di chiudere due delle porte e di porre delle bifore, il cui disegno e la cui esecuzione furono affidati a Giovan Francesco D'Agrate.
Tale progetto fu ancora in parte modificato per consiglio di Antonio da Sangallo che, nel 1526, dirigeva le fortificazioni della Cittadella e che propose tra l'altro di trasformare in cappelle le quattro torri progettate.
Capomastro della fabbrica fu nominato Alessandro Chierico,
ma chi diede la massima impronta alla costruzione esterna ed interna fu Giovan
Francesco D'Agrate con l'aiuto di maestro Paolo da Porlezza. F
inita la chiesa e consacrata il 24 Febbraio 1539 dal cardinal legato
Giovanni Maria Dal Monte, vi si aggiungeva ancora nel 1546/47, quando Parma è
ormai diventata con Piacenza feudo dei Farnese, il portale d'ingresso; dal 1542
al 1544 era stata poi aggiunta una sagrestia di forma "tonda" su
disegno di Giovan Francesco D'Agrate, sagrestia che fu sostituita nel
1633 da una nuova, vicino alla quale se ne eresse, nel 1665, un'altra più vasta
e grandiosa detta "sagrestia
nobile", opera finita nel 1670 e che ancora sussiste.
Una più grande modifica ebbe la chiesa alla fine del Seicento
nel nicchione meridionale allungato a formare lo scenografico coro ovato e
nell'esterno arricchito di volute, vasi e statue.
Il primo e maggior rifacitore di questa parte della chiesa fu il pittore e
architetto parmense Mauro Oddi, al quale, dopo la sua morte avvenuta nel
1702, successe Edelberto della Nave che compiva la sua opera nel 1730,
mentre l'altare era finito solo nel 1765 da Domenico della Meschina.
Altri riattamenti e modifiche si ebbero nel secolo XIX per opera di Carlo
Bettoli, dal 1816 al 1818, mentre nel 1823 Maria Luigia d'Austria disponeva
che venisse eretta una "cappella mortuaria" nei sotterranei della
chiesa per i duchi Farnese e Borbone e nel 1845 faceva eseguire il pavimento
del tempio con grossi lastroni di rosso veronese.
Al principio del XX secolo l'architetto Collamarini ha compiuto alcuni
restauri soprattutto di carattere statico, e recentemente, dopo i
danneggiamenti bellici, la chiesa è stata sistematicamente restaurata a cura
dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Gli ultimi interventi di restauro degli affreschi, da parte della
Sopraintendenza ai Beni artistici e storici e alle Gallerie di Parma e coi
contributi dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio e di privati, sono stati
compiuti negli ultimi trentanni.
Nel 1970 è stata liberata dalla protezione del "Vestito
della Madonna Santissima" donato dal Comune alla Chiesa nel 1609, ed è
stata ridonata alla venerazione dei fedeli, l'Immagine della Madonna
allattante. Contemporaneamente è stato restaurato il sottarco del Parmigianino
e l'abside est dell'Incoronazione di Maria, sopra l'altare maggiore.
Successivamente l'intervento di recupero ha riguardato l'abside nord della Pentecoste
di Gerolamo Bedoli Mazzola (1987) e l'abside sud, sempre del Bedoli
Mazzola dell'Adorazione dei pastori (1989).
Negli stessi anni sono state riportate al loro antico
splendore le cappelle di San Pietro Apostolo (Madonna di Fatima) e dei Santi
Antonio di Padova e Maria Maddalena (cappella penitenziale) (1988).
Sono stati anche restaurati i basamenti delle paraste con la Via Crucis dei
pittori Conti e Guarzi ed è stato risarcito il pavimento di marmo
prezioso del presbiterio (1991).
La chiesa della Steccata è pertanto un esempio importante di architettura e
decorazione del Rinascimento a Parma in cui la struttura e la decorazione
barocca si inseriscono, si può dire, senza apparenti contrasti, per quel ritmo
armoniosamente concentrico delle linee architettoniche e decorative: dalla
struttura degli Zaccagni, agli affreschi del Parmigianino, alle
aggiunte settecentesche di Mauro Oddi ed Edelberto Della Nave.
Questa in breve la storia della costruzione; quanto allo stile, secondo il progetto originale degli Zaccagni, la chiesa doveva dunque ripetere una iconografia bramantesca, ma resa con la tendenza al verticalismo loro cara e con accostamenti all'arte romanica locale, specie nell'idea, poi non attuata, delle logge intorno ai nicchioni, derivata certamente dalle absidi del Duomo
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