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GLI ANNI VENTI
LA NASCITA DELLA LEGGENDA
Nel 1926, a Bologna, la famiglia Ducati ed altri investitori bolognesi fondano la Società Radio Brevetti Ducati, con l'intento di produrre industrialmente componenti per la nascente industria delle trasmissioni radio, basati su brevetti di Adriano Ducati. Il primo prodotto, il condensatore Manens per apparecchi radio, subito seguito da altri, ottiene un grande successo in tutto il mondo, permettendo subito all'azienda di espandersi velocemente e di conquistare il rispetto della comunità industriale internazionale.
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La sede originale della Ducati,
con i dipendenti in posa di fronte
al fabbricato centrale
Adriano Cavalieri Ducati,uno dei tre fratelli
fondatori dell’ azienda,ricercatore dalle
geniali intuizioni tecnologiche
GLI ANNI TRENTA
CREAZIONI ED ESPANSIONI
Il primo giugno 1935 viene posata la prima pietra dello stabilimento di Borgo Panigale. Un progetto modernissimo ed ambizioso con il dichiarato obiettivo di realizzare un polo industriale e tecnologico a Bologna. In questo periodo la Ducati si sviluppa ulteriormente all'estero e apre sedi e filiali a Londra, Parigi, New York, Sidney e Caracas assicurando un servizio e un'assistenza diretta ai propri Clienti in tutti i principali mercati mondiali.
Una ricostruzione dello stabilimento
737j92h 737j92h di Borgo Panigale
GLI ANNI QUARANTA
DALLE CENERI NASCE UN CUCCIOLO
La Seconda Guerra Mondiale risulta fatale per gli stabilimenti di Borgo Panigale che vengono rasi al suolo nel 1944. Fortunatamente, per tutta la durata della guerra, i fratelli Ducati studiano e progettano nuovi prodotti da proporre sui mercati internazionali alla conclusione del conflitto.
Nel settembre 1946, alla Fiera di Milano, compare il Cucciolo: il piccolo motore ausiliario per biciclette destinato a diventare il più famoso nel mondo. Venduto prima in scatola di montaggio da applicare alla bicicletta, ha ben presto un proprio telaio costruito dalla Caproni di Trento (altro marchio famoso in campo aeronautico) su brevetto di Capellino. In breve tempo il Cucciolo diventa una vera e propria motocicletta in miniatura. Grazie al successo del Cucciolo e dei suoi derivati, Ducati diventa un marchio affermato anche nel settore meccanico.
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1946:Il Cucciolo,primo motore a quatro tempi Gli stabilimenti di BorgoPanigale
prodotto da Ducati al suolo dai bombardamenti nel
737j92h 737j92h secondo conflitto mondiale. 737j92h 737j92h 737j92h 737j92h
IL CUCCIOLO
A metà del secondo Campionato Mondiale, un progettista di nome Aldo Farinelli sviluppò un prototipo di motore ausiliario da montare su una bicicletta. Il progetto di Farinelli presentava numerosi vantaggi rispetto alla concorrenza, in particolare il ciclo a quattro tempi e il cambio a due marce che sfruttava appieno la potenza del motore.
La Ducati, la cui produzione fino ad allora si era concentrata su
radio e componenti elettrici, si mise in società con un'altra azienda
italiana, la SIATA, per produrre il Cucciolo. Nel 1946 la Ducati aveva
rilevato tutti i diritti di produzione del Cucciolo. Nel 1948, la Ducati
sfornò il suo primo progetto originale, il T2. Fortemente influenzato
dal progetto T1, il T2 aveva tuttavia fatto notevoli passi avanti per quanto
riguarda efficienza e robustezza del motore e, soprattutto, nella logica
costruttiva. Ad esempio, il cilindro era stato riprogettato in modo da
essere amovibile ed era stata migliorata l'accessibilità del meccanismo
di azionamento, la testa era stata modificata e la potenza aumentata.
L'azienda mise sul mercato una versione sportiva del T2 in grado di erogare 2
CV di potenza e di raggiungere una velocità di punta di 60 km/h.
Nel biennio 1947-1948 la produzione
si attestò sulle 240 unitá al giorno. Nel 1948, sotto la guida di
Giovanni Florio, entrò in produzione il primo motore progettato
interamente dalla Ducati, il T3. Raccogliendo l'eredità naturale
del primo Cucciolo, il T3 era dotato di un cambio a tre marce e di una valvola
lubrificata a grasso racchiusa in un carter. Nel 1949 Caproni di
Rovereto, famoso costruttore di aeroplani durante il periodo della guerra,
sviluppo un telaio tubolare speciale con sospensione posteriore. Un anno
dopo uscè la versione sportiva del 60, con una cilindrata di 65 cc,
forcellone posteriore con sistema “monocross” e due coppie di
ammortizzatori telescopici, versione che segnò l'ingresso dell'azienda
nel mondo delle competizioni. Degno di nota il ridottissimo consumo di
carburante del Cucciolo: quasi cento chilimetri con un litro!
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GLI ANNI CINQUANTA
ARRIVA IL “DOTTOR T”
Nel 1952 nasce l'avveniristico scooter di 175 cc. Cruiser, con
avviamento elettrico e trasmissione automatica.
Nel 1953, Ducati presenta una 98 cc., economica e spartana, che verrà
presto maggiorata a 125cc.
Nel 1954 arriva in Ducati un personaggio destinato a diventare un mito: l'ingegner Fabio Taglioni, "doctor T". Insegnante alla "Tecniche" di Imola, Taglioni ha già realizzato motori dalle caratteristiche tecniche originali e dalle prestazioni sbalorditive. Il disegno Taglioni, ardito e anticonformista, ha il suo battesimo nelle corse. Fin dal debutto in Ducati, Taglioni vuole infatti dimostrare la qualità delle sue soluzioni partecipando alle gare di granfondo come la Milano-Taranto e il Giro d'Italia.
Alla fine del 1956 nella gamma Ducati figura una 175 a 4 tempi per i tipi Turismo, Special e Sport capaci di notevoli prestazioni (110-120-135 km/h).
Nel 1957 al Salone di Milano figura insieme ai modelli citati anche un modello "America".
Nel corso del 1958 la Ducati produce anche l'"Elite" di 200 cc. Il 1958 è anche l'anno del trionfo del sistema desmodromico che l'ingegner Taglioni ha studiato dal 1955. Da questo progetto prende vita, nel 1960, il famoso bicilindrico di 250 cc., richiesto alla Ducati dal corridore inglese di fama mondiale Mike Hailwood , con il preciso intento di ottenere una macchina dalle prestazioni "superiori" capace di vincere sempre.
Il Cruiser,primo scooter prodottoMike “The Bike” Hailwood,uno dei
dalla casa piloti più amati e di maggior successo
che hanno corso per Ducati
1952-DUCATI 98
La 98 fu concepita come un modello essenziale a prestazioni ridotte. Il suo design estremamente razionale mirava ad offrire al pilota una moto che fosse al tempo stesso semplice, di lunga durata e versatile. Grazie a una leggera rielaborazione del motore, affidabile ma dalle prestazioni ridotte, raggiunse il successo ottenendo due secondi posti alla Sei Giorni del Galles nel 1964.
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CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
6 CV a 6800 giri/min |
Velocità massima |
85 km/h |
1954-MARIANNA
Da quando fece la sua comparsa nel 1955, la
Ducati Gran Sport catturò l'immaginazione degli appassionati di tutto il
mondo. Ancora oggi, questa moto è rimasta nel patrimonio collettivo del
mondo del motociclismo. Il suo palmares è impressionante, ma da solo non
basta a spiegare la sua fama. La Marianna si potrebbe definire come il
manifesto estetico della moto da corsa. Lungi dall'essere progettata
puntando sull'estetica, rappresenta un raro, purissimo punto d'incontro tra
forma e funzionalità.
La vera storia sportiva della Ducati
ebbe inizio nel 1955. Tutto ciò che era venuto prima va
considerato come un semplice preludio. Nel decennio degli anni cinquanta
l'Europa fu scossa da una grande passione, la passione per le corse, con
manifestazioni come la Gran Fondo, la Milano-Taranto e il Motogiro che
attiravano schiere di appassionati e piloti. E' in questo contesto che
l'allora Presidente della Ducati, il Dr. Montano, assunse un giovane ingegnere
di nome Fabio Taglioni. Taglioni aveva un'enorme passione per le corse e
per la buona meccanica e tentò immediatamente di imprimere un nuovo
corso alla produzione Ducati. La sua missione era di produrre una motocicletta
che fosse in grado di vincere in gara e al contempo adatta per la produzione di
massa.
Taglioni decise di sviluppare una moto
con un motore da 100 cc monocamma e con coppia conica. Questa
combinazione (a cui Taglioni sarebbe rimasto legato per la maggior parte della
sua carriera) era considerata complessa e costosa. Ma a Taglioni fu
concessa piena libertà e il risultato fu la Gran Sport 100, detta
Marianna. Fin dall'inizio, la Gran Sport si collocò in una categoria
a se stante. Dimostrò il suo valore stravincendo la sua prima
gara, e continuando a dominare le gare di Gran Fondo. Forse, però,
il maggiore exploit di questa moto consistette nel dimostrare che era possibile
produrre in serie moto di cilindrata fino a 350 cc. La Marianna simboleggiava
la nuova filosofia Ducati: creare moto di serie capaci di vincere in gara.
La Marianna era straordinaria in pista e fu
condotta con successo dai piloti in tutto il mondo fino all'inizio degli anni
sessanta. Vinse un numero incredibile di gare, in particolare le due
Milano-Taranto, e tre edizioni del Moto-Giro, l'ultimo dei quali fu
contraddistinto da un risultato incredibile – sei Gran Sport ai primi sei
posti.
Altrettanto interessante è lo
sviluppo di queste moto per le competizioni. Alla soluzione temporanea
del doppio albero a camme del 1956 segué il motore desmodromico a triplo albero
a camme, uno degli esempi più brillanti del personale concetto di
Taglioni della moto da corsa. Nonostante l'apparente complessitá dei tre
alberi, riuscé ad evitare di utilizzare le molle, permettendo alla Ducati 125
Gran Premio di toccare senza problemi i 12.500 giri/min.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
9 CV a 9000 giri/min (1° tipo) |
Velocità massima |
115 km/h+ |
1956-SILURO
Nel 1956 la Ducati tentò di battere
una serie di record mondiali in numerose categorie. In quel periodo, il
pubblico era totalmente affascinato dai primati di velocità. Per questo
contesto la Ducati creò un veicolo concepito per battere record, usando
la Gran Sport 100 come base. In effetti, le modifiche erano limitate alla
meccanica e alla ciclistica. In compenso, modifiche sostanziali vennero
apportate alla carrozzeria, concepita dalla Ducati assieme a un ingegnere
aeronautico e alla carrozzeria Tibaldi, specializzata nella lavorazione
dell’alluminio. Il risultato: un’affascinante carena “a sogliola” che
migliorava considerevolmente l’aerodinamicità del veicolo.
Il collaudo venne affidato a due piloti
privati, e un tentativo di stabilire nuovi primati venne effettuato
venerd¡ 30 novembre. A causa della pioggia prevista, un telo elastico
impermeabile venne utilizzato per coprire lo spazio tra il pilota e la
carenatura. La giornata terminò in trionfo: quarantaquattro record
mondiali vennero infranti. Il Siluro ottenne cinque nuovi primati nella classe
250, pur avendo un motore di soli 100 cc. La moto completò il giro
più veloce a una media di oltre 170 kmh, con una media sui 1000
chilometri di oltre 160 kmh!
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
14 CV a 11.000 giri/min |
Velocità massima |
Oltre 170 km/h |
1956-125 TRIPLE CAMSHAFT DESMO
Con il sistema
desmodromico del 1957, le monocilindriche Ducati raggiunsero il culmine del
loro sviluppo. Da questo punto di vista, il Trialbero Desmo 125 si caratterizza
come la prima Ducati veramente riconoscibile. La sua creazione è stata
un momento fondamentale nella storia dell’ingegneria motociclistica. Ecco una
citazione di Taglioni dal periodico Motociclismo: “Lo scopo primario del sistema
è di costringere la valvola a seguire fedelmente il diagramma di
distribuzione, mentre il risparmio di energia dispersa è pressoché
trascurabile. Si ha una maggiore costanza nelle prestazioni e una maggiore
sicurezza di funzionamento”.
Il motore e il telaio del 125 trialbero
bicilindrico forniscono un esempio che riassume il contesto storico delle sue
origini negli anni Cinquanta. Da un punto di vista tecnico, questo è
stato uno dei periodi più fertili nella storia delle corse motociclistiche.
In effetti, le regolamentazioni internazionali, a differenza di quelle odierne,
davano mano libera ai progettisti, liberi di tentare ogni possibile approccio.
Ora consideriamo la Ducati nel 1958:
appena un anno prima del suo ritiro dalle partecipazioni ufficiali nelle corse,
la Casa bolognese non soltanto aveva proposto il suo fantastico monocilindrico
trialbero Desmo 125, ma aveva anche sviluppato il bicilindrico arrivato terzo a
Monza. E, nello stesso periodo, Taglioni stava progettando un bialbero a quattro
cilindri!
1958-ELITE 200
L'Elite 200 conquistò gli appassionati di tutto il mondo unendo elevate prestazioni a una guida estremamente piacevole. Era considerata una moto molto divertente e adatta a un utilizzo molto vario. Ai suoi tempi, veniva descritta come "semplice e robusta".
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
17 CV a 7500 giri/min |
Velocità massima |
140 km/h |
GLI ANNI SESSANTA
INIZIA L’ERA DEL DESMO
Nel 1964 si aggiunge alla serie prestigiosa dei monocilindrici commerciali anche un modello di 250 cc. nei tipi Diana, Monza Aurea e piú tardi G.P., capace di velocitá vicine ai 150 km/h, prestazioni davvero eccezionali per il tempo. Da questo modello discendono direttamente tutti i monocilindrici Ducati fino ai conosciutissimi "Scrambler" di 250, 350 e 450 cc. Nel 1964 con la Mach 250, in grado di superare il tetto dei 150 km/h, la Ducati conquista il cuore degli sportivi.
Nel 1968 li strega con le fantastiche prestazioni (oltre 170 km/h) della 450 Mark 3D, la prima Ducati di serie dotata di distribuzione desmodromica.
Bruno Spaggiari sulla sua 450 Il titanico Apollo,
una motocicletta
bicilindrica al GP di Cesenatico neta in anticipo sui tempi...
1960-250 BICILINDRICO
Nel 1959 il giovane pilota inglese Mike
Hailwood™ sembrava essere destinato alla gloria. Era dotato di un incredibile
talento mentre suo padre, Stan Hailwood, un uomo di considerevoli mezzi, gli
forniva sostegno finanziario e contatti nel mondo delle moto. Mancava una cosa
sola: la moto giusta. Con la creazione della Ducati 250, Mike, uno dei piú
grandi piloti di tutti i tempi, iniziò la sua leggendaria collaborazione
con la Ducati.
Nel 1959, dietro richiesta di
Hailwood padre, Taglioni preparò un’eccellente bicilindrica per il
giovane pilota, una 250 con alesaggio e corsa di 55,25 x 55 mm, le stesse della
125 con distribuzione Desmo. La distribuzione era comandata da una cascata di
ingranaggi centrale. La moto erogava una potenza di 37 CV a 11.600 giri ed era equipaggiata
con un telaio doppia culla.
La “vecchia guardia” alla Ducati
ricorda ancora Mike con immensa ammirazione. Spesso, come succede quando due
forti personalità si incontrano, Hailwood faceva ammattire Taglioni (il
“Dottor T” una volta disse, scherzando, che i piedoni di Mike rovinavano
l’estetica delle “sue” moto), ma l’affetto tra i due era considerevole.
Taglioni ha visto andare e venire dozzine di campioni ed eroi della moto, ma i
suoi ricordi più importanti riguardano ancora Mike.
Il bicilindrico 250, completato nel
1960, accoppiava basilarmente due gruppi testa-cilindro della 125 bialbero. Con
l’eccezione di Hailwood, pochi piloti privati di quel tempo erano abbastanza
fortunati (o abbastanza ricchi) da potersi permettere una macchina simile.
1961-SCRAMBLER
Lo Scrambler era principalmente destinato al mercato americano. Subì continue modifiche fino al 1968, quando uscirono i veri Scrambler con i motori a “carter largo”, prima nella versione 250 e 350 e poi, nel 1969, nella 450.
La serie Scrambler comprende alcune moto
con testate desmodromiche ed è stata oggetto di continui ritocchi
tecnici fino all'ultimo, quando uscì di produzione nel 1974.
Le ragioni del successo commerciale
dello Scrambler sono molteplici. Innanzitutto, il telaio eccezionale (fu usato
persino per le corse in pista, cosa probabilmente mai successa prima nella
storia del motociclismo) e poi il motore tagliato su misura per la sua
funzione. Non era la moto più veloce dei suoi tempi, ma le
prestazioni globali e la posizione di guida perfettamente centrata ne fecero
una delle moto più godibili del periodo. Inoltre, era estremamente
elegante, con le sue linee arrotondate, classiche e moderne insieme, e i colori
vivaci a far contrasto con la ciclistica nera e il serbatoio cromato. Lo
Scrambler era universalmente considerato come il punto di incontro tra le
scuole di motociclismo americana ed europea. Era una moto estremamente
modaiola, a tutt'oggi ancora molto amata.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
27 CV a 6500 giri/min |
Coppia |
non disponibile |
Velocità massima |
130 km/h |
1963-APOLLO
Nel 1963 i fratelli Berliner, gli
importatori Ducati in America, affidarono alla Ducati una missione veramente
ambiziosa: realizzare una moto che fosse una degna rivale della
Harley-Davidson. Probabilmente questa moto, le cui specifiche tecniche
erano quasi "mostruose" per i tempi (e lo sarebbero ancora
oggigiorno), era stata pensata come un'alternativa per i corpi di polizia degli
Stati Uniti, dal momento che il solo pensare agli ordinativi in gioco faceva
venire l'acquolina a qualsiasi importatore americano.
E fu cose che nel 1964 nacque il
“colosso”. Era un veicolo possente con una cilindrata di 1.257 cc e un motore
quattro cilindri a 90° a V. Il lato più affascinante di questo
gigante delle due ruote consisteva nel fatto che non si trattava di un progetto
fine a se stesso destinato a rimanere relegato sul tavolo da disegno o da
realizzare come un “esercizio stilistico” da mostrare in fiera.
Sottoposta a prove rigorose, la moto evidenziò il suo maggior
difetto. A quei tempi non esistevano pneumatici per moto in grado di
sopportare la tremenda potenza e la coppia di una moto del genere. La
maggior parte delle prove furono effettuate da Librenti, ma anche Farnè
decise di provarla e il suo commento fu lapidario: “Sembrava di guidare un
camion. Non mi e piaciuto.”
Per tentare di renderla idonea all'uso
su strada, si ridusse la potenza da 80 a 65 HP e la moto fu equipaggiata con
pneumatici speciali. Tuttavia l'Apollo non superò mai la fase del
prototipo e ne fu realizzato un numero molto esiguo – in effetti, solo
due esemplari, di cui oggi solo uno sopravvive.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
80 HP a 6000 giri/min |
Velocità massima |
Ignota |
1965-MACH 1
Per comprendere pienamente la filosofia
produttiva Ducati degli anni sessanta e settanta, occorre analizzare
l'evoluzione dei motori monocilindrici monoalbero a camme e della loro
suddivisione nelle due famiglie a "carter largo" e "carter
stretto". Eredi del Marianna, i monocilindrici Ducati videro la loro
cilindrata aumentare rapidamente da 100 cc a 175 cc, fino ai 250 cc del
Diana. Il Diana era estremamente godibile per i motociclisti del tempo, considerando
che, in condizioni ideali (scarico diritto, acceleratore ben aperto e pilota in
posizione raccolta), la moto poteva raggiungere i 140 km/h. Nel 1965 a
questa sportiva fece seguito l'ancora più aggressiva Mach 1 250, un
classico del suo tempo.
Per migliaia di motociclisti, la Mach
1 era il non plus ultra in campo motociclistico. Il motore era ispirato
al famoso 175 monoalbero a camme in testa, ed era dotato di cambio a cinque
marce (una vera rarità, all'epoca). Il profilo pulito, i
semimanubri applicati, le pedane arretrate e la sella stretta facevano parte
della ricca dotazione di soluzioni sportive in tempi in cui non erano davvero
cosa comune. La rivista Motociclismo la descrisse in questo modo:
“L'ultimo modello di questo illustre marchio e senza dubbio una delle migliori
250 sportive disponibili al momento, grazie alle caratteristiche tecniche, lo
stile e la maneggevolezza. Una menzione speciale la meritano il motore
monoalbero a camme in testa con cambio a cinque marce, la potente
accelerazione, l'eccellente tenuta di strada e l'efficienza in frenata.”
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
24 CV a 8500 giri/min |
Velocità massima |
170 km/h (con regolazione sportiva) |
1968 - MARK 3
I Mark 3 (250, 350 e 450) nacquero dal monocilindrico a "carter stretto". Il primo modello, in particolare, e considerato un magnifico esempio del design italiano e questi esemplari sono molto ricercati da parte dei collezionisti di tutto il mondo. Il modello Desmo del 1971, riconoscibile dalla originale livrea metallizzata, rappresenta l'apice delle monocilindriche sportive da strada.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
30 CV a 8000 giri/min |
Velocità massima |
125 km/h in posizione normale, 143 km/h in posizione abbassata |
GLI ANNI SETTANTA
TRIONFI SULLE PISTE
Dopo il positivo riscontro ottenuto in America fin dai primi anni Sessanta con le Scrambler, dal 1972 Ducati propone la stessa formula anche sul mercato italiano, ottenendo un incredibile successo soprattutto con la 450 desmodromica. La fine degli anni Sessanta coincide con il boom delle maximoto ed è ancora una volta l'ingegner Taglioni a fornire alla Ducati l'arma vincente. Il 23 aprile 1972 la Ducati torna alle corse partecipando alla 200 Miglia di Imola con un'inedita 750 bicilindrica desmodromica affidata a Paul Smart e Bruno Spaggiari che concludono rispettivamente primo e secondo. Dalla 750 da competizione verrà tratta una eccezionale 750 sportiva, la Super Sport.
1978 Mike Hailwood , cresciuto con le monocilindriche Ducati, torna di nuovo in sella al Tourist Trophy e, strabiliando pubblico e appassionati, vince la Formula 1 TT sul mitico Mountain. La moto è una Super Sport portata a 900 cc. di cilindrata. In ricordo dell'eccezionale impresa la Ducati realizza, a tiratura limitata, la splendida 900 SS Mike Hailwood Replica.
Paul Smart vince la 200 Miglia di
Imola
1971 - 750 GT (Il Primo Pompone)
Le origini
di molte moto sono spesso avvolte nel mistero, ma l’esatta evoluzione della
Ducati 750 GT puo essere ancora definita. I bicilindrici a coppie coniche a V
di 90°, definiti “a elle”, hanno una precisa data di nascita: il 20 marzo del
1970. Lo storico britannico Ian Faloon riferisce che Fabio Taglioni realizzo il
primo schizzo di quello che sarebbe diventato il suo motore più famoso e
più amato, e che negli anni avrebbe ottenuto l’affettuoso soprannome di
“pompone”, l’ultimo giorno d’inverno del 1970.
Non passo molto tempo prima che il
prototipo arrivasse sul banco. Era un bicilindrico disposto longitudinalmente e
in una configurazione a V di 90°. Dal punto di vista dell’equilibratura, questa
era la scelta migliore.
Il metodo di Taglioni era diretto,
logico e pratico: visualizzò la moto come un veicolo sportivo
essenziale. La distribuzione era lo stesso monoalbero a coppie coniche dei
monocilindrici, mentre la cilindrata di 750 cc venne ottenuta con alesaggio e
corsa di 76 x 75 mm. Il prototipo venne costruito in fretta. Ne risultò
una moto molto personale, in cui il motore giocava un ruolo centrale anche dal
punto di vista estetico.
La moto finale era molto simile al
prototipo. La GT 750 vide la luce nel giugno del 1971. Aveva il telaio
più dimensionato rispetto al prototipo, mentre i carburatori erano Amal
Concentric da 30 mm. L’avantreno montava un freno a disco Lockheed. Il nome
stesso, Gran Turismo, rivelava subito che non si trattava di una moto sportiva,
ma il potenziale del bicilindrico fu subito chiaro agli estimatori.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
60 CV a 8000 giri |
Velocità massima |
200 km/h |
1971 – 500 GP
Dopo il 1958 la Ducati aveva smesso di partecipare alle competizioni mondiali. Per questo motivo l’apparizione della 500 GP nel 1971 riempì i fan di entusiasmo: finalmente la loro marca preferita ritornava nel suo ambiente più naturale.
Taglioni usò il carter “prototipo”
fuso in terra che aveva creato per i primi esperimenti sulla 750. Su questo
applicò due parti termiche della monocilindrica 250 (con testata a
molle, non desmo). Per ottimizzare l’efficienza del propulsore fu aggiunta la
sesta marcia nel cambio. I problemi con il cambio e l’impianto elettrico erano
i problemi principali di questa moto che, con una potenza di 72 CV a 12.000
giri, era competitiva rispetto alle altre 500 del Mondiale. La caratteristica
forse più notevole della moto è che venne sviluppata in appena
sei mesi.
Il debutto della moto avvenne nella
gara di Modena. I due piloti (Spaggiari e Giuliano) e le loro Ducati mostrarono
subito il proprio valore; sfortunatamente, piccoli problemi li costrinsero al
ritiro prima della fine della corsa. Nella gara successiva, a Imola, Spaggiari
dovette ritirarsi ancora, mentre Giuliano arrivò alle spalle di Agostini
e della sua impareggiabile MV tre cilindri. Pur non avendo ancora dimostrato le
sue piene potenzialità, la moto si era dimostrata competitiva fin
dall’inizio e la Ducati prese a cercare un pilota capace di sfruttarla al
meglio. La prima scelta della Casa fu Hailwood, ma l’inglese non era
disponibile. Alla fine trovarono Phil Read, che riuscì a piazzarsi
secondo dietro Ospitaletti. Read partecipò anche al campionato mondiale
a Imola dove, tormentato da problemi al cambio, rimase a lungo in seconda
posizione prima di finire quarto.
1972 – 750 Imola
La 750
Imola Desmo è una delle moto più famose del mondo. E’ conosciuta
soprattutto per la vittoria che le ha dato il nome, con Paul Smart e Bruno
Spaggiari nella 200 miglia di Imola nel 1972: una delle più spettacolari
nella storia delle corse. Sono stati versati fiumi di inchiostro sul fantastico
giro finale, che ha visto Smart e Spaggiari fianco a fianco quasi fino al
traguardo; ma si è parlato poco di come questa corsa abbia cambiato il
destino della Casa produttrice.
La vittoria a Imola ha determinato quello
che sarebbe stato l’approccio futuro della Ducati alle corse, con una
focalizzazione quasi esclusiva su macchine derivate dalla produzione. Comunque,
prima di discutere Smart, Imola e la leggendaria “numero 16”, dobbiamo fare un
passo indietro.
Nel 1972 Checco Costa aveva portato in
Italia la formula delle 200 Miglia e la Ducati aveva preparato otto moto per
Paul Smart, Bruno Spaggiari, Ermanno Giuliano e Alan Duscombe. Le moto avevano
motori e telai di produzione, ma vennero preparate, al solito, in brevissimo
tempo. La maggior parte del lavoro, comunque, sarebbe tuttora quasi invisibile,
dato che riguardava i più piccoli dettagli: dovunque fosse possibile,
ogni pezzo della moto venne accuratamente limato e alleggerito. In aggiunta,
nuovi carburatori Dell’Orto da 40 mm con pompa di ripresa arrivarono appena in
tempo, fornendo una perfetta alimentazione ai grossi bicilindrici che
sviluppavano 80 CV a 8.500 giri. A Imola, Spaggiari arrivò alla fine con
il serbatoio quasi vuoto e così non riusce a strappare la vittoria a
Smart
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
82 CV a 9.000 giri |
Velocità massima |
Circa 250 km/h |
1974 – 750 SS
Questa moto, al di là delle sue prestazioni spettacolari, offriva anche una serie di caratteristiche viste di rado in una moto sportiva. Il motore quattro tempi era in grado di soddisfare le esigenze di qualunque centauro, compresi quelli interessati alle corse, senza alcuna speciale modifica. Questo era il risultato di un design senza compromessi e di una cura certosina nella costruzione, che combinava il potenziale del motore bicilindrico con le impareggiabili meccaniche della leggendaria 750 Imola.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
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Potenza massima |
72 CV a 9500 giri/min |
Velocità massima |
220 km/h |
1978 – 900 Supersport
La storia del titolo mondiale conquistato da
Mike Hailwood sull'Isola di Man nel 1978 con la Ducati 900 SS è entrata
a far parte delle leggende della storia del motociclismo sportivo. Nel
1977, a seguito di un terribile incidente in Germania, il pilota britannico
aveva praticamente chiuso il sipario sulla sua carriera.
Invece nel
1977, a Silverstone, Hailwood incontrò Steve Wynne della Sport Motor
Cycles Ltd. di Manchester. Wynne fece
provare a Hailwood una Ducati preparata da lui. Il campione inglese
apprezzò l'assetto classico della posizione di guida e, per scherzo, si
offre di portare la moto in gara al Tourist Trophy dell'Isola di Man l'anno
successivo. Hailwood e Wynne giunsero a un accordo, ma Mike era talmente
incerto sulle sue chance in gara che voleva addirittura gareggiare con uno
pseudonimo. Ciò nonostante, in breve stipularono un contratto: 1.000
sterline per la partecipazione alla gara e una Ducati nuova da parcheggiare in
garage.
Wynne acquistò dalla Ducati tre
moto che facevano parte di un piccolo lotto di venti 900 preparate per le gare
di durata. Fabbricate alla Ducati e, come sempre, messe a punto dai suoi
migliori meccanici, le moto furono poi montate dalla NCR.
La moto erogava 87 CV di potenza,
qualcosa in meno della quattro cilindri Honda ufficiale di Read, costruita
appositamente per vincere il primo campionato mondiale di Tourist Trophy.
D'altra parte, in sella alla moto c'era Mike Hailwood. Dopo una gara
veramente sensazionale, Hailwood vinse sia la gara sia il titolo, ripetendosi
una settimana dopo a Mallory Park, dove batté di nuovo la concorrenza
giapponese.
1979 – 900 MHR
La Mike Hailwood™ Replica, la più recente evoluzione della famosa 900 Super Sport, fu prodotta da Ducati per celebrare il suo primo titolo mondiale. Su questa moto, creata per lo zoccolo duro dei Ducatisti, non era nemmeno previsto l'avviamento elettrico. Imponente e maestosa, era la vera moto per veri biker.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
72 CV a 7000 giri/min |
Coppia massima |
8,5 kgm a 5800 giri/min |
Velocità massima |
220 km/h |
GLI ANNI OTTANTA
CAMBIAMENTI E SVILUPPI
Nel 1983 la Ducati è acquistata da Claudio e Gianfranco Castiglioni ed entra a far parte del Gruppo Cagiva. L'azienda passa, quindi, nelle mani di due grandi appassionati di moto e di corse che porteranno la marca ai fasti dell'era Superbike.
L'avventura inizia nel 1988 con Marco Lucchinelli che porta al debutto la 851, realizzata dall'Ing. Massimo Bordi. Con la gestione Castiglioni, la Ducati amplia i propri segmenti nel mercato motociclistico, introducendo nuovi modelli, allargando l'offerta nelle cilindrate più grandi e naturalmente riconfermando il suo impegno nel settore delle moto sportive.
La TT2, una moto da corsa con L’esordio della 851 a Daytona con
soli 7 chilogrammi di telaio Marco Lucchineli
1980 - TT2
Nel 1981 la
Ducati preparò uno stupefacente bicilindrico da competizione, basato
sulla Pantah di serie, conosciuto semplicemente come TT2. Il telaio era
leggerissimo: appena 7 chili. La forcella era una Marzocchi con foderi di
magnesio, mentre la sospensione posteriore monoammortizzatore in cantilever
utilizzava una singola unità Paioli. Degne di nota erano anche le ruote
in lega ultraleggera Campagnolo da 18 pollici; in seguito la moto venne
equipaggiata con una ruota anteriore da 16 pollici. La moto utilizzava un
impianto frenante Brembo con un doppio disco da 280 mm sull’anteriore. Il
motore sfiorava i limiti consentiti dai regolamenti: 597 cc. La moto, molto
leggera e così compatta da essere poco adatta a piloti di alta statura,
aveva una carenatura profilata e un serbatoio incastrato tra i tubi del telaio.
Nel frattempo un pilota britannico,
Tony Rutter, vinceva il Tourist Trophy con una Pantah 500 SL. Ritenendo che
avesse la possibilità di vincere il titolo, la Ducati gli affidò
una TT2 su cui correre all’Ulster. Tony arrivò secondo, aggiudicandosi
il titolo mondiale per la categoria. Alla fine della stagione Massimo Broccoli
vinse il titolo italiano su una TT2. Nel 1982 la TT2 si aggiudicò il
titolo italiano con Walter Cussigh, mentre Rutter conquistava ancora il
campionato mondiale. Tra gli altri trionfi, la TT2 si aggiudicò una doppietta
con il primo e il secondo posto all’Isola di Man. Cussigh ottenne nuovamente il
titolo italiano, e nel 1984 Rutter vinse per l’ennesima volta il campionato.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
78 CV a 10.500 giri/min |
Velocità massima |
Oltre 220 km/h |
1980 – PANTAH
Una delle maggiori riviste di motociclismo ha descritto la Pantah 500 con queste parole: "Non esiste niente al mondo di più potente o più veloce della Pantah." Progettata da un'équipe incomparabile di mostri sacri composta da Taglioni, Mengoli, Bocchi e Martini, è stata, sotto tutti i punti di vista, una delle moto di maggior successo e più vicina alla perfezione in tutta la storia della produzione Ducati.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
50 CV a 8500 giri/min |
Velocità massima |
200 km/h |
1984 – 750 F1
Una delle creazioni più spettacolari del suo tempo, la 750 F1 resta tuttora una delle moto più ricercate nella storia della Ducati. Si tratta di una moto davvero minimalista: in essa non vi è nulla di ornamentale o superfluo, e ogni dettaglio, ogni componente trasmette una sensazione di essenzialità.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
80 CV a 10.000 giri/min |
Velocità massima |
Oltre 260 Km/h |
COMPETIZIONI |
|
1986 |
200 Miglia di Daytona (Battle of the Twins) |
1987 – 851
La presentazione della 851, nel 1987, ha rinnovato istantaneamente l'immagine della Ducati e ha stupito i collaudatori con la potenza del suo motore. Miglioramenti continui l'hanno resa la più importante moto quattro tempi dei suoi anni, dimostrando non soltanto lo stile del marchio Ducati ma anche la sua spettacolare perizia tecnica. La 851 S, un miglioramento rispetto all'originale, è diventata una delle moto da strada più desiderate.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
128 CV a 11.500 giri/min |
Velocità massima |
Oltre 280 Km/h |
COMPETIZIONI |
6/4/86 |
1a Classificata al Gran Premio di Misano, Mondiale T.T., con M. Lucchinelli |
21/6/87 |
1a Classificata alla prima prova del SuperBike Trophy con M. Lucchinelli |
1989 – 851 SBK
L'851 del 1989 era molto simile alla moto con cui un anno prima Marco Lucchinelli aveva vinto la prima gara di Superbike a Donington.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
132 CV a 11.500 giri/min |
Velocità massima |
Oltre 280 Km/h |
VITTORIE |
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11/06/89 |
IV prova (Brainerd, USA) 1 Roche |
|
IV prova (Brainerd, USA) 2 Roche |
17/09/89 |
VIII prova (Hockenheimring, D) 1 Roche |
|
VIII prova (Hockenheimring, D) 2 Roche |
24/09/89 |
IX prova (Pergusa, I) 2 Roche |
1989 |
La 851 SBK arriva seconda al Mondiale SuperBike con R. Roche |
GLI ANNI NOVANTA
GLI ANNI DELLA RIVOLUZIONE
Nel 1993 nasce il Monster, ad opera dell'argentino Miguel Galluzzi. Davanti agli occhi degli appassionati compare una Ducati insolita. La moto è denudata e rivestita con il minimo necessario. Presto diventa un mito, interpretando in modo affascinante un nuovo concetto di motocicletta nel filone delle fun bike.
Il filone sportivo tradizionale della Supersport continua nel 1994 con la nascita della 916. E' ancora rivoluzione del mercato, questa volta nelle sportive ad alte prestazioni. Nella 916 tecnologia e stile, prestazioni e bellezza raggiungono i massimi livelli. Ducati, ancora una volta, centra l'obiettivo coniugando funzionalità ed armonia delle forme, logica ed emozione. La 916 ottiene il titolo di "Moto dell'anno" dalle più prestigiose riviste di tutto il mondo. In questo periodo viene realizzato anche il Supermono, uno dei più elevati esempi di design motociclistico mai concepito.
Nonostante le innovazioni nei prodotti e i successi nelle corse, nel 1995 la Ducati entra in una profonda crisi finanziaria. I suoi fondi vengono prosciugati da iniziative sfortunate di altre compagnie facenti parte del Gruppo Castiglioni.
Il controllo della Ducati passa, nel 1996, al Texas Pacific Group, un fondo d'investimento americano, che porta la liquidità necessaria e un nuovo gruppo di manager internazionali. Al tempo stesso, il lancio della famiglia ST permette alla Ducati di entrare nel segmento Sport Touring del mercato.
Il nuovo management, assieme al vecchio gruppo di ingegneri responsabili
per lo sviluppo dei prodotti, realizza il turn-around dell'azienda ottenendo
profitti e vendite record trimestre dopo trimestre.
Il grande successo di questi anni si
chiama Monster Dark, la moto in assoluto più venduta in Italia tra il
1998 e il 1999.
La Ducati inizia a trasformarsi da
un'azienda puramente metalmeccanica in un'azienda di intrattenimento. Ora offre
un'esperienza motociclistica completa, incentrata sull'eccellenza tecnologica
delle sue moto, ma che si estende anche alle corse, alla tradizione, agli
accessori e all'abbigliamento.
Il primo World Ducati Weekend sottolinea la rinnovata consapevolezza della Comunità Ducati, riunendo a Misano 10.000 Ducatisti provenienti da tutto il mondo.
L'era del turn-around raggiunge il suo apice il 24 marzo del 1999 con l'entrata del titolo Ducati Motor Holding nelle Borse di New York e di Milano.
Il successo del Monster non ha Ducati entra nel segmento delle
conosciuto rivali nella cattegoria Sport Touring nel 1996
delle moto “naked”
1990 – 851 SBK
In sella alla Ducati 851 del 1990 Raymond Roche conquistò il primo titolo per la Ducati nel Campionato Mondiale del 1990.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
136 CV a 10.500 giri/min |
Velocità massima |
Oltre 275 Km/h |
VITTORIE |
|
18/03/90 |
I prova (Jerez, E) 1 Roche |
|
I prova (Jerez, E) 2 Roche |
16/04/90 |
II prova (Donington, GB) 2 Falappa |
30/04/90 |
III prova (Hungaroring, H) 2 Roche |
03/06/90 |
V prova (Mosport, CDN) 1 Roche |
|
V prova (Mosport, CDN) 2 Roche |
26/08/90 |
VIII prova (Sugo, J) 1 Roche |
09/09/90 |
IX prova (Le Mans, F) 1 Roche |
|
IX prova (Le Mans, F) 2 Roche |
1990 |
Mondiale SuperBike (Piloti) con R. Roche |
1991-‘92 – 888 SBK
L'888 del 1991 sbaragliò le concorrenti a quattro cilindri nel Mondiale Superbike su uno dei circuiti più impegnativi d'Europa. Motociclismo, una delle più importanti riviste di motociclismo a livello mondiale, commentò così: "... la Ducati è più facile da guidare della migliore 600 da strada ... la frenata è incredibile ... [e ha] il motore più potente visto in campionato".
La Ducati 888 del 1992 era la versione su cui Doug Polen bissò il successo dell'anno precedente con una moto speciale equipaggiata con dischi freno in carbonio e silenziatori in fibra di carbonio.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
134 CV a 12.000 giri/min |
Velocità massima |
Oltre 290 Km/h |
VITTORIE
1991 |
Mondiale SuperBike (Marche e Piloti) con D. Polen |
1992 |
Mondiale SuperBike (Marche e Piloti) con D. Polen |
1993 – Supermono
Questa monocilindrica a quattro tempi straordinariamente raffinata ed elegante è il frutto del genio del progettista Pierre Terblanche unito alla visione di Massimo Bordi, tradotti in tecnica allo stato puro da Claudio Domenicali. Una vasta gamma di componenti e caratteristiche high-tech (raffreddamento ad acqua, iniezione elettronica, doppie bielle) hanno contribuito alla creazione di questa moto, la più competitiva della sua categoria.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
75 CV a 10.000 giri/min. |
Velocità massima |
Oltre 220 Km/h |
VITTORIE |
|
1993 |
1° nella Classifica Marche e Piloti nel Campionato Europeo Supermono con Lucchiari |
1993 – Monster
Nel 1992 la Ducati ha presentato una moto il
cui impatto sul design motociclistico mondiale nell'ultimo decennio può
essere comparato solo a quello della Ducati 916.
Per diventare un capolavoro di minimalismo visivo, è stato
abbandonato tutto il superfluo: "Tutto quello di cui si ha bisogno sono
sella, serbatoio, motore, due ruote e manubrio" ci spiega Miguel Galluzzi,
il designer del Monster. Elementi considerati in precedenza puramente
funzionali (basamento motore, telaio, ecc.) sono stati elevati allo stato di
"forma funzionale" semplicemente per il fatto di essere messi in
mostra.
Una delle moto più imitate di
tutti i tempi, il Monster ha generato intere legioni di imitatori... anche se,
dopo tutto, l'imitazione rimane sempre la forma più elevata di
ammirazione. Il Monster è nudo per scelta e non per una
questione di costume; anche se le moto sono state nude per decenni, c'è voluta
l'intenzionalità della "scoperta" di Galluzzi per rendere la
moto veramente nuda.
Salone di Colonia, autunno 1992. In
mezzo alle tante novità che popolano gli stand compare un misterioso
prototipo Ducati: è il Monster 900. Un prototipo destinato a entrare di
diritto nella storia del motociclismo mondiale. Mostruosamente bello,
è un cocktail di componenti squisitamente Ducati: su un telaio a
traliccio di tubi della serie 851/888 monta il Pompone da 904cc di provenienza
Supersport raffreddato ad aria/olio.
Con la sua decisa personalità,
sfacciatamente nuda, questa moto ha rivoluzionato, conferendole fama e
prestigio, la categoria "naked", fino ad allora sconosciuta in
Occidente. E' nata così la scuola del Monster, seguita da tanti
cloni senza personalità. Da quel giorno il Monster ha conosciuto una
storia di grande successo, è diventato una famiglia, ha visto
innumerevoli versioni speciali e si è evoluto ogni anno senza perdere un
briciolo della sua mostruosa identità.
E soprattutto ha contagiato migliaia di
motociclisti in tutto il mondo, trasformandoli in "monsteristi": ad
oggi ne sono usciti dalle linee di Borgo Panigale più di 130 mila
esemplari! Monster è pura emozione motociclistica, l'essenza dello
spirito delle due ruote; Monster è uno stile di vita.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
56,3 kw at 7,000 rpm |
1995-’96 - 916 SBK
Solo una moto straordinaria come la 916 poteva riuscire a offuscare la popolarità dell'888. Non solo era più potente, ma anche più leggera. Dotata di un'estetica accattivante e di una grazia senza tempo, la 916 raggiungeva una velocità eguagliata solo da una pari maneggevolezza e montava un motore di cui si è parlato in termini solitamente riservati ai vini di grande annata.
CARATTERISTICHE TECNICHE
PRESTAZIONI |
|
Potenza massima |
144 HP at 12,000 rpm |
Velocità massima |
Oltre 300 Km/h |
VITTORIE
1995 |
Mondiale Superbike (Marche e Piloti) con C. Fogarty |
1996 |
La 916 Factory vince il Mondiale Superbike (Marche e Piloti) con T. Corser |
IL PRESENTE (2000+)
IL SOGNO CONTINUA
La MH900e
diventa la prima motocicletta a essere venduta esclusivamente su Internet. A
poche settimane dall’alba del nuovo millennio, 2000 appassionati avevano
già prenotato la nuova moto progettata da Pierre Terblanche.
Basandosi sul successo della MH900e,
la Ducati rafforza il suo impegno strategico su Internet fondando Ducati.com,
una consociata indipendente, che porterà i successi della Ducati nel
cyberspazio.
La stagione di Ducati Corse si chiude
con la vittoria per la nona volta del titolo mondiale Costruttori, nonostante
il ritiro forzato del grande “King Carl Fogarty”, avvenuto in seguito ad una
brutta caduta durante le prove del mondiale SBK, a Phillip Island, a fine marzo
2000.
Nel 2001 Ducati organizza il primo
corso di scuola guida su due ruote dedicato alle donne. Questo è il
primo passo che porterà la Casa di Borgo Panigale ad aprirsi sempre di
più al mondo femminile, a capire le loro esigenze e a soddisfare i loro
bisogni.
E’ anche l’anno della rievocazione
storica del Motogiro d’Italia e dell’ennesimo successo nella vendita di un
prodotto on-line.
Infatti, dopo l’MH900e e la 996R, anche
il Monstert S4 Fogarty raccoglie un grande successo di prenotazioni, a conferma
della solidità della strategia internet di Ducati.
A metà luglio l’azienda celebra i
100.000 Monster prodotti dal 1993, anno della nascita di questo modello,
diventando nel tempo oggetto di culto, simbolo e punto di riferimento per tutti
i suoi estimatori.
Sempre per quanto riguarda il prodotto,
al Salone di Milano, viene presentato un nuovo progetto: la Multistrada ...
Ducati ascolterà il parere dei propri appassionati, prima di decidere lo
sviluppo o meno del progetto stesso!
Nel frattempo, con una fantastica doppia
vittoria ad Assen, Troy Bayliss vince il Campionato Mondiale Superbike 2001 per
la Ducati, proprio nel 75° anniversario della sua fondazione. Troy Bayliss
diventa il quinto pilota in sella ad una Ducati ad aggiudicarsi il campionato
più prestigioso e competitivo del mondo per le derivate di serie.
Ducati Corse inoltre annuncia
l’intenzione di partecipare al Campionato Mondiale GP dal 2003, con il nuovo
motore Desmosedici.
Il 2001 verrà ricordato in
azienda anche come l’anno della morte di Bruno Cavalieri Ducati, ultimo dei tre
fratelli fondatori dell’azienda di Borgo Panigale, e Fabio Taglioni, conosciuto
da tutti come il Dottor T, padre del motore bicilindrico a “L” di 90°, elemento
costitutivo e tuttora caratterizzante delle moto Ducati.
L’evento principale dell’anno è la terza edizione del WDW, il
raduno Ducati giunto ormai alla sua terza edizione, che per la prima volta
durerà una settimana.
Quest’anno, inoltre, sarà
ricordato per la presentazione al mondo motociclistico della 999, erede
dell’intramontabile 996, che diventa il nuovo riferimento per le iper sportive
del prossimo decennio.
A conferma di ciò, a pochi mesi dalla sua uscita sul mercato, riceve uno
dei più prestigiosi riconoscimenti in ambito motociclistico: viene
nominata “Moto dell’Anno” dalla rivista inglese Motorcycle News.
Sul fronte delle corse, continua lo
sviluppo della Desmosedici, l’arma Ducati per il prossimo Campionato GP1, che
viene presentata per la prima volta alla stampa internazionale in occasione del
Gran Premio d’Italia al Mugello.
Nel Campionato Mondiale Superbike Ducati ottiene l’undicesimo titolo
Costruttori, grazie alle incredibili gesta dei suoi piloti.
Continuando nello spirito di Ducati
People, la prima campagna pubblicitaria mondiale lanciata nel 1998 che ha visto
come modelli i propri piloti e dipendenti, Ducati celebra gli appassionati di
tutto il mondo rendendoli appunto protagonisti della propria campagna
pubblicitaria.
Finalmente, dopo tre anni di intenso sviluppo
e attesa da parte dei motociclisti di tutto il mondo, la Ducati Multistrada
scende in strada.
Nasce così una nuova
generazione di moto sportive!
Questo, però, è anche
l’anno di Ducati Corse!
Da un lato il 2003 vede il ritorno
della Casa italiana al via dei Gran Prix con i piloti Troy Bayliss e Loris
Capirossi e il frutto di un progetto estremamente affascinante e promettente:
la Desmosedici V4.
I risultati, nell’anno del debutto, sono al di sopra di ogni più rosea
aspettativa: una vittoria, due secondi posti, sei terzi posti, tre pole
positions e il secondo posto assoluto nella classifica Costruttori.
Dall’altro lato, nel Mondiale Superbike, Ducati conquista ancora il titolo
Piloti con Neil Hodgson e quello Costruttori.
A ottobre, al Salone di Tokyo, vengono
presentate tre nuove “concept bike”: le Sportclassic, che riscuotono da subito
innumerevoli consensi.
Infine, anche nel 2003 non mancano
iniziative volte a coinvolgere gli appassionati del marchio bolognese, quali
Centopassi, il Motogiro e la Ducati Riding Experience.
Dopo l’incredibile successo di pubblico e
media, che ha fatto seguito alla presentazione della nuova famiglia di moto
SportClassic al Motorshow di Tokyo, altri importanti e significativi consensi
al progetto sono arrivati da tutto il mondo.
A questo bisogna aggiungere il ritorno
ricevuto via Internet su questo sito, dove oltre 310.000 visite hanno
quantificato il grande interesse della nuova proposta Ducati.
Ducati, quindi, da sempre attenta a
condividere con i propri “tifosi” e appassionati ogni singola scelta commerciale
o sportiva, non poteva certo restare insensibile di fronte a tanto entusiasmo,
e, a gennaio 2004, comunica la decisione di programmare la produzione di tutti
e tre i modelli SportClassic, trasformando, ancora una volta, un sogno in
realtà.
Il WDW giunge alla sua quarta edizione
e attira un numero di appassionati più vasto che mai. Sul palco della
manifestazione, Federico Minoli annuncia il progetto Desmosedici RR: lo
straordinario bolide che compete in MotoGP vedrà anche la creazione di
una replica stradale in edizione limitata.
Nello stabilimento di Borgo Panigale su un’area di 1000 mq, rivive la storia delle competizioni Ducati.
Presentato il 12 giugno 1998 in occasione della prima edizione del WDW ( World Ducati Week ), e ufficialmente inaugurato il 16 ottobre dello stesso anno, il Museo Ducati raccoglie le testimonianze di oltre mezzo secolo di competizioni dell’Azienda e una cospicua parte della storia dell’Azienda di Borgo Panigale, fondata dai fratelli Ducati nel lontano 1926.
Dal Cucciolo alla
più recente Desmosedici la storia è raccolta in un particolare e
alquanto originale ambiente caratterizzato da un grande casco rosso centrale a
cui fanno da corona 33 mitiche moto poste su una pista illuminata.
L’excursus storico è stato
organizzato in sette stanze tematiche multimediali da Livio Lodi, Curatore del
Museo, attraverso una suddivisione dove le moto e le emozioni da loro create
rivivranno grazie ai filmati d’epoca, accessori e cimeli, che ricostruiscono la
storia a 360 gradi della Ducati e delle sue moto.
“E’ una vera e propria macchina del tempo” dice Livio Lodi “attraverso la quale le vecchie generazioni di appassionati rivivono i fasti di un’epoca che sembrava scomparsa, mentre le nuove generazioni scoprono quanto vasta, ricca e importante sia la storia della Ducati. Finalmente, un grande sogno si avvera per tutti coloro che amano le “rosse” di Borgo Panigale”.
“Ho sempre sostenuto che il Museo fosse un
passo importante per comunicare la nostra storia e credo che l’obiettivo che ci
eravamo posti sia stato raggiunto esaudendo così anche il desiderio
dell’Ing. Taglioni, indiscusso genio della Ducati” conclude Federico
Minoli, Presidente e Amministratore Delegato di Ducati Motor Holding S.p.A..
La progettazione e la direzione lavori
del Museo è stata affidata agli architetti Pietrogrande e Martera con
Studio Associato, mentre la realizzazione è di ICET.
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