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Il termine RINASCITA

storia dell arte



Il termine RINASCITA è usato per indicare l'età che avrebbe fatto rinascere l'arte e la cultura classiche, che si ritenevano ormai morte da molto tempo. Il rinascimento giunge alla scoperta della prospettiva e dell'uomo. Quest'ultimo è considerato copula mundi, punto d'incontro, centro del mondo, perché non può conoscere ciò che lo circonda se non attraverso se stesso, attraverso la propria ragione. La visione prospettica è fondamentale nel rinascimento e la prospettiva è considerata in maniera nuova. Essa è lo strumento che ci permette di comprendere la realtà sottoponendola a una legge razionale e universale; prospettiva geometrica che incatena tutta la realtà a una serie infinita di linee convergenti in un unico punto (punto di fuga) posto davanti al nostro occhio, qualunque sia la nostra collocazione; prospettiva basata sul coordinamento delle linee e perciò detta lineare; prospettiva unitaria perché relaziona tutte le cose a un unico punto di vista. Ne segue anche la ricerca della proporzione. L'importanza data alla prospettiva e l'apparente coincidenza di questa con l'ottica naturale ha fatto credere che l'arte del rinascimento consista nella copia della realtà, senza considerare che la prospettiva, in natura, non esiste, né esiste in natura il disegno, ossia la linea che ne costituisce l'ossatura. Prospettiva e disegno sono un "codice" fatto di "segni" attraverso il quale trasmettiamo un concetto, o, un "simbolo" della realtà. Per questo l'arte è liberale.



L'uomo non bisogna crederlo isolato egocentricamente: la prospettiva crea rapporti tra noi e gli altri. Ogni uomo ha dignità pari a quella di ogni altro uomo. Questa conoscenza dell'uomo, questa sua "dignità" è il significato più profondo dell'umanesimo.

Lo studio dell'antichità classica ha uno scopo più alto. E' il nuovo concetto di storia: meditando sulle azioni di chi ci ha preceduto, noi possiamo capire l'uomo e perciò capire noi stessi. Di conseguenza la storia non è più la semplice elencazione di fatti avvenuti in altri tempi e luoghi, ma diventa ricerca delle cause che hanno provocato certi eventi e le relative conseguenze che da essi scaturiscono. L'inizio del rinascimento coinciderebbe con il 1492, ma le idee rinascimentali trovano già la loro realizzazione 353g67d nei primi decenni del '400 con BRUNELLESCHI, DONATELLO e MASACCIO, che sono gli autentici "padri" del rinascimento.

Per quanto riguarda i rapporti col medioevo, è errato credere che vi sia una frattura: il rinascimento è laico, ma non nega Dio; afferma la priorità del problema umano perché solo così può giungere, attraverso la ragione, a Dio. Neppure si può affermare che il rinascimento scelga forme classiche escludendo quelle medievali. Gli elementi classici che usa li eredita dalla tradizione medievale fiorentina, e medievale è anche l'uso della linea. Di questi elementi si serve per esprimere idee nuove. Il rinascimento è inizialmente fiorentino perché la misura, la definizione degli spazi e dei volumi, la chiarezza della ragione sono il patrimonio tradizionale della città che è classica. Dal punto di vista culturale uno degli avvenimenti più importanti è l'istituzione dello "Studio". Nel 1439, per partecipare al Concilio di Firenze, giunsero in città i massimi esponenti della cultura greca. Alcuni di essi restarono a Firenze dando un contributo non indifferente alla cultura locale. Né si deve dimenticare la politica mecenatistica dei Medici che, per interesse umanistico, diviene, insieme ad altre, una delle maggiori committenti di opere d'arte, circondandosi di artisti e uomini di cultura.

Accanto a quella della Chiesa, viene nascendo la committenza privata. Ciò determina non soltanto una diversa scelta dei temi trattati, ma anche un diverso modo di esprimersi, laico invece che religioso, da parte degli artisti.

Le idee rinascimentali da Firenze si propagheranno, poi, in buona parte dell'Italia e, più tardi, anche in Europa.

La durata globale del rinascimento è di quasi due secoli: il XV e il XVI.



FILIPPO BRUNELLESCHI (1377-1446)

Filippo Brunelleschi aveva appena 24 anni quando partecipò al concorso bandito nel 1401 per la seconda porta bronzea del Battistero di Firenze, ma già da un paio d'anni aveva iniziato a lavorare autonomamente. Seguono poi molti anni di silenzio che trascorse a Roma, insieme a Donatello, studiando le opere antiche, misurandole, analizzandole. Quando, nel 1418, partecipa al primo concorso per l'erezione della cupola del Duomo, ha ormai conquistato una sicura maturità artistica ed elaborato un chiaro sistema di rappresentazione prospettica.

La cupola ha forma gotica perché archiacuta. Ciò era necessario forse per ragioni tecniche, ma certo per un preciso rapporto con il resto del Duomo. E tuttavia essa è rinascimentale, perché è un volume definito nello spazio e quindi dominato razionalmente. La forma è perciò come disegnata, secondo il principio lineare brunelleschiano.

Nel 1436 la grande volta era chiusa, eppure l'opera non era completa. Già da qualche anno Brunelleschi attendeva alla costruzione delle tribune morte.

Il perimetro semicircolare delle tribune è scavato da nicchie intervallate da pilastri, ornati ciascuno da semicolonne corinzie binate. La nicchia imprime un movimento spaziale alle superfici, annullando la rettilineità dell'intelaiatura prospettica.

E' probabile che intorno al 1433 il Brunelleschi si sia recato ancora a Roma ricavandone una rinnovata idea del rapporto oggetto-spazio. E' la fase della maturità brunelleschiana, che non contraddice la sua prima impostazione del problema spaziale, ma la sviluppa coerentemente, indicando la strada che sarà seguita almeno per tutto il secolo e oltre.

E', questo, il carattere che troviamo nella Lanterna, l'ultimo elemento ancora mancante per il completamento del Duomo.

Il problema della cupola impegna Filippo Brunelleschi dal 1418 alla morte, ma contemporaneamente egli porta avanti la costruzione o il progetto delle altre sue opere.

Nel 1419 viene iniziato l'Ospedale degli innocenti in cui è espressa una concezione nuova, chiara e razionale, sia in superficie sia in profondità. La fronte è spartita orizzontalmente in due settori mediante le cornici ed è definita, in basso, dal basamento con 9 gradini, in alto dal tetto. Al vuoto ritmato dalle arcate della zona inferiore, corrisponde la superficie liscia del piano superiore, aperta da finestre, ciascuna in corrispondenza di un arco. L'intercolumnio di queste arcate è pari all'altezza delle colonne e alla profondità del portico, mentre l'arco sovrastante, a tutto sesto, è alto la metà di questa misura. C'è una partizione geometrica tridimensionale nella parte inferiore e bidimensionale in quella superiore. Brunelleschi scopre un modulo che dà unità e che è l'elemento al quale tutti gli altri si proporzionano. E' il senso della misura classica.

Frattanto il Brunelleschi progetta la Basilica di San Lorenzo e ne inizia la costruzione. Lo spazio interno è interamente percorso da linee parallele che conducono lo sguardo verso il punto di fuga. Le pareti fungono da piano sul quale, mediante linee, viene disegnata con sicurezza l'intelaiatura prospettica. Per questo sono rivestite da semplice intonaco chiaro. L'impianto prospettico sembra derivare dalla basilica paleocristiana, ma Brunelleschi misura lo spazio costantemente con le regolari linee trasversali del pavimento così da evitare ogni dispersione e taglia, con la parete di fondo della tribuna, la fuga prospettica, evitando che la prospettiva assuma, a causa del punto di fuga posto all'infinito, un senso fiabesco e quindi non razionale. Lo spazio risulta limitato, definito, a misura d'uomo.


Dove egli porta a totale realizzazione l'idea di uno spazio in funzione dell'uomo è soprattutto nella Sagrestia della stessa chiesa. Si tratta di un vano perfettamente cubico, sormontato da una cupoletta a base circolare. Lo spazio è definito mediante le linee verticali.

Verso il 1430 ha inizio la progettazione della Cappella Pazzi. Simile, all'interno, alla Sagrestia Vecchia per il rapporto fra l'intonaco chiaro e le membrature, se ne differenzia perché lo spazio subisce una dilatazione. All'esterno il portico assume un tono mosso e plastico. Anche le piccole paraste che dividono la fronte in quadrati sono doppie e quindi rinforzate.

La cappella è stata in parte costruita dopo la morte del maestro, come altre sue opere: Santo Spirito, Santa Maria degli Angeli, Palazzo Pitti.

Nell'interno di Santo Spirito le tre navate proseguono anche nel transetto e nella tribuna, creando una complessa trama prospettica. Inoltre le cappelle sono a forma di nicchia e fra l'una e l'altra sono poste semicolonne, con il predominio della linea curva. All'esterno poi si sarebbero dovute vedere le curve convesse delle cappelle. Ciò avrebbe generato un movimento continuo delle superfici: il luogo dell'uomo e il luogo naturale avrebbero costituito un'unità, rendendo ancora più evidente il significato umano della concezione brunelleschiana.



DONATELLO (1386-1466)

Donatello, amico del Brunelleschi, è tuttavia personalità ben diversa. Per Brunelleschi il rapporto uomo-mondo è rapporto sereno, equilibrato, reciproco, accordo naturale. Per Donatello il rapporto uomo-mondo è rapporto drammatico. Non esiste una verità certa e immutabile, frutto del calcolo matematico; la verità è ricerca, è conquista giornaliera. La vita è lotta: l'ambiente nel quale viviamo non è agevole, deve essere faticosamente, duramente dominato. Già fin dalle prime opere egli esprime, pur nei ricordi gotici, una notevole fierezza umana.

Decisamente nuovo è il San Giorgio.

Donatello imposta la figura di San Giorgio su una formula geometrica: il triangolo. La figura giovanile si appoggia solidamente ed egualitariamente sulle due gambe divaricate e formanti un triangolo. Anche lo scudo è formato da due triangoli e la sua totalità si scompone in altri triangoli. L'appoggio dei piedi, divergenti, e la punta inferiore dello scudo formano ancora un triangolo: è da questa base spaziale che può sorgere la parte superiore della statua. In alto la testa, ovoidale, è relativamente piccola per inserirsi nel collo, sottile ma colonnare e solidamente attaccato al busto. La testa esprime il pensiero e l'occhio si ferma su un oggetto. Il pensiero è la qualità che rende l'uomo simile a Dio. L'uomo donatelliano mette a fuoco l'altro-da-sé, la realtà che lo circonda, della quale è compartecipe e alla quale dà ordine razionale con la prospettiva. In San Giorgio la luce diventa protagonista; la corazza, seguendo le forme anatomiche del busto, crea una sottile vibrazione chiaroscurale.

Nel decennio successivo si precisa ancora meglio l'indirizzo rivoluzionario e popolare dell'umanesimo donatelliano, per esempio nelle statue del Campanile: il Profeta Geremia e il Profeta Abacuc. Il primo, con un mantello buttato sul corpo e la barba incolta, l'altro, alto, allampanato, con quella curiosa testa calva, sembrano gente comune del popolo contemporaneo.

La scelta donatelliana ha un significato preciso: se l'uomo ha ricevuto da Dio il dono della ragione, ciò significa che questa facoltà è in ciascun uomo, indipendentemente dal suo aspetto fisico; viene così a cadere la tradizionale equivalenza di bello e buono e la conseguente equivalenza di brutto e cattivo. Per Donatello anche nel povero, nel brutto, si può riconoscere la divinità dell'uomo. Ciò è espresso, quasi violentemente, mediante i contrasti tra le parti nude e la sovrabbondanza dei panneggi, mediante il movimento plastico dei visi e il drammatico scontrarsi delle luci e delle ombre: si osservi in particolare la ,forza espressiva del viso di Geremia.

Del 1427 è il rilievo con Il banchetto di Erode.

Donatello deve inserire nel breve spazio a disposizione una storia complessa e articolata in diversi momenti cronologici. Raggiunge lo scopo con la prospettiva. Il pavimento determina l'esatta posizione di ciascun personaggio in primo piano. Poi è la tavola che assume questa funzione. Al di là dei commensali, è una parete aperta da arcate. Queste indicano lo spessore della parete, mentre, nei pilastri che sostengono gli archi, sono infissi dei pali, la cui funzione spaziale è di grande importanza, perché la prospettiva lineare dà l'esatta distanza solo quando vi sono precise forme geometriche misurabili, oppure quando vi sono dei punti di riferimento. Ecco perché Donatello misura anche in alto lo spazio con quei pali posti lungo le grandi direttrici prospettiche. Al di là delle arcate è un altro ambiente, in cui un suonatore accompagna lo svolgersi del banchetto, e, più oltre, un terzo luogo, dove vediamo passare, portata su un vassoio, la testa del Battista. Donatello ottiene dunque una straordinaria profondità spaziale. Egli comprime le figure sul piano di fondo e via via che procede verso il primo piano proporziona ad esse le altre giungendo fino all'alto rilievo del gruppo di destra e al tutto tondo della testa di colui che reca il vassoio. Nasce così lo stiacciato: questo è un mezzo con il quale Donatello crea drammaticità: le figure "stiacciate", compresse, si deformano, acquistano in larghezza ciò che perdono in volume. E' una deformazione e, quindi, una sofferenza. Ogni figura, ogni particolare, è percorso da una molteplicità di linee che si urtano, mentre la luce, scorrendo sulle brevi superfici lisce, respinta dai risalti, guizza, sbalza, a contrasto con l'ombra che, con altrettanta mobilità, si addensa negli scavi.

Certo è di origine classica la scelta del nudo per il David, ma, con il '400, esso riacquista il suo significato di purezza ideale. L'eroe è nudo perché difeso soltanto dalla sua virtù morale. E sono classici anche il recupero della ponderazione policletèa e la delicata luminosità delle superfici. Lo stesso contrasto fra la levigatezza di alcune parti e l'insistenza particolaristica di altre sono elementi che denunciano l'innata inquietudine donatelliana.

Nel 1446 l'artista firma il contratto per l'Altare del Santo nella Basilica antoniana. Sulla mensa dell'altare stanno le figure di alcuni Santi intorno alla Madonna sovrastata dal crocifisso. La Madonna è rappresentata nell'atto di alzarsi  per mostrare il figlio ai fedeli. Nel Crocifisso la compostezza dell'intera figura esprime la forza morale dell'uomo.

In basso sono rappresentati, in rilievo, i Miracoli di Sant'Antonio. Oltre a questi, dove Donatello rende, con la massima evidenza, la sua concezione tragica della storia, è quello con la Deposizione. Qui la prospettiva è abolita. I piangenti, stiacciati, si comprimono fra la tomba e il piano di fondo, entro uno spazio limitato che essi stessi creano con i loro corpi in un drammatico contrasto di luci e ombre accentuato dal "sottosquadro".

Dal 1447 al 1453, Donatello erige il Monumento equestre al condottiero della repubblica veneta Erasmo da Narni, detto il "Gattamelata". Il guerriero si muove lentamente, ma con sicurezza.

Cavallo e cavaliere danno infatti un'impressione di fermezza. Ma proprio la lentezza della marcia, la calma del complesso statuario, ci fanno sentire che si tratta di una battaglia condotta dall'intelligenza dominatrice dell'uomo. Il viso è quello di un uomo non più giovane, è l'espressione della maturità conquistata durante il corso degli anni.

La Maddalena lignea riprende e sviluppa il nuovo concetto donatelliano dell'aspetto esteriore della santità. Maddalena, la peccatrice, torna dal deserto, dove, attraverso la distruzione della propria bellezza fisica, ha raggiunto la purificazione. La lotta per la bellezza interiore ha annullato la sua femminilità. La magrezza del corpo è espressa dalle molteplici linee verticali dei lunghi capelli che coprono la nudità. I piedi aderiscono al suolo, le mani si uniscono in preghiera ma non si toccano, si accostano appena, senza neppure sfiorarsi. C'è un'intensità di vita spirituale riconquistata, che culmina nel viso spettrale, ossuto, la cui magrezza è resa evidente dalla sporgenza del naso e del mento, accentuata dalle linee delle ciocche dei capelli incollati sul viso. La bocca, sdentata, si schiude, accennando a un lieve movimento, mentre gli occhi danno luce alla composizione.



MASACCIO (1401-1428)

Accanto al Brunelleschi e a Donatello egli fonda l'umanesimo in pittura. La tradizione lo vuole allievo del conterraneo Masolino da Panicale, ma le sue opere non ne mostrano alcun influsso. E' più probabile che i due pittori abbiano lavorato insieme per ragioni pratiche.

La tavola con la Madonna, il Bambino e Sant'Anna segna l'inizio della collaborazione fra Masolino e Masaccio. La Madonna forma, col figlio, una solida, granitica piramide. Le ginocchia, divergendo, costituiscono la base cubica su cui si eleva il busto culminante nel viso geometrizzato, severo. Le braccia si chiudono a cerchio per accogliere il figlio, ricordo dell'aspra umanità donatelliana. Anche Sant'Anna, che completa la piramide in un'unità simbolica, ha una serietà intensa nel viso segnato da rughe che indicano la maturità interiore, mentre la mano protesa in avanti crea spazio.

Nel 1425-'26 Masaccio dipinge per il Carmine di Pisa un polittico. La forma - il polittico- è ancora medievale, con la molteplicità di episodi rispetto all'unità rinascimentale. E medievale è anche il tradizionale fondo d'oro.

Ma Masaccio dà coerenza a tutto il complesso con la prospettiva e la luce. La prospettiva elimina la divisione: ogni figura vive in un'unica concezione, fa parte di un unico mondo umano. La luce colpisce tutte le immagini con lo stesso raggio d'incidenza, provocando una coerente ombra sul lato opposto. E' la prima volta che ciò accade nella pittura italiana. Luce e ombra hanno un significato altissimo. La prima invade lo spazio, lo chiarifica. L'ombra definisce i volumi misurandoli attentamente, collocandoli al loro posto.

Il pannello centrale riprende il tema della Madonna col Bambino, sviluppando e accentuando, anche attraverso il colore, le caratteristiche di umanità e di solidità delle figure.

Ancora meglio il significato del colore si può cogliere nella Crocifissione. I quattro corpi, quello di Cristo, quello della Madonna, quello di San Giovanni e quello della Maddalena, sono individuati formalmente e psicologicamente attraverso il colore che li stacca dal fondo dorato.

Ciascuno vive individualmente, ma tutti sono collegati tra loro: dalla sbarra orizzontale della croce scendono due linee ideali, entro le quali sono contenuti San Giovanni e la Madonna, mentre le braccia della Maddalena raccordano tra loro le varie figure.

Tra il 1423 e il 1428, Masaccio lavora al ciclo di affreschi della Cappella Brunacci nella Chiesa del Carmine di Firenze. Il ciclo narra Storie di San Pietro, precedute, negli stipiti d'ingresso, dal Peccato originale e dalla Cacciata dei progenitori.

La storia più nota dipinta da Masaccio è quella detta Il Tributo. Narra l'episodio evangelico di Gesù che, giunto a Cafàrnao con gli apostoli, viene fermato da un gabelliere che gli chiede il pagamento di un pedaggio. L scena si svolge in una vallata, ampia ma delimitata da alte montagne scabre ed essenziali. E' un ambiente realizzato prospetticamente il cui spazio è il "vuoto" necessario per accogliere gli uomini che partecipano all'evento miracoloso. E' una natura solenne, interpretata nella sua sostanza; una natura non piacevole, fresca, idilliaca, ma severa, con la forza plastica dei suoi monti in relazione con il vigore morale dei personaggi che la popolano. Gli apostoli, Cristo, l'esattore, sono individuati psicologicamente, perché ciascuno di essi è un uomo e, come tale, persona, essere vivente completo: maestosamente dolce, Gesù; coscienti della propria missione, gli apostoli; miserando, il gabelliere.

Sullo stipite d'ingresso stanno i Progenitori cacciati dal Paradiso Terrestre. Essi sono appena usciti dalla porta dell'Eden e camminano verso l'interno della cappella, verso il mondo, verso la luce della finestra. La luce gioca un ruolo determinante, investendo in pieno alcune zone delle figure, lasciandone altre in ombra. I due corpi, disposti su una linea obliqua e le cui forme sono parallele, mostrano l'unità dell'uomo nella diversità dei due sessi: Adamo si copre il volto con le mani, cosciente della colpa; Eva si copre non il volto ma gli attributi sessuali e grida il proprio dolore.

La luce, colpendo il suo viso, lo indaga, deformandolo espressionisticamente, mentre l'ombra contrasta con violenza aggrumandosi negli occhi contratti e nella bocca aperta. In alto, l'angelo esprime l'inesorabilità dell'ordine divino.

Agli ultimi anni della vita di Masaccio deve risalire anche l'affresco con la Trinità, ove  si accentua l'importanza della prospettiva come strumento umano di fermo dominio della realtà.



LEON BATTISTA ALBERTI (1404-1472)

Alberti, architetto e teorico, è figura complessa e importante nel panorama della cultura italiana del XV secolo. E' il codificatore delle teorie umanistiche, alle quali cerca di dare forza storica con l'autorevole sostegno degli antichi. Nel 1428 la Signoria fiorentina revoca il bando che aveva condannato gli Alberti all'esilio ed agli può vedere Firenze, dove trova realizzate concretamente le idee che era andato elaborando finora.

Nel 1436 pubblica il suo primo importante trattato concernente le arti visive, il De Pictura, nel quale affronta alcuni dei problemi fondamentali del '400: la prospettiva, il disegno, la composizione, la luce. Più tardi scriverà gli altri trattati sulle arti visive: De re aedificatoria, De statua. Particolarmente importante il primo, nel quale pone alcuni canoni fondamentali come la definizione delle tipologie costruttive relative alle varie funzioni dei singoli edifici. Affronta anche problemi di urbanistica, ma, ancora più importante, è la concezione sociale della città: "la città è come una grande casa e la casa a sua volta come una piccola città".

Solo fra il 1448 e il 1450 l'Alberti ha la possibilità di provare le sue teorie con le opere.

Attorno alla metà del secolo, infatti, viene incaricato da Sigismondo Pandolfo Malatesta di progettare il rifacimento esterno dell'antica chiesa gotica di San Francesco a Rimini che verrà denominata Tempio Malatestiano. E' facile riscontrare le derivazioni dell'architettura romana. L'arco centrale incassato tra pilastri ricorda l'Arco di Augusto. Anche la porta è di intonazione romana, come l'idea di dividere la fronte in due piani ponendo le paraste sopra le semicolonne inferiori, come "ordini" sovrapposti, mentre le fiancate, con le grandi arcate incassate, hanno fatto pensare alla serie curvilinea degli antichi acquedotti. La cupola, poi, emisferica, sarebbe derivata dal Pantheon. Tuttavia, è opportuno vedere le differenze. Il rapporto fra larghezza e altezza nell'arco centrale della facciata è diverso da quello dell'Arco di Augusto.

Inoltre l'alto basamento annulla sia il riferimento sia agli archi trionfali, sia agli acquedotti. La facciata, nel suo insieme, dà un certo senso di organicità e di freddezza, soprattutto a causa della troppo vasta superficie candida contenuta entro le arcate laterali che ne risultano appiattite. La serie delle arcate, intervallate da pilastri con àbaco fortemente sporgente, crea un ritmo solenne e pacato per l'equilibrato contrapporsi di zone sulle quali la luce scorre serena a zone nelle quali domina l'ombra. Ad evitare la monotonia, nei pennacchi si ripete il motivo della ghirlanda intorno a un disco di porfido rosso e, sui pilastri, vi sono targhe rettangolari leggermente incassate. Ne risulta un insieme grandioso, monumento alla perennità dell'uomo, pur nella morte.

Dell'Alberti è anche il Palazzo Rucellai di Firenze. La facciata si divide, tradizionalmente, in tre piani mediante cornici orizzontali, ma L'Alberti la spartisce verticalmente in settori mediante semipilastri che sono un ricordo dell'arte romana come la fascia a "reticolo" che orna la base del palazzo. Questi elementi, insieme alla stese bifore e al bugnato di ascendenza medievale, vengono però usate dall'Alberti con un nuovo significato. Tutto serve a meglio "misurare" proporzionalmente la facciata.

L'Alberti completa anche la facciata della chiesa di Santa Maria Novella. Egli divide nettamente le due parti, quella inferiore, gotica, da quella superiore, rinascimentale, con una doppia cornice contenente un motivo geometrico a quadrati ripetuto per tutta la larghezza.

Al di sopra ha indicato l'altezza della navata centrale con una zona saliente e coronata da un frontone disegnato con forza. Le tarsie dicrome chiarificano le superfici dividendole in zone geometriche regolari. Due grandi volute raccordano, nella facciata, l'altezza della navata centrale a quella delle navate laterali. La facciata si completa con l'arco d'ingresso sostenuto da pilastri classici e affiancato da due semicolonne.

Per Mantova l'Alberti progetta la chiesa di Sant'Andrea.

E' una basilica a croce latina e navata unica, opera fondamentale perché in essa si realizzano le idee principali dell'artista.

Le proporzioni, innanzi tutto: l'elemento modulare è il quadrato, moltiplicato o diviso, raggiungendo la perfetta correlazione di tutte le parti, l'equilibrato commisurarsi delle tre dimensioni, il dominio sicuro degli spazi da parte dell'uomo, mediante la matematica, che è la logica, che è la ragione. Sull'unica navata si affacciano cappelle maggiori e cappelle minori: la conseguenza è che queste appaiono come grossi pilastri che intervallano il movimento maestoso delle grandi arcate laterali. Tutti i bracci della chiesa sono voltati a botte: è la linea curva che domina lo spazio. 





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